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Maura Locantore del Pd di Potenza

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POTENZA – Di candidatura alla guida del Pd lucano, in maniera esplicita, non ne vuole ancora parlare. Ma sull’eccesso di «machismo» nel partito non si nasconde. Come pure sulla convinzione che occorra una maggiore presenza femminile per permettere ai democratici di di riconquistare la fiducia di una regione come la Basilicata: storicamente fedele al centrosinistra, ma da qualche anno non più.

Rincara la dose Maura Locantore, segretaria provinciale del Pd di Potenza, che domenica ha indirizzato una lettera ai referenti dei 100 circoli dem del potentino, in cui ha attaccato con forza l’ex commissario regionale Dario Stefano e «il partito degli eletti» (LEGGI LA NOTIZIA).

Segretaria, quindi ha deciso di candidarsi a essere la prima donna alla guida del Pd lucano?
«Non ho deciso nulla e non voglio decidere nulla in questa fase così delicata, ancor più perché non è nella mia cultura personale e politica assumere decisioni in solitudine perché coltivo sempre il confronto, anche quello duro se necessario purché sia autentico e non corroborato da ipocrisie. Nulla vi è di diverso, e me ne rammarico molto, rispetto a ciò che pensavo e dichiaravo già qualche mese fa circa lo stato di salute del Pd lucano. Poi che il Pd lucano abbia bisogno di minor machismo e di maggiore presenza e impegno delle donne è un dato incontrovertibile, come lo è per la politica in senso ampio, ancor di più oggi che l’emergenza epidemiologica ha ulteriormente evidenziato alcune distorsioni e diverse iniquità presenti nel mondo del lavoro e nella nostra società. Peraltro è altrettanto indiscutibile che ad oggi l’unico partito che provi a invertire questa tendenza sia solo il Partito democratico con la proposta di un “women new deal” voluta fortemente dal segretario nazionale Zingaretti e peraltro declinata in tante misure per cambiare la governance del nostro Paese».

Non è che fa marcia indietro se il prossimo commissario regionale le consentirà di restare alla guida della segreteria provinciale fino al congresso?
«Guardi capisco che sollevare polveroni, far circolare veline e non concedere a voi giornalisti quasi mai il privilegio di un virgolettato o cinguettare sui social, sia utile a crearsi uno spazio di visibilità e forse anche di vivibilità, ma è un modus operandi che non mi appartiene. E’ vero che vi siano stati tentativi, direi ironicamente quanto meno maldestri, di azzerare le segreterie provinciali, ma se non ci fossero state le federazioni ad essere punto di riferimento per i circoli, prima e durante il commissariamento affidato a Dario Stefàno, cosa sarebbe rimasto della nostra comunità di iscritti e militanti? Vede ho imparato a mie spese che in politica la riconoscenza è sempre il sentimento della vigilia, quindi non mi aspetto gratitudine ma la responsabilità sì. Ho dato la mia disponibilità a dimettermi al partito nazionale, poiché non spetta al commissario regionale decidere in tal senso, e ho dichiarato in più occasioni che nonostante il mandato dei segretari provinciali non sia in scadenza, io sono disposta a fare un passo indietro se questo consentirà al partito, e non ai singoli, di fare due passi in avanti. Per cui nessuna marcia indietro sulle idee e sulla necessita di cambiare metodo nel merito: in cammino piuttosto per ridare al Pd un ruolo centrale anche in Basilicata, esattamente come è avvenuto qualche mese fa con le importanti vittorie in Puglia, Campania e Toscana».

E se dovesse riprendere quota l’ipotesi di un congresso “unitario”, per ratificare la designazione di un segretario che sia garante di un accordo capace di riunire chi è più vicino a Zingaretti, e chi è più lontano? In questo caso l’ipotesi della sua candidatura resterebbe in piedi?
«Mi sembra pleonastico tornare ancora sul tema candidatura date le sue incalzanti domande precedenti e spero ad esse le mie risposte puntuali, inoltre eviterei di personalizzare un aspetto importante quale è quello dell’unitarietà. Credo che essa sia profondamente utile da ricercare per ridare al partito la possibilità di essere una forza politica capace di parlare nuovamente ai lucani, a patto che non si trasformi nel mantra per chiudersi in sè stessi e, con i soliti tatticismi, lucrare qualche postazione in più. Per quanto mi riguarda al termine unità preferisco quello della coesione, nel senso letterale del termine perché se vogliamo dimostrare di essere una classe dirigente vera e che vuole costruire una nuova stagione politica, dobbiamo trovare la forza di resistere a ogni lacerazione».

