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L’acciaieria ex Ilva al di là delle case del rione Tamburi di Taranto

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«I dati disponibili sugli indicatori di salute come la mortalità, la morbilità, gli effetti riproduttivi, hanno ripetutamente dimostrato che il profilo di salute delle persone che vivono a Taranto e dintorni non è buono come dovrebbe essere». C’è una relazione redatta da scienziati componenti dell’Organizzazione mondiale della sanità e coordinata da Francesca Racioppi, ricercatrice e direttrice del Centro Europeo per l’Ambiente e la Salute della stessa Oms, e da Marco Martuzzi, da settembre nuovo direttore del dipartimento Ambiente dell’Istituto superiore della sanità, dopo aver diretto il Centro regionale Oms per la Salute e l’Ambiente per l’Asia pacifica Occidentale a Seul, che mette a nudo tutte le criticità causate dall’inquinamento nella zona industriale di Taranto e, soprattutto, dall’acciaieria ex Ilva. Si intitola Healt impact – Assessment of the steel plant activities in Taranto (Impatto sulla salute – Incidenza delle attività di produzione dell’acciaio dello stabilimento di Taranto come commissionato dalla Regione Puglia). Le conclusioni risalgono allo scorso giugno.

In 80 pagine sono riuniti dati, forniti dagli studi precedenti di enti pubblici, analizzate singole situazioni riguardanti gli impianti e le zone abitate della città, l’inquinamento atmosferico e l’incidenza delle malattie sulla popolazione. E allo stesso tempo sono rilevati tutti i limiti delle analisi finora condotte sul Sito di interesse nazionale (Sin), quello dell’impatto sulla salute dei bambini, ad esempio, o la mancanza di studi su quanto incidano sulla salute dei tarantini la contaminazione di terreni e falde acquifere.

La relazione è stata commissionata nel 2019 dalla Regione Puglia, decisione non priva di polemiche, con il già allora ex direttore generale Arpa, Giorgio Assennato, che criticava la scelta di non basarsi sugli studi dell’agenzia e dell’Asl, in grado, secondo l’epidemiologo, di svolgere questo lavoro, costato all’incirca 150 mila euro. Lo studio dei componenti dell’Oms conferma comunque, nella sostanza, il valore quello della Valutazione di impatto sanitario (Vds), messo a punto dalla stessa Arpa, assieme a Aress e Asl, sullo scenario delle emissioni potenziali dell’acciaieria.

«L’impatto ambientale degli impianti ex Ilva – è riportato nella relazione – è stato notevole, ma non ancora completamente caratterizzato. Mentre le emissioni dirette nell’aria sono relativamente ben monitorate, altri percorsi, che coinvolgono altre matrici come il suolo o l’acqua, sono meno noti. Le emissioni in aria dell’impianto ex Ilva, se tradotte in concentrazioni di Pm, provocano ulteriori morti e altri impatti negativi sulla salute, con relativi costi economici.

Tali impatti sono proporzionali al livello delle emissioni nei diversi scenari considerati. Le stime di questo rapporto sono pienamente in linea con le valutazioni precedenti, effettuate da autorità regionali e altri ricercatori. Queste stime di impatto, tuttavia, rappresentano una parte dell’impatto sanitario totale delle attività dell’impianto nel corso degli anni, e si riferiscono a esiti gravi solo nelle persone di età superiore ai 30 anni».

Allo stesso tempo sottolinea come «nel complesso, l’importanza relativa dei fattori di rischio dovuti all’ex Ilva rispetto ad altre attività non può attualmente essere stabilita». Ma anche che «oltre alle emissioni di inquinanti più tradizionali, l’Ilva e altre attività industriali della zona erano e sono tuttora responsabili di altre sostanze molto tossiche come i metalli pesanti, gli idrocarburi policiclici aromatici (Ipa), solventi organici, bifenili policlorurati (Pcb), diossine, le cui concentrazioni nell’aria non sono misurate di routine, ma solo in specifiche campagne ad hoc».

Proprio sulla carenza di studi appropriati sull’impatto che hanno sulla salute della popolazione l’inquinamento dell’acqua e dei terreni, si concentrano le conclusioni della relazione. «Gli impatti stimati di mortalità e morbilità prevedibili, e i costi associati, sono una funzione dei cambiamenti previsti nelle concentrazioni di inquinanti in diversi scenari; per esempio, 26 morti all’anno sono stimati nel comune di Taranto nello scenario pre-Aia (Autorizzazione integrata ambientale) 2010 (il meno favorevole), per uomini e donne di età superiore ai 30 anni, combinati.

La cifra diminuisce a quattro morti nello scenario più favorevole. Queste cifre rappresentano una visione parziale dell’impatto complessivo sulla salute. Altri importanti percorsi, come la contaminazione del suolo, dell’acqua, dei rifiuti e del cibo, non sono non sono quantificabili in modo affidabile fino a oggi. Inoltre, l’importante dimensione della qualità della vita, l’ambiente urbano e gli spazi verdi spazi verdi sono influenzati dalle politiche industriali dell’impianto e dell’area estesa. Questi aspetti –conclude la relazione – richiedono un’approfondita valutazione d’impatto qualitativa che non è stata tentata finora, ma che sembra urgente alla luce degli imperativi dell’agenda dello sviluppo sostenibile».

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