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L'ospedale Madonna della Grazie a Matera

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MATERA – Infermieri distaccati da reparti e servizi essenziali, dove comunque c’è una carenza cronica, per essere impiegati da vigilanti all’ingresso dell’ospedale di Matera, al fine di garantire che tutti i cittadini passino dal termoscanner. Anzi, gli stessi operatori sanitari devono far compilare e ritirare le autocertificazioni, gestendo di fatto dati sensibili.

Un’assurdità logica e legale, che da una parte mette in crisi i reparti di appartenenza, dall’altra configura una probabile irregolarità formale. A denunciarlo è la presidente regionale di Cittadinanzattiva-Tribunale dei diritti del malato, Maria Antonietta Tarsia, che stigmatizza duramente la decisione dell’Azienda sanitaria materana, in quanto fortemente lesiva dei diritti dei lavoratori, ma anche dei pazienti a ricevere le giuste cure, oltre a configurare qualche probabile irregolarità sotto il profilo contabile. Una decisione che ha provocato la levata di scudi del personale infermieristico, diventato una sorta di guardia giurata e già le prime animate discussioni con gli utenti, alcuni dei quali timorosi che il termoscanner li fotografasse, o comunque legittimamente restii a rilasciare un’autocertificazione contenente dati sensibili a una persona giuridica non autorizzata a raccoglierli, come l’infermiere. Infatti, il personale sanitario è abilitato a registrare dati sensibili riguardanti la salute, solo quando il cittadino è paziente del reparto dove egli opera, non certo all’ingresso dell’ospedale indiscriminatamente.

Senza contare che, in caso di rifiuto del cittadino a passare dal termoscanner (che è un totem, dunque non richiederebbe la presenza di personale qualificato per registrare la temperatura), o peggio in caso di temperatura oltre i 37.5 gradi, cosa dovrebbe fare l’infermiere, se il cittadino si ostinasse a voler entrare? Forse costringerlo fisicamente a non farlo? Questi ed altri dubbi, vengono sollevati da Cittadinanzattiva, che chiede una immediata revisione del provvedimento; tanto più perché, come avvenuto negli ospedali di Milano, pur essendo il personale sanitario sempre preferibile per la misurazione della temperatura, tuttavia potrebbe farlo anche altro personale opportunamente formato.

Tra i servizi essenziali che vengono fortemente penalizzati da questa decisione, c’è certamente l’ambulatorio di Pneumologia territoriale, che ha lavorato ininterrottamente anche durante l’emergenza, trattando persino una paziente Covid, il cui contagio si è appreso solo dopo, costringendo tutti a quarantena e tampone, fortunatamente con esiti negativi.

Con l’avvio della Fase 2, l’ambulatorio aveva già manifestato criticità serie per via dei tanti problemi, già denunciati anche sulle colonne del Quotidiano, e mai risolti. In pratica, come evidenzia Cittadinanzattiva, l’ambulatorio può contare normalmente solo su due infermieri, quindi con questo “distacco” deciso dall’Asm, l’operatore in servizio rimarrebbe uno, rendendo di fatto quasi impossibile garantire le visite in sede, e ancora peggio quelle a domicilio. Una criticità che diventa ancora più grave, se si pensa che i responsabili dell’ambulatorio avevano chiesto già a metà aprile all’Asm, la predisposizione di una serie di misure, materiali ed apparecchi per garantire le visite in emergenza Covid; tutte richieste cadute nel vuoto.

Oggi, infatti, la stessa Asm chiede all’ambulatorio di effettuare 1-2 visite all’ora, sanificando ed arieggiando gli ambienti; ma come si fa con un solo infermiere a disposizione e nessuna dotazione che garantisca la sicurezza di pazienti ed operatori? Il tutto con decine di visite che si sono accumulate in questi due mesi di lockdown e l’infermiere distaccato, che dovrà fare anche 9 ore in piedi davanti all’ospedale, per presidiare un termoscanner, praticamente come un vigilante.

«Una situazione assurda – rimarca Tarsia – che l’ambulatorio sta segnalando con allarme già dal 20 maggio scorso, ricevendo in risposta i turni di distacco degli infermieri, quindi una sostanziale indifferenza da parte dell’Asm, tra l’altro con un ordine di servizio anomalo e privo di intestazione, nome e dati identificativi degli infermieri da distaccare. Le norme regionali anti Covid non prevedono che si sottragga personale in servizio, numericamente esiguo, ad attività sanitarie istituzionali già tanto difficili nel momento della riorganizzazione degli ambulatori. Infatti, la Pneumologia territoriale in questa Fase 2 sta compiendo sforzi enormi, per concentrare le forze del personale in servizio, al fine di svolgere l’ingente e qualificato lavoro, in ambulatorio e a domicilio, su tutta la provincia di Matera; lavoro destinato a pazienti fragili, affetti da gravi comorbilità.

Nell’ambulatorio si svolgono visite pneumologiche e attività strumentali, che esigono la presenza delle due Infermiere in servizio: triage in accettazione, calibrazione di strumenti, esecuzione di esami strumentali, disinfezione e sanificazione di tutte le apparecchiature dopo ogni singolo utilizzo. Il personale è impegnato anche in attività clinico-strumentali a domicilio in tutta la provincia di Matera, per pazienti allettati o non deambulanti. Una situazione critica -conclude Tarsia- su cui occorre intervenire, diversamente Cittadinanzattiva è pronta a ricorrere alle vie legali, anche sulla magistratura contabile».

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