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CATANZARO – Ventidue anni per il brutale omicidio di Fabiana Luzzi. Il tribunale dei minori di Catanzaro ha pronunciato la sentenza contro Davide Morrone, 18 anni, che il 26 maggio 2013 a Corigliano Calabro ha colpito con un coltello e poi bruciato viva la fidanzatina di 16 anni (IMMAGINI E ARTICOLO DELLA TRAGEDIA). 

Il pubblico ministero aveva chiesto una pena di 24 anni. La sentenza è arrivata dopo poche ore. Il processo con rito abbreviato, si è svolto a Catanzaro a porte chiuse perché Morrone all’epoca dei fatti era minorenne.

“Siamo rimasti senza voce perchè durante la nostra arringa difensiva abbiamo ribadito che il nostro assistito è totalmente incapace di intendere e di volere”. Lo ha detto l’avv. Giovanni Zagarese, difensore dell’omicida di Fabiana Luzzi, all’uscita del Tribunale dei minori al termine della sua requisitoria.
“Abbiamo chiesto – ha aggiunto – che vengano escluse tutte le aggravanti anche quella della crudeltà e della premeditazione. Come è noto poi c’è il fatto che la gelosia non è un futile motivo. Fermo restando che tutti i reati di sangue sono fatti gravi e devono essere sanzionati in modo adeguato”.

«Siamo rimasti senza voce perchè durante la nostra arringa difensiva abbiamo ribadito che il nostro assistito è totalmente incapace di intendere e di volere» aveva detto l’avvocato Giovanni Zagarese, difensore dell’omicida, all’uscita del Tribunale dei minori al termine della sua requisitoria. «Abbiamo chiesto – ha aggiunto – che vengano escluse tutte le aggravanti anche quella della crudeltà e della premeditazione. Come è noto poi c’è il fatto che la gelosia non è un futile motivo. Fermo restando che tutti i reati di sangue sono fatti gravi e devono essere sanzionati in modo adeguato».

Da parte della mamma di Davide, dopo la lettura della sentenza, è arrivato un solo commento: «Non lo lascio solo. Non lo lascio in carcere». Il padre di Fabiana, invece, afferma: «Avrei preferito una condanna all’ergastolo, ma la giustizia minorile non lo prevede. La Procura ha svolto un lavoro encomiabile che ha portato all’applicazione del massimo della pena. In questi casi, però, non si può parlare di giustizia perchè noi non abbiamo più nostra figlia».

Nei giorni scorsi, Mario Luzzi aveva denunciato l’atteggiamento troppo permissivo, a suo dire, dello Stato nei confronti del giovane omicida (LEGGI L’ARTICOLO) dal momento che il diciottenne era stato trasferito in una clinica dopo avere tentato per due volte il suicidio (LEGGI). Nelle precedenti udienze c’erano stati momenti di tensione tra i familiari della ragazza e lo stesso reo confesso (LEGGI).

 

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