Lei ha attaccato in maniera molto forte la gestione del partito negli ultimi 14 mesi da parte del commissario uscente Dario Stefàno accusandolo di essersi appiattito sul “partito degli eletti”. Eppure Stefano, forse proprio nella ricerca di un equilibrio tra “partito degli eletti” e “partito degli iscritti” aveva risparmiato le segreterie provinciali. Di fatto aveva lasciato che lei e il materano Claudio Scarnato, scelti quando alla guida del partito c’era ancora Mario Polese, manteneste il vostro ruolo. Non le pare di essere stata poco riconoscente?
«Nessun attacco, ma una constatazione che in maniera lapalissiana non andava sottaciuta. Come ho scritto nella mia lettera ai segretari e commissari, il mandato di Stefàno è durato oltre un anno, nei soli due mesi del lockdown il partito provinciale ha organizzato, molto spesso con i componenti della segreteria nazionale che non lesinano vicinanza e consigli, tanti incontri tematici, da quello sulla scuola a quello sull’economia, a quelli sulle conseguenze della pandemia, fra emergenza sanitaria e crisi economica-sociale, con i segretari regionali di Cgil, Cisl e Uil e poi ancora con il mondo delle associazioni, all’importante momento di confronto con Enrico Letta e abbiamo messo in campo, grazie al lavoro instancabile dei segretari di circolo, campagne di solidarietà, sostegno alle persone più fragili e anche gesti semplici come una telefonata a chi viveva solo in casa per chiedergli se avesse bisogno di aiuto e calore umano. Ancora nello scorso week-end alcuni circoli del potentino hanno aderito all’iniziativa del Pd nazionale “Solidarietà in circolo”. In quella data condizione anche la distanza geografica paradossalmente, poteva essere colmata dalla sua presenza “on line”, ma la sua disconnessione credo sia stata una scelta precisa. E anche sotto il profilo dell’organizzazione interna, le ricordo perché lei ne ha scritto, che ad agosto Stefàno ha nominato, impegnato nel suo nuovo incarico di presidente di commissione al Senato, un sub commissario a cui però non ha mai affidato un compito chiaro e preciso. Per questo non mi iscrivo al coro dei saluti di congedo rivoltigli e credo, con molta umiltà, che la gestione di Stefàno non sia stata all’altezza delle aspettative e della fiducia che i nostri iscritti avevano riposto nel suo mandato: d’altronde se in 14 mesi non ha mai sentito il bisogno di convocare sua sponte nemmeno una “call” con i segretari e gli iscritti, mi pare evidente che confrontarsi con gli eletti è stata una scelta precisa e consapevole, che non giudico ma che non ho condiviso fin dal primo momento».

Addebita all’ex commissario anche gli sconfortanti risultati delle ultime amministrative con le sconfitte in diversi centri importanti come Matera, Avigliano e Lagonegro? Non pensa che avrebbe potuto fare a sua volta qualcosa in più per evitare che il centrosinistra si presentasse in frantumi all’appuntamento, specie nei due centri del potentino?
«Sono stata una delle poche che si è assunta la responsabilità degli errori commessi dal Pd e sicuramente l’unica ad aver fatto, apertamente e negli organismi di partito, l’analisi del voto dopo le regionali. Purtroppo queste amministrative non sono che l’ultima coda di una sconfitta che ha origine già con il voto a Potenza nel 2014, peraltro nello stesso turno in cui il Pd conquista il famoso 40% alle Europee, poi con le elezioni politiche del 2018 e le scorse regionali. Consegnare comunità importanti al centro destra è indubbiamente sconfortante, anche se poi dovremmo tornare ad analizzare non superficialmente l’esito delle urne che è una conseguenza, ma comprendere con profondità le cause di tali sconfitte. Ad Avigliano come a Lagonegro, il nostro partito si è mostrato come quel gigante con i piedi d’argilla e ne ho avuto contezza quando ho invitato e ho riunito, per ben due volte ad agosto, il tavolo provinciale delle forze di centro-sinistra. Solo che mentre io tentavo di evitare il punto di caduta di un partito, altri accecati da un personale e mi consenta residuale protagonismo personale si occupavano di eleggere qualche amico consigliere comunale. E mi creda che se non fosse stato per la credibilità dei candidati sindaci, che ringrazio per aver combattuto a mani nude, l’esito sarebbe stato peggiore. Per fortuna però ci sono altri comuni in provincia di Potenza dove il Pd ha riconfermato i suoi sindaci e ne ha eletti di nuovi o dove ha dato il suo contributo eleggendo consiglieri comunali insieme ad altri sindaci di centrosinistra».

Quindi adesso che cosa succede?
«Ora però guardiamo avanti perché non abbiamo più tempo da sprecare e mettiamo a valore la scelta importante e rapida del segretario Zingaretti di affidare il commissariamento del partito regionale a un uomo di esperienza come l’onorevole Gianni Dal Moro, che confido farà del suo meglio per ridare, in un dialogo costruttivo e con scelte condivise con i dirigenti del nostro partito, la direzione politica che la nostra comunità merita. Mi auguro che con il suo lavoro si potrà finalmente realizzare quel nuovo protagonismo dei territori che tanto bene ha fatto in passato al Pd e alla Basilicata».

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