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MATERA – Il Tribunale di Matera ha confermato il decreto cautelare dell’ottobre scorso con il quale aveva imposto all’Azienda sanitaria locale materana (Asm) di eseguire con urgenza delle indagini diagnostiche chieste da una donna e non assicurate. Un provvedimento – emesso con un’ordinanza a seguito del contraddittorio – nel quale ribadisce “il diritto fondamentale” alla salute, condanna la Asm al pagamento delle spese processuali e, soprattutto, rischia di costituire un precedente rilevante nei contenziosi sull’assistenza e le cure, sempre più frequenti, tra le istituzioni sanitarie pubbliche e i cittadini.

La vicenda è relativa a una cittadina indigente che, nel settembre scorso, aveva chiesto, con l’apposita prescrizione medica, di essere sottoposta con urgenza a una “risonanza magnetica addome completo con mdc epatospecifico” con codice di priorità B. Un esame da effettuare nel giro di 10 giorni. Dopo vari tentativi andati a vuoto all’ospedale di Matera, la donna si era vista costretta a ricorrere all’autorità giudiziaria, chiedendo assistenza legale all’avvocato Angela Maria Bitonti, per vedersi riconosciuto il suo diritto alla salute.

Il giudice del Tribunale di Matera si era pronunciato con un decreto disponendo che la Asm procedesse “con sollecita urgenza ad eseguire le indagini diagnostiche richieste dalla ricorrente”. In seguito al pronunciamento, la paziente era stata quindi sottoposto alla risonanza magnetica prescritta e richiesta.

Dopo il contradditorio, è arrivata ora l’ordinanza dello stesso Tribunale che, in sostanza, ha confermato e motivato il precedente decreto. In pratica. il giudice scrive che “la salute è un bene della persona oggetto tanto di un diritto fondamentale quanto di un interesse pubblico” e che “la Asm ha avuto un comportamento omissivo lasciando la donna in balia degli eventi”.

Nell’ordinanza si spiega che “in ragione degli interessi di rango costituzionale coinvolti grava sull’Azienda un dovere di assoluta collaborazione con gli utenti che richiedono le tutele previste dall’art. 32 della Costituzione”, perché “il sistema sanitario nazionale è, infatti, un insieme di strutture e servizi che hanno la finalità di garantire a tutti i cittadini, in condizioni di uguaglianza, l’accesso universale all’erogazione delle prestazioni sanitarie… Esso  concretizza e materializza quel dovere astratto, programmatico e generale, contenuto nel primo comma dell’art. 32 della Carta Fondamentale”.

Il giudice evidenzia inoltre che “il fatto che in agenda non vi fosse nell’immediato una concreta disponibilità non esclude affatto la responsabilità dell’ente qualora lo stesso non abbia nemmeno allegato di aver adottato, nel corso degli anni un programma di gestione degli interventi, armonico, sistematico e ragionevole, improntato a veri modelli organizzativi, in grado di evadere nei termini prescritti gli esami (specie quelli di urgenza), che non sia stato, poi, possibile rispettare per ragioni di assoluta imprevedibilità ed eccezionalità che, sorprendendo ogni ragionevole programmazione ed organizzazione, abbia reso impossibile la prestazione”.

Per l’avvocato Bitonti, difensore di fiducia della paziente, si tratta di «una ordinanza esaustiva che ci rende pienamente soddisfatti per le motivazioni in essa contenute. Il giudice sottolinea come la Asm non abbia provato di avere adottato negli anni un sistema efficace ed efficiente per l’erogazione delle prestazioni sanitarie. Credo – aggiunge l’avvocato – che il Tribunale si sia voluto esprimere in maniera chiara ed esaustiva sul diritto alla salute e sui doveri e responsabilità di chi questo diritto lo deve garantire».

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