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COSENZA – «Un crollo di quella natura è sicuramente imputabile alla vetustà del manufatto (realizzato alla fine degli anni ’60, in un’area soggetta ad attività sismica) e la mancanza di puntuali e periodiche verifiche da parte dell’Anas possono spiegare quanto è accaduto». Lo afferma Ermes Trovò, amministratore di Studio 3A, società specializzata nella responsabilità civile e risarcimento del danno a cui si è rivolta la famiglia del giovane operaio, morto lo scorso 2 marzo in seguito al parziale crollo di una campata del viadotto Italia.

«Non servono commissioni d’inchiesta interne ad Anas – prosegue – servono risposte. La morte di Adrian Miholca è una tragedia che grida allo scandalo e rivendica una presa di coscienza sul grado di sicurezza su tutte le strade del nostro Paese gestite da Anas». Studio 3A, tramite i proprio fiduciari legali, sta provvedendo ad ottenere le autorizzazioni dalla Procura di Castrovillari per poter effettuare i sopralluoghi necessari alle rilevazioni tecniche.

«Pietro Ciucci – ha aggiunto Trovò – ha già dimostrato di non essere in grado di rispondere a questioni di tanta gravità, come per il crollo del viadotto appena inaugurato in Sicilia. Mentre da Amministratore di Anas si autolicenzia senza preavviso dal ruolo di Direttore generale (attribuendosi anche una consistente buonuscita), si preoccupi della sicurezza delle strade su cui dovrebbe vigilare, senza fare tanta inutile retorica».

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