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Il provvedimento del Ministero

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COSENZA – Il protocollo d’intesa siglato dal soprintendente Pagano con il sindaco Occhiuto nel nome di Alarico «va revocato o almeno sospeso, avviando invece un’ampia riflessione sulle attività di tutela e valorizzazione da programmare ed eseguire nel territorio della Provincia».

Provvedimento del Ministero sulle ricerche per Alarico

 

Il Comitato tecnico-scientifico per l’archeologia del Ministero dei Beni culturali, nella seduta dello scorso 14 novembre, ha ribadito quello che la direzione generale del Mibact aveva già scritto alla Soprintendenza cosentina e che la sua presidente, Mariarosaria Barbera, aveva confermato in tv qualche giorno fa. E ha rincarato la dose, sottolineando «la difficile situazione in cui versa il patrimonio archeologico di Consentia, quale ad esempio l’area della domus romana di piazzetta Toscano, che è stata sequestrata dalla Procura in quanto il sito versa, già da diverso tempo, in uno stato di gravissimo degrado, con rifiuti di vario genere ed erbe infestanti che hanno invaso le strutture murarie».

GLI ESPERTI BOCCIANO L’IPOTESI DI ALARICO

 

Nel parere del Comitato si cita anche la lettera sottoscritta «da numerosi valenti studiosi» che nei giorni scorsi avevano chiesto al ministro Franceschini di bloccare il “progetto Alarico”, suscitando la reazione del sindaco di Occhiuto che nella sua di missiva al titolare del dicastero insorse contro «le ottusità divulgate da una minoritaria parte di un mondo accademico che ha più interesse a non esser smentito, piuttosto che alla elevazione delle conoscenze e del grado di civiltà».

LA LETTERA DI OCCHIUTO A FRANCESCHINI

Il Mibact, si legge nel verbale di quella seduta, si è occupato per buona parte degli anni ’90 «dell’improbabile ipotesi dell’esistenza della cosiddetta “tomba di Alarico” e del suo consistente e prezioso corredo, entro una grotta posta su un dirupo roccioso a circa 30 metri di altezza, in località Alimena del comune di Mendicino». Funzionari, soprintendenti e ispettori ministeriali scesero in Calabria per svolgere dei sopralluoghi nell’area, che compare anche tra quelle indicate nel programma di ricerca del Comune di Cosenza. «Tutti, senza alcuna eccezione, hanno confermato trattarsi di ipotesi priva di fondamento», scrive il Comitato.

DALLA STATUA INAUGURATA AL FALSO STORICO

 

Nonostante ciò, il braccio di ferro con i privati, che chiedevano di scavare nell’area, andò avanti per lungo tempo, fino alla concessione di un nulla osta per «semplici lavori di rimozione di detriti». Il risultato? Pur in assenza di «una formale concessione di scavo», il Mibact dal 1998 riceve «reiterate quanto indebite richieste di premio di rinvenimento», sfociate in una causa civile. Il soprintendente Pagano, dice il Comitato ministeriale, avrebbe dovuto mostrare «maggiore cautela», prima di firmare un protocollo, «per il quale non risulta attivato alcun confronto scientifico e istituzionale né con la Direzione generale archeologia, Belle arti e Paesaggio, né con il segretario regionale, che peraltro fino a qualche mese prima aveva anche diretto ad interim l’allora Soprintendenza per l’Archeologia competente».

Per il Comitato «non esistono i presupposti scientifici per un programma che impegni personale e attrezzature della Soprintendenza, per non dire nell’immagine pubblica, in iniziative discutibili e prive di basi storiche condivise dagli studiosi di quel periodo e di quel territorio».

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