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Vittorio Palermo

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Il tribunale di Lamezia Terme dove è in corso il processo Alibante ha scarcerato il ricercatore Unical e imprenditore Vittorio Palermo che quindi va ai domiciliari

LAMEZIA TERME – Dopo quasi un anno e mezzo lascia il carcere per gli arresti domiciliari Vittorio Palermo, 64 anni, di Cosenza, imprenditore e ricercatore Unical (difeso dagli avvocati Guido Contestabile, Mario Auriemma, foro di Napoli e Francesco Giovinazzo, foro di Palmi). I giudici hanno disposto la sostituzione della misura (con applicazione del braccialetto elettronico) per motivi di salute. Decisione assunta a seguito di una perizia dal tribunale collegiale di Lamezia (presidente Silvestri; a latere Regasto e Riccio).

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LE ACCUSE A VITTORIO PALERMO OGGI SCARCERATO E POSTO AI DOMICILIARI

Per l’accusa, formulata dalla Dda nell’ambito del processo “Alibante” scaturito dall’omonima operazione che fece finire in carcere anche il ricercatore, Palermo sarebbe stato uno prestanome (storico) del boss Carmelo Bagalà. Attività svolta «attraverso alcune presunte intestazioni fittizie di complessi ricettivi di Nocera Terinese e Falerna».

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Tra le contestazioni c’è anche una fattura per operazioni inesistenti – sotto forma di estorsione secondo gli inquirenti – poiché un socio della Megarredi (teste d’accusa e ritenuto parte offesa) sarebbe stato costretto a emettere in favore di Palermo (gestore dell’hotel Eurolido), una fattura di 12.225, 00 euro. Nella fattura le parti hanno attestato lavori in favore dell’hotel Eurolido, «oggettivamente inesistenti in tutto o in parte». E «per veicolare il denaro in favore del boss, Palermo – secondo le accuse – rilasciava un assegno in apparente pagamento della fattura , che veniva versato dalle parti offese sul conto corrente della stessa società Megarredi al fine di soddisfare le richieste del capocosca Bagalà e di Palermo dall’asserita estorsione».

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SCARCERATO VITTORIO PALERMO, LE ACCUSE DI PAGAMENTI A BAGALÀ

E ancora: Palermo, avrebbe elargito in favore di Bagalà parte delle somme di denaro provento dell’affitto percepito da due cooperative che gestivano il centro migranti. Si tratta della società Eurolido srl, il cui legale rappresentante era sempre Palermo, che stipulò un contratto di locazione, che prevedeva la corresponsione di un canone mensile di 13 .500 euro, con le due cooperative, mediante assegni emessi a seguito di false fatturazioni, come avvenuto nel caso sopracitato. Gli inquirenti hanno anche contestato a Palermo la vicenda della costituzione e gestione della struttura denominata “Residence degli ulivi” (formalmente riconducibile a Palermo), per un certo periodo adibita quale centro di accoglienza dei migranti.

Nel 2002, la società Turismo e Sviluppo Spa di cui era amministratore Palermo, ottenne la concessione edilizia del Comune di Falerna (i lavori finirono nel 2004) per la realizzazione di un centro turistico alberghiero. Tale concessione insisteva «su terreni che rientravano in un più ampio piano di lottizzazione che comprendeva anche la realizzazione dell’abitazione di Carmelo Bagalà, distante poche decine di metri dalla struttura: i fabbricati in questione erano quelli individuati nel Comune di Falerna limitrofi all’abitazione di Bagalà».

L’INIZIO DEL PROCESSO LEGATO ALL’OPERAZIONE ALIBANTE

Come si ricorderà, il processo è iniziato a luglio scorso davanti al tribunale collegiale di Lamezia Terme. Riguarda 29 imputati coinvolti nell’inchiesta Alibante, scattata a maggio 2021 con misure cautelari nei confronti di 19 persone (8 in carcere, 9 ai domiciliari e 2 raggiunti da una interdittiva, su 43 indagati complessivi). Gli accusati sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione di tipo mafioso, scambio elettorale politico-mafioso, corruzione, estorsione, consumata e tentata, intestazione fittizia di beni, rivelazione di segreti d’ufficio e turbativa d’asta.

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