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La ristoratrice e attivista Carlotta Preite racconta della sua adesione alla rete di sostegno e la nascita del Punto viola a Cosenza


UN RIFERIMENTO territoriale che in ogni città offra un posto sicuro alle donne vittime di molestie per strada; un luogo anonimo, rappresentato da un’attività aperta al pubblico, per accogliere di chi teme di rivolgersi all’immediata riconoscibilità di un centro antiviolenza; ma anche un primo passo per allenare la consapevolezza sulla disparità di genere e attivare pratiche quotidiane per contrastarla.

Questo è l’obiettivo e il sogno con il quale dal 4 aprile 2023, il ristorante di Rende (CS) “Tre cipolle sul comò” è diventato un Punto viola, ossia uno degli spazi che appartengono a una rete presente in tutta Italia e di cui potete leggere maggiori informazioni nell’articolo in fondo a questa pagina. Carlotta Preite, che del ristorante è maitresse (tiene a risignificare la parola riportandola alla declinazione femminile di maître), non è stata vittima di molestie o abusi, non ha maturato la propria sensibilità in ambito personale ma ha intercettato dapprima la voce chiara di donne chiave sulla tematica e poi ha scelto di essere partecipe del cambiamento con le proprie scelte personali e con l’esigenza di coinvolgere quante più persone possibile.

LA DISPARITA’ DI GENERE

Eppure, anche Carlotta ha vissuto forme di disparità di genere, di quelle meno eclatanti e più subdole come la violenza economica, tutte le volte che è stata pagata meno dei suoi colleghi uomini; e ancora di altra forma, come quella vissuta da adolescente quando ha subito una delle tante etichette che i piccoli paesi tendono a marchiare sulla pelle e la psiche di ogni giovane donna che sia ribelle, esuberante o semplicemente diversa dall’immagine consueta e rassicurante della donna.

E racconta che più di recente «erano già diversi anni che, anche se non formalmente, ero la titolare del mio ristorante ma ci lavoravo gratis perché l’attività era a nome del mio compagno. Quando è arrivata la crisi pandemica mi sono ritrovata con un pugno di mosche in mano e mi sono chiesta se un domani fosse finita la storia con Andrea a me cosa sarebbe rimasto. Era una forma di violenza economica “autoindotta”, un sacrificio lucido per sostenere le scelte di coppia, ma ero una persona che lavorava a tempo pieno in un’attività senza percepire uno stipendio così da garantire gli investimenti necessari a un ristorante che sulla carta non era neppure mio».

Proprio a questo punto nasce per Carlotta la consapevolezza di aver ceduto, a un progetto e a un sogno, l’indipendenza economica che aveva da sempre e insieme la necessità di riformulare gli equilibri economici di coppia. Al medesimo tempo, emerge in lei anche l’esigenza di voler fare più divulgazione possibile su questa e altre questioni connesse. Amici, familiari e clienti, però, non erano sufficienti ad ampliare la platea alla quale Preite voleva portare le proprie esperienze e le certezze maturate in merito alla disparità e alle violenze di genere.

L’ATTIVISMO DI CARLOTTA PREITE E LA NASCITA DEL PUNTO VIOLA A COSENZA

«Proprio nel periodo pandemico, frequentando maggiormente i social, ho intercettato il gruppo DonneXstrada e da subito ha suscitato il mio interesse perché offre l’occasione di tutelare le donne vittime di molestie per strada. – spiega – Prima ancora di capire il progetto, mi ha sorpresa il fatto che il fenomeno sia a tal punto diffuso da aver generato un gruppo così esteso di intervento su questa problematica. Sulle loro pagine social, poi, ho visto che suggerivano di creare i “Punti viola”, che sono esercizi commerciali e attività aperte al pubblico, dislocati sul territorio e in grado di porsi come primo punto sicuro nel caso di molestie».

Dopo essersi informata sulla mail, Preite viene contattata dal team di DonneXstrada che, valutando il tipo di attività e la reale intenzione di coinvolgimento nel progetto, ha scelto il ristorante “Tre cipolle sul comò” come Punto viola. «Circa un mese dopo ho fatto un breve corso in cui sono stata affiancata da una psicologa e un avvocato che mi hanno fornito quelle competenze iniziali necessarie a capire come agire in alcuni casi» spiega la ristoratrice.
«Noi, come Punti viola, non siamo sostituibili alle forze dell’ordine o ai centri antiviolenza, siamo solamente posti sicuri dove poter venire a chiedere aiuto. I passi successivi a questa iniziale richiesta d’aiuto variano da caso a caso, ma siamo stati introdotti agli step da seguire, come acquisire i dati e chiamare chi di dovere. Siamo anche istruiti sull’approccio psicologico da utilizzare che prevede, ad esempio, di rimuovere la vittimizzazione secondaria, nella quale è facile incorrere se non si è sviluppata la giusta sensibilità; ma anche evitare che chi si rivolge a noi abbia la sensazione di non essere creduta».

LA RETE DEI PUNTI VIOLA SI ESPANDE IN ITALIA MA POCO IN CALABRIA

La rete dei Punti viola si sta costantemente ampliando in Italia, ma in Calabria sono ancora pochissime le realtà che hanno intercettato questa possibilità e scelto di prendervi parte; perciò, «dobbiamo cercare di ampliare questa rete, dobbiamo essere di più. – sostiene l’attivista. E ancora, rivolgendosi a chi potrebbe avere dei timori ad avvicinarsi a questa realtà, spiega – Dal punto di vista economico non c’è alcun tipo di impegno, l’unica cosa che viene richiesta è la disponibilità. La formazione non richiede che poche ore e a noi non rimane nessun compito se non quello di accogliere le vittime, porci in ascolto attivo e procedere con i successivi passaggi chiamando le persone preposte a intervenire».

All’incertezza di chi potrebbe sentirsi non idoneo ad aiutare una donna in difficoltà Preite risponde con convinzione: «Preferisco essere non totalmente capace ma esserci. Quantomeno avrò offerto la mia presenza in quel momento di sconforto. Non dobbiamo diventare psicologi, né sostituirci alle forze dell’ordine o ai centri antiviolenza, dobbiamo solo esserci e far sapere che qui nessuno ti può fare niente e che sei al sicuro. E soprattutto dobbiamo far sapere che ci siamo; perché quando anche il molestatore saprà che esistono questi posti ciascuno di essi sarà per lui un deterrente, sarà una sorveglianza costante che vigilerà sulla sicurezza e la libertà delle donne».

L’IMPEGNO DI TRE CIPOLLE SUL COMO’

Nel suo ristorante Carlotta non dimentica mai il suo focus, da “Tre cipolle sul comò”, infatti, le clienti possono trovare la tampon box e anche il numero del centro antiviolenza sui muri del bagno, dove chiunque potrà salvare l’informazione o utilizzare il contatto proprio in quel momento.
«Ancora oggi tante persone che entrano nel nostro ristorante quando vengono accolte da me chiedono di poter parlare con il titolare; invece, la domanda giusta sarebbe chiedere se io sono la titolare. – e conclude guardando con fiducia e ferme intenzioni al futuro – Abbiamo muri possenti da abbattere e possiamo farlo con le nostre parole, con le nostre azioni e le nostre scelte. È così che romperemo abitudini e comportamenti di una società ancora fortemente patriarcale: con piccoli e costanti gesti quotidiani che da una goccia diventeranno mare».

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