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L'ospedale di Chiaromonte

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CHIAROMONTE (PZ) – Donato Andrisani, segretario regionale della onlus Aned (Associazione nazionale emodializzati dialisi e trapianto) ha denunciato una criticità che si potrebbe verificare a breve nell’ospedale di Chiaromonte poiché, l’unico nefrologo in servizio sta per andar via.

Il segretario, oltre a lanciare proposte, ha anche ventilato l’ipotesi che la politica voglia favorire l’ingresso dei privati: «è ormai largamente noto – spiega Andrisani – che la dialisi suscita molti appetiti. Non a caso, nei centri dialisi privati, a differenza di quelli pubblici, viene adottata una sola modalità di dialisi, quella più costosa: 258,23 euro per singolo trattamento che, moltiplicato per le 152 sedute dialitiche annue cui è sottoposto ogni paziente e per il numero dei pazienti trattati, porta ad un risultato e ad un costo complessivo insostenibile per la sanità pubblica». Abbiamo raggiunto Andrisani per provare ad approfondire questo aspetto.

Segretario, a fine mese quindi è sicuro che il nefrologo lascerà Chiaromonte?

«Sì. È vincitore di concorso, per cui è giusto che vada a lavorare al “San Carlo”. C’è un altro nefrologo che si recava saltuariamente all’ospedale di Chiaromonte, anch’egli vincitore di concorso, ed era destinato alla Nefrologia del San Carlo: l’Asp aveva cercato di trattenerlo con un contratto a tempo indeterminato, ma sembra abbia accettato la proposta di un centro dialisi di un’altra regione».

Come mai in Basilicata i medici vanno via o non vogliono venire?

«Purtroppo, da noi, il sistema sanitario è poco appetibile per ragioni professionali ed economiche. Si sono smantellati i reparti e non si offrono prestazioni adeguate. Altrimenti non si spiega l’elevata emigrazione sanitaria dei lucani. Un esempio virtuoso è rappresentato dalla Puglia che, in pochi anni, è riuscita ad assumere molti nefrologi».

In Puglia i medici guadagnano di più?

«Sicuramente. Ma da noi c’è anche il problema dei giovani ai quali non si garantiscono adeguate opportunità di crescita ed abbiamo avuto il caso del Madonna delle Grazie di Matera, dove erano previsti 3 nefrologi ma in due hanno rifiutato l’assunzione».

Lei suggerisce di sfruttare i 22 vincitori del concorso bandito dall’Azienda ospedaliera San Carlo, in che modo?

«Con loro potremmo finalmente mettere in sicurezza tutti i centri dialisi lucani: ma non sono affatto certo che rimarranno tutti in Basilicata».

Lei ha fatto riferimento alla volontà della politica di favorire l’ingresso di privati. Cosa intende?

«Sono anni che, a livello nazionale, Aned denuncia la carenza di personale nei centri dialisi. Ma, considerato che parliamo di un problema ben conosciuto, ma mai risolto, allora ci viene il sospetto che non lo si voglia fare per favorire i privati contro cui Aned non ha nulla, perché anche loro fanno una buona dialisi. Ma il sistema sanitario pubblico, oltre la mera dialisi, garantisce una serie di prestazioni che vanno dalla prevenzione delle malattie renali, alla cura delle complicanze cui vanno incontro i nefropatici e, in particolare, i dializzati. Inoltre, chi è affetto da malattie renali è, per definizione, un cardiopatico. Poi ci sono i trapianti ed i successivi controlli. Il privato si occupa solo della dialisi e carica il resto sul pubblico. Ecco perché, quando bisogna investire, è necessario puntare sul pubblico».

Lei parla di errori negli anni, per cui sono stati commessi da tutta la classe politica?

«Certo, parliamo di problemi che le precedenti gestioni hanno lasciato in eredità all’attuale Giunta regionale, che non ha fatto nulla per migliorare le cose ma, anzi, forse le ha aggravate».

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