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La conferenza stampa di ieri a Potenza

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POTENZA – Dall’associazione mafiosa a uno degli ultimi omicidi della faida tra i clan del Vulture. Passando per i pranzi di nozze a “scrocco” e il peculato sui soldi dovuti all’erario per le giocate su alcuni videopoker gestiti “in famiglia”.

Sono 31 i capi d’imputazione messi nero su bianco dagli inquirenti dell’Antimafia potentina nei confronti degli indagati nell’ambito dell’inchiesta soprannominata “Iceberg”, sugli affari del clan dei pignolesi.

Giuseppe Campanella
Abdelkebir Moukhtari
Vito Riviezzi
Saverio Riviezzi

Per i pm, in 16 avrebbero fatto parte del gruppo: Saverio, Vito, Domenico e Francesco Michele Riviezzi, Abdelkebir Moukhtari, Angelo Quaratino, Maurizio Pesce, Rocco Braidich, Giuseppe Giulian, Michele, Gerardo, e Vito Russo, il potentino Giuseppe Campanella, Vincenzo Barra, Gerardo Lama e Salvatore Sabato.

L’EX SINDACO PETRONE E I TAGLIALEGNA

L’ex sindaco di Pignola Ignazio Petrone è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa per aver fatto «pressioni» sugli uffici perché una coop riconducibile al clan fosse inserita nel piano comunale anti neve.

Saverio, Vito, Valerio Riviezzi e “Kebir” Moukhtari, inoltre, devono difendersi dall’accusa di estorsione per sollecitato a un’impresa boschiva il sub-appalto dei lavori in corso a Rifreddo, nel 2013, per conto del Comune di Pignola. Facendosi consegnare «vari e imprecisati quantitativi di legna». Ma al solo Vito Riviezzi, è contestato anche il trasferimento fittizio di valori per aver acquistato, nel 2016, un supermercato “Johnny Mak srl” intestandolo a una società «fittiziamente» attribuita a tale «Bello Costantino». Quindi un ulteriore episodio di estorsione per essersi fatto “regalare” da un imprenditore «10/15 metri cubi di cemento», per dei lavori in un terreno di sua proprietà.

MATRIMONIO A SCROCCO

Lo “scrocco” sarebbe stata una pratica molto diffusa tra gli uomini del clan, tanto che a luglio del 2017 Moukhtari avrebbe costretto la titolare di una nota sala ricevimenti del potentino a rinunciare ai 15mila euro che gli doveva per il suo pranzo di nozze. Ma il boss, Saverio, in almeno un caso avrebbe fatto in modo che i privilegi della “casata” ricadessero anche su una coppia di amici, Carmela Pepe e Franco Giacomo, convincendo un gioielliere potentino a dimenticarsi dell’assegno, poi risultato scoperto, che aveva incassato per un acquisto da 860 euro in «oggetti in oro».

LE RAPINE

Poi ci sono le rapine, come quella, tentata, di settembre del 2017 all’ufficio postale di via Grippo, a Potenza, quando Saverio Riviezzi, Moukhtari, Giovanni Piscopo, Giuseppe Campanella, che all’epoca lavorava per il centro di meccanizzazione delle Poste, e un complice «rimasto sconosciuto» avrebbero provato a mettere le mani sui soldi, 250mila euro, appena consegnati da un portavalori. O il colpo, riuscito, 9 mesi dopo (giugno 2018) all’ufficio postale di via Messina, dove lo stesso gruppo riuscì a portarsi via 235mila euro.

IL BAR DEL TRIBUNALE

Quanto al bar del Tribunale di Potenza, invece, le accuse parlano di trasferimento fraudolento di valori tra Barbara Nella e Salvatore Sabato, da una parte, e Maria Lovallo e Maria Trepiccione, dall’altra, che si sarebbero intestate, «con l’accordo» anche di Armando Trepiccione, la società gestita, «di fatto», dai primi due.

A Nella e Sabato, viene contestata anche un’ipotesi di turbativa nella scelta del contraente assieme ai responsabili del Comune di Potenza, Mario Giuliano e Mario Restaino, che si occuparono, nel 2017, della gara per l’assegnazione dei locali in questione, e avrebbero spifferato «in anteprima le offerte presentate dagli altri concorrenti». Maria Trepiccione, invece, è accusata di falso per aver omesso di dichiarare i precedenti penali di Nella e Sabato, dopo il subentro nella gestione del bar di una nuova società in cui figuravano anche loro.

Sempre in relazione al bar del Tribunale, è stata configurata anche un’ipotesi di estorsione a carico di Sabato e Moukhtari per le frasi minacciose pronunciate dal secondo nei confronti di un concorrente del primo, peraltro avvocato, nella gara – poi risultata truccata – del Comune. Frasi che avrebbero avuto come obiettivo quello di farlo desistere dal ricorso presentato al Tar.
Infine c’è un’ipotesi di truffa, a carico di Sabato, Nella e Lovallo, per il finto licenziamento di Nella, che le avrebbe consentito di intascare, ingiustamente, l’assegno di disoccupazione.

I VIDEOPOKER

Gli inquirenti hanno preso di mira anche un’altra attività gestita dal trio Sabato, Nella e Lovallo, con la complicità di Pasquale Pace e Maurizio Gobetti. Vale a dire la società di noleggio di videopoker “Gioca e vinci srl”, che avrebbe aperto sale giochi a Potenza e Senise. Lovallo e Sabato, infatti, sarebbero riusciti a ricavarne anche più del dovuto “dimenticando” di versare all’erario, solo tra agosto e ottobre del 2018, circa 10mila euro di tasse sulle giocate effettuate. Soldi che adesso i pm considerano provento del reato di peculato.

Negli ultimi mesi, poi, non è sfuggita allo sguardo degli inquirenti la rottura del trio. Di qui un’ulteriore ipotesi di estorsione, trasferimento fraudolento di valori, e violenza per costringere a commettere un reato, a carico di Sabato e dei campani Gennaro D’Aniello e Riccardo D’Ercole, per aver costretto Lovallo, con varie minacce, a cedere le sue quote della società “Bar del Tribunale srl”.

LA VIOLENZA

Due, in conclusione, gli episodi in cui dalle intimidazioni si sarebbe passati ai fatti.
Il primo risale ad aprile del 2019, quando un ragioniere potentino, Domenico Capoluogo, ha subìto un incursione nel suo ufficio di Michele e Gerardo Russo come ritorsione per aver osato truffare un amico rivenditore di stufe, Berardino Vaccaro.

Il secondo invece, molto più grave, risale ad aprile del 2008, quando Saverio Riviezzi e Angelo Quarantino avrebbero fornito agli alleati melfitani del clan Cassotta l’auto impiegata dai killer di Giancarlo Tetta, una delle ultime vittime della storia faida del Vulture.

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