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L'ex sindaco Scalise assieme all'ex sindaco Salinardi

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Reggono le ipotesi di accusa sulla persecuzione nei confronti dell’ex sindaco di Ruoti Annamaria Scalise

È STATA confermata dalla Cassazione la misura del divieto di avvicinamento nei confronti di Rosario De Carlo. Il trentenne ex consigliere comunale di Ruoti è tra i 16 indagati per stalking nei confronti di Annamaria Scalise. La ex sindaca ha guidato il Comune di Ruoti fino alle scorse amministrative di maggio quando ha deciso di non ricandidarsi.

L’inchiesta è condotta dalla Procura di Potenza che da questo verdetto vede riconosciuta la solidità del quadro accusatorio.

Gli atti persecutori contro la Scalise – ricordano gli “ermellini” nella sentenza 35702 depositata dalla Quinta sezione penale, udienza del 20 luglio – sono «consistiti nel presentare innumerevoli denunzie contro» la sindaca e la sua giunta «al fine di minarne la reputazione, di paralizzarne l’attività amministrativa ed ottenerne le dimissioni».

GLI ATTI DI PERSECUZIONE CONTRO L’EX SINDACO DI RUOTI ANNAMARIA SCALISE

Tra le azioni di stalking, figura la diffusione di «notizie false anche su possibili relazione adulterine con uno degli assessori». E poi l’accusa di tenere «riunioni carbonare», insulti e pedinamenti non solo nei confronti della Scalise ma anche dei suoi familiari. Tra gli indagati, anche l’ex sindaco di Ruoti Angelo Salinardi. Il 73enne imprenditore della logistica nell’indotto dello stabilimento Stellantis di Melfi, che voleva tornare a “controllare” il municipio guidato in autonomia da Scalise.

Con questa decisione, gli “ermellini” hanno confermato l’ordinanza con la quale il Tribunale del riesame di Potenza lo scorso due marzo ha convalidato il divieto di avvicinamento del De Carlo alla Scalise emesso dal gip l’11 febbraio 2022 in sostituzione della misura cautelare degli arresti domiciliari del 31 gennaio 2022.

Ad avviso della Cassazione, a buon diritto l’ordinanza evidenzia come «la Scalise sia stata reiteratamente e sistematicamente vittima della diffusione di notizie false, oggetto di una campagna accusatoria e diffamatoria, nonché di volgari e reiterati insulti, di post sulla piattaforma Facebook». Tutte «condotte» che il Tribunale «ha correttamente ricondotto nella fattispecie degli atti persecutori, in quanto lesive anche della libertà morale e della serenità della vittima». Il ricorso dell’indagato è stato respinto e ritenuto «nel complesso infondato».

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