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Marc Abrahams, inventore dei premi Ignobel, ha ricordato come nel 2004 il premio per biologia fu assegnato a due team di scienziati che avevano scoperto, indipendentemente, che le aringhe comunicano tra loro emettendo peti. Anni dopo si seppe che una delle due ricerche era stata commissionata dal primo ministro svedese Carl Bildt che – ha scritto Mario De Caro sul domenicale del Sole 24 Ore – «supponeva che i misteriosi ticchettii che si avvertivano nella baia di Stoccolma erano dovuti alla presenza di sottomarini russi». Invece erano flatulenze ittiche a interesse semiotico. Aggiunge la National Geographic che, nel caso delle aringhe, «l’odore in questo caso poco importa, quello che conta è il rumore. Quando un pesce, infatti, sprigiona del gas, le bolle che si formano producono un suono ad alta frequenza (22 kHz) che può essere ascoltato soltanto da loro. I pesci utilizzano questo segnale per aggregarsi in banchi grazie a cui sono più protetti di notte dai predatori. Secondo quanto emerge dalla ricerca, il processo non è involontario: se, da una parte, il gas è generato dalla digestione delle aringhe, dall’altra è prodotto dallo stesso pesce che si reca intenzionalmente sulla superficie dell’acqua e ingoia aria che successivamente rilascia per via rettale». Un tema sconveniente? Per niente. Come disse Ugo Tognazzi, interpretando Joseph Pujol nel “Petomane”, «Quando il cul è avvezzo al peto non si può tenerlo cheto». Le aringhe, essendo mute, non hanno l’obbligo di spiegare.

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