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L’incontro di Bardi con i camionisti a Melfi

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MATERA – Si apre il quarto giorno di protesta per i camionisti lucani, che hanno attivato almeno due fronti sulla Bradanica, nella zona di Melfi, e sulla Jonica a Metaponto. Si stima che sono almeno 500 i mezzi fermi, con un continuo avvicendamento, e sarebbero arrivati fino a 800.

Una protesta legittima e sacrosanta, che sta già paralizzando l’attività industriale nella zona nord della regione, con Stellantis che da oggi andrà in fermo produttivo, come l’azienda alimentare “Preziosi food” di Melfi. Stessi gravi disagi vive l’ortofrutta del Metapontino, con fragole primizie e ortaggi che restano nei campi, per l’impossibilità di arrivare sui mercati.

In particolare, i produttori di fragole lamentano di non essere riusciti neppure ad acquistare gli imballaggi, con il prodotto che rischia di marcire nelle serre, viste le alte temperature di questi giorni. Poi c’è l’indotto della raccolta, come evidenziano dalla Coldiretti, ovvero circa 20mila operai che rischiano di dover incrociare le braccia se non si potrà ritirare il prodotto. Il tutto a beneficio degli esportatori esteri, che stanno arrivando da soli sui mercati del Nord, tagliando fuori il prodotto lucano.

Intanto, i camionisti non arretrano, annunciando un inasprimento della protesta, se il Governo centrale non ascolterà le loro istanze. Ieri il presidente della Regione, Vito Bardi, ha visitato il presidio di Melfi, manifestando solidarietà ai conducenti fermi e annunciando la possibilità di piccoli aiuti dalla Regione, pur ribadendo la necessità che la questione venga presa in carico subito dal Governo.

Lo stesso appello proviene da tutti i sindaci del Materano, che ieri pomeriggio hanno risposto in massa alla convocazione del collega Domenico Tataranno di Bernalda, con un incontro svoltosi in municipio.

Tutti con le fasce tricolori, c’erano i sindaci di Nova Siri (Eugenio Stigliano), Policoro (Enrico Mascia), Montalbano (Piero Marrese che è anche presidente della Provincia), e poi Matera (Domenico Bennardi), Pisticci (Domenico Albano), Tursi (Salvatore Cosma), Grassano (Filippo Luberto) e tutti gli altri delle aree interne.

Durante l’incontro sono stati sentiti i camionisti della famiglia Tubito di Bernalda, che da generazioni (il più giovane autista oggi in servizio ha 20 anni), si dedicano a questo lavoro. Al di là del caro gasolio, che rappresenta la causa scatenante della protesta, i conducenti di tir hanno evidenziato tutti i disagi che con la pandemia si sono acuiti, come i prezzi dei pedaggi, della manutenzione dei mezzi e persino di un panino in Autogrill, passato da 5 a 7 euro. Costi ormai insostenibili, che impediscono loro anche di assumere personale.

I sindaci hanno ascoltato i camionisti, sottoscrivendo infine un documento con la richiesta di un incontro urgente al ministero, per esporre le difficoltà della categoria e trovare soluzioni concrete e rapide. Innanzitutto, gli autotrasportatori chiedono di abbattere le accise sul carburante, visto che non si può certo intervenire sui prezzi alla produzione.

Di certo la crisi internazionale innescata dalla guerra in Ucraina, non aiuta, anzi ostacola ogni possibile ridimensionamento dei prezzi al consumo. I sindaci, nel loro documento, oltre alla riduzione delle accise, chiederanno a Roma (presidente Draghi e ministro delle Infrastrutture in primis), anche una diminuzione delle tasse sulle nuove assunzioni nel settore; introduzione delle tariffe “a forcella”, per garantire omogeneità nel mercato; diminuzione della pressione fiscale per le imprese; diminuzione generale dei costi generali, tra pedaggi autostradali e pezzi di ricambio, per non gravare sulle imprese e consentire loro il rinnovo periodico dei mezzi, a tutto beneficio anche dell’ambiente. Infine, i sindaci chiederanno il riconoscimento del lavoro usurante, al fine di consentire ai camionisti l’esodo anticipato.

Intanto stanno terminando le riserve di carburante nelle stazioni di servizio del Materano, prese d’assalto nelle ultime ore da automobilisti allarmati dallo sciopero degli autotrasportatori e dall’evoluzione del conflitto in Ucraina.

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