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La prendo da lontano, a rischio di apparire laggard, come direbbe un mio amico nerd. Solo un attimo, ma con convinzione. Nel lontanissimo 1930 Giustino Fortunato convocò nel suo studio napoletano un giovane giornalista di un quindicinale fiorentino e gli disse – mi piace immaginare – più o meno così: ragazzo, vieni qui che ti spiego un po’ cos’è la questione meridonale. E’ utile che lo sappia pure tu, che meridionale non sei”. Quel giovanotto era Indro Montanelli.

Portò i suoi occhi su un mondo che non conosceva. Paolo di Paolo, sul Foglio, scrive: Vorrei sbagliarmi, ma temo che l’Italia non sappia più che farsene di Indro Montanelli. Quando lui stesso, negli ultimi anni, non faceva che ripetere “So di avere scritto sull’acqua”, quando ricordava la frase del suo maestro Ugo Ojetti – “L’Italia è un paese di contemporanei senza antenati né posteri perché senza memoria” – credevo si trattasse di una posa scaramantica.

Non abbiamo più bisogno di giornalisti? Oggi che basta una gmail per vedersi e dialogare, a chi vogliamo raccontare? Da oggi i lettori che ci seguono qui e altrove troveranno un piccolo ma sostanziale cambiamento nella testata: Quotidiano del Sud, perchè vadano a braccetto tre limes: si rincorrono i lupi dell’Irpinia con quelli della Sila, passando per l’osso duro della Basilicata fino ad arrivare in fondo allo Stivale, alla fine della terra, quella che si tuffa nelle acque mosse dello Stretto. Perchè?

1) Mi ha molto colpito quello che ha scritto il direttore de Linkiesta.it, Marco Alfieri, un paio di giorni fa: “I conti e la salute di un’azienda editoriale non sono un fatto privato, anzi offrono l’occasione per fare alcune considerazioni sul presente e sul futuro dei giornali”. Nella strana emigrazione che ho fatto all’incontrario, vent’anni fa, ho trovato un editore con il quale pur mi è capitato qualche volta di avere discussioni ma mai per un articolo. Mai. Non so quanti giornalisti in Italia possano dire la stessa cosa. In questa stessa pagina potete leggere un lungo articolo a firma del presidente della Luedi e della Finedit, Francesco Dodaro, che riepiloga la sua vicenda di imprenditore ed editore. Fare i giornali non è mai stato semplice. Per lui ancora più difficile. Tutti quelli che hanno a cuore la questione morale e giudiziaria dovrebbero leggerlo. Forte di questa esperienza varchiamo la soglia di una nuova casa editoriale: ci accoglie Gianni Festa (troppo lungo il curriculum, provate su Google). Per me un destino, mi ascoltò quando ero già con la valigia in mano. Direzione Sud

2) Non è in crisi il giornalismo, è in crisi il sistema di produzione industriale dell’informazione. Non è in crisi la figura del giornalista, ma la sua identità soggettiva. Non è in crisi il ruolo, ma la sua reputazione. Internet è già alle nostre spalle. La trasformazione dell’informazione ha subito lo stesso passaggio che c’è da una monarchia a una democrazia. Ma questa democrazia è in cerca di governo.

Da dove si riparte? Da uno sforzo di professionalità ulteriore che offra contenuti in un ciclo produttivo diverso. Proviamo a gestire il cambiamento, invece che subirlo. Noi ripartiamo, come dicevo l’altra mattina ad Avellino, da una sinergia editoriale che non scomunica i suoi territori, ma ne cerca elementi di coesione e connessione. Quotidiano della Calabria, Quotidiano della Basilicata, già fratelli, e Corriere dell’Irpinia (sì, la testata è quella di Guido Dorso). Con grande orgoglio sabato mattina, ho sentito un navigato politico della prima repubblica, Nicola Mancino, che alla platea diceva: prendete esempio dalla Basilicata. Io, campana, orgogliosa della mia Basilicata. Caro Erminio Restaino, ancora ti chiedi quando la Basilicata avrà un rettore lucano? Godiamoci il sole di Aurelia, e poi speriamo che il suo successore venga da Johannesburg. O da Cuba, se vuoi.

3) Informazione iperlocale, racconto delle comunità, direzione comune Europa. Occhio al mondo, relazione e interazione e distribuzione di contenuti nell’ecosistema digitale. Come ha fatto Giampiero Perri con i suoi libri: a chi facciamo raccontare la Basilicata? A un americano e a un francese. Voce a tutti e poi, sempre lì si arriva, scrivere (nella maniera che volete, per parole, per immagini, per infografica) quello che ci produce il più alto tasso di querele e richieste di risarcimento: diffamatori di professione? Non credo. Almeno i giudici, finora, non l’hanno mai pensata così. Uniamo allora i nostri sforzi, con un progetto che è solo all’inizio e che sta disegnando un nuovo modello di sostenibilità economica. Troppe truffe editoriali hanno ammazzato e avvelenato il Paese. Qui c’ è un gruppo libero e responsabile. Che lavora. Il nostro lavoro si incrocia con la trasformazione dei territori che raccontiamo. Indomabili sui fatti, refrattari alla volgarità, sovversivi su regole che l’Ordine della Basilicata tiene incatenate ma che vanno ridiscusse.

4) La politica ha lo stesso problema del giornalismo. I giornali italiani hanno capito in ritardo cosa stava succedendo alla loro storia. La Basilicata, vista da fuori, è un modello. Vissuta da dentro mostra il limite del rancore dei suoi protagonisti e della mancanza di credibilità delle posizioni conflittuali. Oggi Leo Amato vi racconta gli ultimi veleni prima dell’insediamento del nuovo consiglio comunale. Forse, sindaco De Luca, occorre adesso uno scatto di denuncia pubblica da parte tua. E così il Pd che si lamenta delle scelte politiche nella nominanda giunta è quello stesso Pd che non vuole più assessori esterni alla Regione? E il congresso? Facciamo un confronto pubblico tra i candidati. Braia deve avere il coraggio di rivendicare la sua posizione giudiziaria, e Folino altrettanto coraggio a contestargliela. Perchè non sia un pretesto. Dopodichè contenete la rabbia del protagonismo. La selezione la fanno gli altri. 

l.serino@luedi.it

 

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