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106 jonica: troppe lapidi e bugie sulla statale senza dignità che dovrebbe essere la strada statale principale della Calabria

Le foto del luogo dove ieri hanno perso la vita quattro giovani di San Luca in un incidente stradale mostrano chiaramente un tratto della statale 106. E ti mettono addosso, oltre all’orrore per la tragedia, una forte inquietudine. Perché non puoi credere che si tratta della principale statale della regione, che corre lungo la costa ionica dal Pollino allo Stretto. Perché se pensi alla statale più importante della Calabria, ti immagineresti una sede stradale ben diversa. Più ampia? Con più corsie? Ma il problema vero non è questo.

In quel punto, probabilmente, sarà sistemata una piccola lapide stradale per ricordare che là hanno lasciato la loro vita quattro persone. Lapidi del genere ce ne sono a centinaia sulla statale 106, lapidi e mazzi di fiori. Nel 2023 sono morte su quella strada 22 persone e 228 sono le lapidi negli ultimi dieci anni, oltre 700 dall’inizio. Lo ricorda “Basta Vittime Sulla Strada Statale 106”. Una organizzazione di volontariato che nel nome ha la sua mission, che è quella di denunciare senza sosta la pericolosità della statale ionica. E di tenere il conto delle vittime. Il punto, però, per quanto sprezzante possa sembrare, non è nemmeno questo.

Non è semplice cercare di capire, sforzarsi di individuare il cuore del problema, perché ieri, là, sono morte quattro persone, giovani, e al di là della retorica la portata del dramma è tale da indurti a pensare solo al dolore di quelle famiglie, ai momenti tragici che hanno passato quando è stata data loro la notizia che per Antonella, Teresa, Elisa e Domenico non c’era più nulla da fare. Al vuoto dentro per familiari e amici.

Non è la prima volta che la statale 106 è teatro di incidenti dagli effetti devastanti, con più vittime nella stessa scena. Che, poi, è solo la somma dello strazio di più famiglie. “Statale della morte”, si sente dire da anni, e i numeri non fanno sembrare l’espressione esagerata, nonostante negli studi nazionali sulla pericolosità delle strade, fatti con indici terribili come “morti per km”, la 106 si fa fatica a trovarla. Perché è incontestabile che nel Paese ci sono tratti di strade che “fanno più morti”. Che tristezza, come se queste statistiche possono far sentire meglio o peggio.

E allora, se la 106 non è la strada più pericolosa d’Italia, se è “la statale della morte” almeno quanto molti altri tratti viari al di là del Pollino, qual è il problema? Forse è dover cercare un equilibrio, mentalmente, tra il sentire la necessità di avere una statale più moderna, più larga, più sicura, più illuminata in molti tratti, e constatare che le promesse sull’ammodernamento della statale ionica in decenni hanno acquisito le caratteristiche chiare della presa in giro. Forse si doveva essere politicamente più onesti, battere meno sul tasto della morte ma lavorare davvero per dare una strada statale dignitosa alla Calabria. Perché questa sarebbe la normalità. Nessuna polemica, ma la realtà è questa. Le responsabilità politiche affondano le radici nel passato.
Di recente è stata bandita la gara per un piccolo lotto, ci sono risorse per un tratto significativo… tutte notizie che appartengono alla cronaca degli ultimi mesi. Ma, almeno per la statale 106, prima di cantare vittoria e alzare i calici è obbligatorio aspettare il completamento delle opere, il collaudo e l’apertura al transito. Diversamente sarebbe come festeggiare una laurea senza aver sostenuto esame alcuno.

Ogni incidente stradale ha una storia a sé, cause che in alcuni casi possono anche essere estranee alle condizioni della strada. Eppure tutte quelle lapidi e mazzi di fiori che ti accompagnano, dal ciglio, in ogni viaggio su e giù per la 106, ti ricordano che, forse, i calabresi hanno il diritto di avere una strada più sicura e di non essere più presi per i fondelli. Perché, piaccia o non piaccia, fino ad oggi di questo si è trattato.

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