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Anna Maria Scalise con Angelo Salinardi

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POTENZA – Per raggiungere l’obiettivo di costringere la sindaca di Ruoti a dimettersi non bastava costruire: «prove false, accuse pretestuose, e meschine diffamazioni». E poi pubblicizzarle tramite comunicati stampa e giornalisti amici.

Serviva portare scompiglio fin dentro il letto della prima cittadina, assicurandosi, tramite sms e lettere anonime, che il marito fosse informato del presunto adulterio della moglie. In realtà inesistente.

C’è anche questo tra i piani dell’ex sindaco Angelo Salinardi e dei suoi complici ricostruiti dagli investigatori della Squadra mobile di Potenza. Sempre nell’ambito dell’inchiesta per cui da martedì mattina sono agli arresti domiciliari lo stesso Salinardi e altre 15 persone.

A proporre l’invio di una «lettera anonima» al marito della prima cittadina, Anna Maria Scalise, sarebbe stata un tenente della polizia locale del Comune di Ruoti, Marianna Di Maio, finita a sua volta ai domiciliari. Una fedelissima di Salinardi, secondo gli inquirenti, che avrebbe avuto il compito di informarlo di quello che accadeva negli uffici comunali: monitorando «la presenza del sindaco e dei suoi più stretti collaboratori»; rivelandogli «pettegolezzi», come la presunta relazione tra l’assessore Franco Gentilesca e un altro funzionario comunale; «oppure la crisi matrimoniale tra quest’ultima e suo marito».

Di Maio è accusata anche di aver divulgato «notizie riservate» apprese in ragione del ruolo ricoperto, e di aver assicurato la propria disponibilità «a presentare esposti e denunce contro il sindaco Scalise». Ma soltanto a condizione che fosse Salinardi a pagare le spese legali e con «la promessa – scrive il gip – che quando questi diventerà nuovamente sindaco le garantirà il beneficio di una migliore posizione organizzativa».

Quanto alla lettera anonima di cui parlava, nell’ordinanza di misure cautelari non si chiarisce se sia stata effettivamente spedita o meno. Mentre è stato accertato l’invio di almeno un sms anonimo al marito della prima cittadina, da una scheda sim intestata a un extracomunitario residente a Roma, ma in uso a un altro fedelissimo di Salinardi, Gerardo Scavone. Invio preceduto da una serie di indicazioni dell’ex sindaco a Scavone, e seguito dall’approntamento di un piccolo dispositivo di sorveglianza per registrare l’auspicata «separazione» dei coniugi. Con tanto di servizi di osservazione sotto casa della sindaca, e nei paraggi dell’ufficio di lui.

«E’ arrivata la – omissis – ? (…) Sai se è in agitazione? (…) Penso che abbiamo fatto colpo!»

Queste le parole di Salinardi al factotum Scavone registrate all’indomani dell’invio dell’sms in cui Scalise veniva accusata di plurimi tradimenti con politici di vario livello.

Solo che a quel punto il marito della prima cittadina era già andato da un pezzo in questura, proprio per presentare una denuncia per il messaggio ricevuto.

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