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Il luogo dell'omicidio

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CASSANO ALLO IONIO (COSENZA) – Il kalashnikov inizia a crepitare quando ancora Francesco Elia e Mihita Bogdan sono in macchina. Diciannove colpi di mitra, il cui fischio viene registrato da una telecamera poco distante dal luogo della mattanza. Il nastro conserva anche una sequenza precisa di fotogrammi, che innescano i primi sospetti e suggeriscono agli inquirenti di disporre subito l’esame per rilevare l’eventuale presenza di polvere da sparo nei confronti di un paio di persone (LEGGI LE IPOTESI DEI DUE MOVENTI).

Sono queste le principali novità che segnano i primi giorni d’indagine sull’omicidio di Francesco Elia (LEGGI), quarant’anni e di professione imprenditore agricolo, e il ferimento del suo operaio romeno, Mihita Bogdan, trent’anni e adesso ricoverato nel reparto di Rianimazione di Cosenza, ma fuori pericolo di vita. Lo straniero – che sedeva sul lato passeggero – sarebbe stato il primo a cadere, ma il proiettile fortunatamente lo colpisce alla spalla, non toccando nessun organo vitale. Elia, invece, abbozza una fuga, cercando di trovare riparo nei campi, ma i sicari lo stendono dietro il portabagagli della sua Panda.

Tutti e due sono riversi sull’asfalto a pancia in giù e questo fa credere ai killer di aver portato a compimento l’esecuzione: il romeno, però, poco più tardi riuscirà a chiedere aiuto ad un parente della vittima. Intanto, gli esecutori materiali del delitto portano l’Alfa Romeo, con cui prima sbarrano la via ai due, poco lontano da lì e la danno in pasto alle fiamme.

Gli investigatori, subito dopo i primi rilievi, riescono a trovarla, ma è senza targa e praticamente irriconoscibile. Solo dopo qualche ora riescono a scoprire che si tratta di un’auto rubata nel centro di Cosenza. Il luogo in cui viene abbandonata e bruciata chiarisce qualche dubbio: i carabinieri riescono a ricostruire la via imboccata per la fuga e, proprio di quel tratto di strada, acquisiscono filmati di telecamere di videosorveglianza private. Non è ancora dato sapere se qualcuna di queste abbia ripreso precisamente il passaggio degli assassini. Di sicuro, le prime risultanze investigative fanno azzardare supposizioni, così da rintracciare alcuni uomini e portarli in caserma per sottoporli all’accertamento stub.

Ancora un rebus, invece, il cambio di residenza di Elia a Rende, peraltro fatto proprio durante il periodo di lockdown e senza che ne sia mai seguito il trasferimento effettivo di lui o della sua famiglia. Per questo, si indaga anche nella vita privata della vittima, che dopo l’assoluzione nel processo “Omnia” sembrava aver chiuso col passato per dedicarsi solo all’azienda agricola di proprietà sua e dei fratelli. Per lui, invece, viene ordita una sentenza di morte.

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