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La mattina dell’8 agosto 1956, nella miniera di carbone del Bois du Cazier situata a Marcinelle, nei pressi di Charleroi, Belgio, persero la vita 262 persone. 138 erano italiani, la maggior parte dei quali meridionali e calabresi. Rappresenta una delle più grandi tragedie dell’emigrazione italiana, certamente la più conosciuta. Occorre però citare anche Monongah (6 dicembre 1907), Dawson (ottobre 1913) e Mattmark (30 agosto 1965). A Marcinelle un errore umano determinò un incendio in uno dei pozzi. I minatori rimasero senza via di scampo, bloccati a centinaia di metri di profondità e soffocati dal fumo e dalle esalazioni di gas. Dopo settimane drammatiche nel tentativo di salvataggio, il 23 agosto uno dei soccorritori pronunciò in italiano la frase: “Tutti cadaveri”. 

In quegli anni l’emigrazione dall’Italia verso il Belgio era incoraggiata dal Governo, che aveva stipulato degli accordi bilaterali. Dalla stazione di Milano partivano i convogli delle maestranze, dal Belgio arrivava carbone a buon prezzo. In un decennio partirono 140mila lavoratori. La Calabria pagò un tributo altissimo: a decine di migliaia lasciarono i campi per scendere nelle miniere. Provenivano dai paesi della Sila, dal marchesato crotonese, dalla piana di Lamezia, dal reggino. 
E’ necessario, a mio avviso, preservare la memoria storica. Il fenomeno dell’emigrazione verso le miniere del Belgio rappresenta una pietra miliare nella storia dell’immediato dopoguerra in Calabria. Ricordare adeguatamente queste persone, soprattutto chi in miniera ci lasciò la vita, costituirebbe un buon esercizio di democrazia e di insegnamento per le nuove generazioni.
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