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CATANZARO – La ‘ndrangheta globalizzata anche all’estero è ormai in grado di sfruttare tutte le opportunità offerte dai differenti sistemi normativi privilegiando l’insediamento in Stati meno attivi sul piano della cooperazione giudiziaria e dove risulta più agevole il reinvestimento dei capitali illeciti. Per questo servono «criteri unitari d’azione» per frenare l’espansione della mafia calabrese e «una maggiore omogeneità sul piano penale».

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Non a caso nella relazione del secondo semestre del 2021 realizzata dalla Dia (Direzione investigativa antimafia) viene richiamato il progetto I-Can (Interpol Cooperation Against ‘ndrangheta) che coinvolge le forze di polizia e la Dia al fine di accrescere la cooperazione internazionale nell’azione di contrasto alla ‘ndrangheta.

Del resto, la criminalità organizzata italiana sta assumendo una connotazione transnazionale al punto da rappresentare un «pericolo globale e crescente per la sicurezza degli Stati, delle loro economie e dei diritti dei cittadini».

Conseguentemente, l’attività di contrasto alle mafie è diventata «una priorità per l’intera comunità internazionale e europea», come evidenziato anche dal documento strategico “Valutazione delle minacce gravi e della criminalità organizzata nell’Unione Europea SOCTA– 2021” licenziato il 12 aprile 2021 da Europol.

Ed è proprio la ‘ndrangheta tra i «maggiori protagonisti» del crimine transnazionale per la sua «spiccata vocazione economico imprenditoriale a livello globale». Le ‘ndrine hanno assunto un ruolo di leadership mondiale nel narcotraffico per l’ormai consolidato rapporto con i narcos sudamericani, grazie ai quali è divenuta una holding di «rilevantissimo spessore internazionale».

Anche per questo «il potere e la diffusione capillare della ‘ndrangheta rendono necessario ed inderogabile a livello nazionale ed internazionale l’opera di educazione presso la società civile e di contrasto nei suoi confronti, che richiede una stretta collaborazione tra le istituzioni e le forze di polizia dei Paesi coinvolti».

Per gli analisti della Dia una spia della capacità dei clan di espandere la propria sfera d’influenza oltre confine emerge anche dai lunghi periodi di latitanza trascorsi dai boss calabresi all’estero, a riprova anche di una capillare ramificazione al di fuori dai confini nazionali.

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