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Il comune di Matera

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MATERA – Tutto il sistema del cosiddetto allattamento, su cui si fonda l’omonima indagine coordinata dal capo della Procura di Matera, Pietro Argentino, che ne ha curato personalmente l’ordinanza con la formulazione delle accuse, si regge su di una presunta “cricca” composta da 11 persone, che configura un’autentica associazione a delinquere, con una sfilza impressionante di ipotesi di reato.

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Tutti gli altri 79 indagati, avrebbero gravitato in qualche modo intorno al presunto malaffare ordito dal sodalizio, al capo del quale ci sarebbe stata la triade composta dall’architetto Franco Gravina e dall’ingegnere Domenico Pietrocola, ritenuto il faccendiere nella Provincia, da cui attraverso la Stazione unica appaltante avrebbe curato gli affari, e dall’ingegnere Tommaso Di Bari, che in qualità di libero professionista avrebbe intessuto la tela dei rapporti con imprenditori compiacenti. Gravina, invece, sarebbe stato il trait d’union con il nutrito gruppo di consiglieri comunali, di cui avrebbe orientato il consenso nelle commissioni e nelle sedute nevralgiche della massima assise cittadina.

Gli altri 8 componenti della presunta associazione sono: Giuseppe Gandi, ex dirigente comunale alle Opere pubbliche oggi in pensione; Biagio Ferrara e Antonio Vammacigno, colleghi di Gandi ancora in servizio, tutti e tre destinatari di misura interdittiva dai pubblici uffici per un anno. Poi ci sarebbero stati i tecnici Eustacchio Lunalbi, Federico Lorusso, Emanuele Lamacchia Acito, Raffaele Stella Brienza e Bruna Di Cecca. Il leader e promotore della presunta cricca, sarebbe stato Gravina e la sfilza delle accuse è particolarmente corposa: abuso d’ufficio, corruzione per l’esercizio della funzione ed atti contrari ai doveri d’ufficio, concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità, rivelazione ed utilizzo di segreti d’ufficio, turbata libertà di scelta del procedimento di scelta del contraente, turbata libertà degli incanti, traffico di influenze illecite, falso ideologico e truffa aggravata ai danni del Comune di Matera.

In particolare, Gravina come dirigente delle Opere pubbliche del Comune e Pietrocola come capo ufficio tecnico della Provincia e responsabile della Stazione unica appaltante, a cui è stata affidata la gestione di gare imponenti con fondi da Contratti istituzionali di sviluppo per almeno 35 milioni, avrebbero provveduto alla nomina di commissari compiacenti, per far vincere imprese già individuate, alle quali si premuravano persino di “vendere” la progettazione già impacchettata, in base ai requisiti dei bandi in questione.

Si parla dei lavori per piazza Visitazione, la ricostruzione della scuola Torraca, la tangenziale ovest, la Casa delle tecnologie emergenti, la strada delle cave, la riqualificazione del cineteatro “Duni” e la realizzazione della nuova sala consigliare nei pressi del municipio. Tutte opere che, ad onor del vero, non sono ancora state appaltate, ma sulle quali secondo l’accusa ci sarebbe stata la longa manus della cricca. Gli undici, infatti, con l’opera certosina di Gravina primo promotore, che si sarebbe rivolto ai consiglieri comunali promettendo loro incarichi a professionisti amici (da qui l’allattamento), in cambio del voto favorevole alla progettazione definitiva delle opere, cui seguiva la procedura di appalto integrato e la consegna all’operatore economico individuato della progettazione esecutiva, il quale sapeva già che se la sarebbe aggiudicata, incassando la liquidazione della parcella a professionisti prestanome da parte della Stazione appaltante, che poi sarebbe stata divisa tra i sodali.

Il collettore della progettazione definitiva pilotata, sarebbe stato l’ingegner Di Bari, definito un punto di riferimento per la struttura dei lavori pubblici, con l’indicazione dei tecnici interni a cui consegnare la progettazione mediante “dropbox” o “wetransfer”. Di Bari era poi incaricato da Gravina, di individuare professionisti esterni a cui affidare gli incarichi geologici, archeologici e di supporto all’adeguamento degli elaborati.

Tutti i dettagli della filiera, erano seguiti in modo maniacale da Gravina e Di Bari, con esperti di sicurezza e tecnici amici per la progettazione definitiva, tutto regolarmente validato da una società di ingegneria compiacente. Di Bari si sarebbe addirittura sostituito in toto ai Responsabili unici di procedimento, anche per incassare la quota parte delle parcelle che pagava il Comune.

Il compito di Pietrocola, invece, sarebbe stato quello di blindare le procedure di gara, con la complicità di uno studio legale romano, che avrebbe perfezionato formalmente gli atti, dirimendo eventuali contenziosi ed entrando persino nelle commissioni aggiudicatrici. Gandi e Lunalbi, in qualità di “Rup di facciata”, si sarebbero relazionati con Di Bari per istruire tutti gli appalti (piazza Visitazione, ricostruzione della Torraca ed altri), suggerendo persino agli operatori individuati l’iscrizione alla piattaforma Asmecomm, per ottenere l’incarico.

Ferrara, Lorusso e Stella Brienza sarebbero stati dei prestanome, mettendo le loro firme di tecnici del Comune in calce a progetti che predisponeva Di Bari, con altri professionisti. Di Cecca, invece, era il contatto operativo con i consiglieri comunali da “ungere”, per agevolare professionisti vicini a Gravina e Di Bari, i cui nomi sarebbero stati scritti su pizzini che circolavano tra Di Cecca e Di Bari, poi ritrovati dagli inquirenti della guardia di finanza. Gandi, Vammacigno e Lamacchia Acito avrebbero coadiuvato il tutto, agevolando l’individuazione degli incarichi da affidare ai vari professionisti scelti da Gravina e Di Bari, con il relativo compenso.

Nei meandri delle relazioni perverse di Gravina con i consiglieri comunali, si sarebbe poi inserito il sistema delle promesse elettorali, in cui è stato trascinato senza responsabilità oggettive (come rimarca lo stesso Gip Sasso), anche l’avvocato Emilio Nicola Buccico, destinatario di una telefonata di Gravina, che si “buffoneggia” con incarichi professionali che aveva dato a professionisti “capi bastione” di voti, con un grosso serbatoio elettorale che, all’occorrenza, sarebbe servito anche all’elezione del figlio Rocco Buccico, che si candidò mesi dopo senza neppure essere eletto.

L’avvocato si limitò all’ascolto delle farneticazioni di Gravina, tanto che lo stesso Gip esclude i gravi indizi di colpevolezza per Gravina in primis, e conseguentemente per Buccico, il cui coinvolgimento in questa indagine risulta a dir poco incomprensibile.
La cricca degli appalti ha realizzato guadagni personali che lo stesso pm Argentino ha quantificato e posto sotto sequestro di oltre 150mila euro, più 139mila euro sequestrati a Gravina, la funzionaria dell’agenzia del Demanio di Bari, Eleonora Curci, e il consigliere regionale Piergiorgio Quarto, per la vicenda della vendita al Comune dell’immobile di quest’ultimo in via Cappelluti, il cui prezzo di mercato sarebbe stato artatamente gonfiato.

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