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POTENZA – Quando si racconta una storia, di solito, si parte dal principio. Stavolta, invece, partiremo da una raccomandata arrivata lo scorso anno e che ha buttato ancora sale su una ferita aperta ormai 19 anni fa.
La raccomandata – un regalo per il diciottesimo compleanno – era indirizzata a Davide che, qualche giorno prima aveva festeggiato con una grande festa il suo ingresso nella maggiore età. Solo che Davide è affetto – dicono le cartelle cliniche – da «tetraparesi spastica dovuta ad anossia da parto».
Termini medici, così difficili anche da pronunciare, che si traducono in una realtà durissima: Davide non parla, non cammina, non mangia da solo. Non firma. Quindi quella raccomandata non può ritirarla lui di persona, lo fa la madre, Lucia Lauria. «Ormai il ragazzo ha 18 anni – le dicono alle Poste – potrebbe avere dei problemi senza la carta del giudice».
Così, quasi per caso, Lucia e suo marito Giovanni scoprono che quel figlio di cui per 18 anni lo Stato si è dimenticato, all’improvviso dovrebbe diventare un soggetto altro. A 18 anni, benchè Davide resti praticamente un neonato che dipende completamente dalle cure della sua famiglia, quel ragazzo è un adulto di cui deve occuparsi il tribunale. E’ un giudice che deve nominare un tutore, è un giudice che dovrà mandare a casa un Commissario tecnico d’ufficio (Ctu) che dovrà valutare – ha tempo 90 giorni – se la famiglia di Davide è idonea o no a gestire il ragazzo. E nel caso, per un motivo o per l’altro, dovesse valutare inidonea quella famiglia può anche decidere l’interdizione e nominare tutore un parente fino alla quarta generazione.
«Mi hanno detto – racconta Lucia – che è la prassi. Che è normale. Ma a me in Tribunale è venuto da piangere. E’ umiliante». Sì perchè ai 18 del figlio disabile una famiglia deve essere sottoposta a verifica, deve essere valutata, analizzata. «Ma che ne sanno di quello che in questi 18 anni è accaduto? Dei viaggi continui, delle notti insonni, delle umiliazioni che ogni giorno devi affrontare? Allora io dico: prendetelo Davide, guardatelo, provate a farlo mangiare. Quello no. Lì lo Stato non esiste».
Perchè la legge si basa su una contraddizione: il disabile resta comunque a carico della famiglia. Il tutore però decide del suo patrimonio. Perchè è tutto lì il problema: i soldi. Lo Stato torna a bussare solo quando ci sono i soldi di mezzo. Come se una famiglia che per diciotto anni ha dovuto affrontare le spese di omogeneizzati, pannolini, farmaci, interventi e viaggi, potesse disporre di un patrimonio tale da rendere necessario un controllo esterno.
«Finora – racconta Lucia in totale trasparenza – abbiamo avuto il riconoscimento dell’accompagnamento: circa 400 euro mensili. Io quella cifra la spendo in una settimana per Davide. Solo ieri, in farmacia, ho speso 50 euro». E quello a cui hai diritto nessuno te lo spiega. «Per i primi anni siamo stati noi a pagare tutto. Poi scopri di avere diritto ad alcune cose, ma nessuno viene a raccontartelo, sembra debbano tenerlo nascosto. E anche per le cose a cui hai diritto devi comunque lottare: io in questi 18 anni ho denunciato tutti, dall’ospedale all’Asp, all’Aias. Hai diritto ai pannolini? No, per loro solo gli anziani ne avevano diritto. Poi però vedevo che per qualcuno la regola non valeva. E quando ho denunciato il diritto è stato esteso a tutti. Questo solo per fare un esempio, ma per tutto è così. Noi avremmo diritto anche a una casa popolare: invece in 18 anni non l’abbiamo mai avuta. E con molti sacrifici l’abbiamo dovuta comprare. Avremmo diritto al rimborso dei lavori effettuati in casa per rendere a norma la casa per Davide: io la richiesta l’ho fatta, ma sono cinque anni che aspetto. Lì lo Stato dov’è? Lì non c’è. Te lo ritrovi davanti solo quando deve infliggerti un’ulteriore umiliazione. Che poi dico: è la regola, va bene. Ma i controlli fateli in tempi brevi. Davide non ha tutto il tempo che la loro burocrazia richiede. Pesa 17 chili, ha dolori tremendi. Sorrideva sempre, ora gli gli occhi stanchi e io so che è stato un miracolo riuscire a tenerlo con noi tutti questi anni».
Nei giorni scorsi il giudice ha nominato tutore il padre di Davide. Una tutela temporanea, per due anni. «Il prossimo 23 giugno riceveremo però la visita del Ctu, poi dovremo aspettare il 25 settembre per sapere cosa lui ha deciso. Siamo una pratica e su Davide si continua solo a lucrare. Perchè, ciliegina sulla torta, io dovrò anche pagare per tutti questi passaggi burocratici non certo richiesti da me. Io dovrò pagare perchè un medico venga a valutare la mia famiglia e decida magari per l’interdizione».
Le leggi non si cambiano così facilmente, Lucia lo sa. E non spera certo che una pubblica denuncia possa cambiare la sua situazione: «però almeno così potrò informare i tanti altri genitori che si trovano nella mia situazione. Io non sapevo che avremmo dovuto vivere anche questo e saperlo mi avrebbe aiutato».
“Dura lex sed lex”, la legge è dura ma è sempre la legge. E se finora Lucia e Giovanni avessero avuto un vero Stato alle spalle avrebbero accettato più facilmente. Così, invece, è stato solo aggiunto un ulteriore mattone tra l’umanità e la disumanità.
a.giacummo@luedi.it

 

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