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Anna Parretta, presidente regionale di Legambiente

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L’intervista ad Anna Parretta, presidente regionale di Legambiente, sul tema dell’eolico in Calabria

ANNA Parretta, avvocato, presidente di Legambiente Calabria al suo secondo mandato e convinta sostenitrice dell’ambientalismo scientifico, «l’unico in grado di produrre conoscenza consapevole», ritiene che sui cambiamenti climatici in corso, alcune scelte vadano fatte e in fretta. Anche se cambieranno i nostri stili di vita e di consumo.

Presidente, la Calabria con i suoi 440 impianti eolici pare contribuisca per il sette per cento alla produzione nazionale di energie rinnovabili.

«Non è proprio così. Iniziamo col dire che deve essere chiaro a tutti che per limitare gli effetti negativi della crisi climatica e della crisi energetica compreso il caro bollette che sta arricchendo le grandi imprese energetiche a scapito di ambiente e collettività, per rispettare gli impegni fissati dall’Europa e per renderci indipendenti sotto il profilo energetico, l’intero Paese deve tagliare in maniera veloce, drastica, il consumo dei combustibili fossili. È vitale che le energie rinnovabili, alternative alle fonti di energia tradizionale prodotte con combustibili fossili come carbone, gas naturale e petrolio, diventino entro il 2030 la prima fonte di energia. Ricordiamo anche che secondo i dati raccolti da Irena che è l’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili, entro il 2030 l’eolico sarà una delle maggiori fonti di energia riuscendo a soddisfare il ventiquattro per cento circa, del fabbisogno energetico globale».

Soffermandoci sulla situazione calabrese, qual è il nostro contributo reale?

«In questo quadro generale la Calabria produce il 5,7 dell’energia da fonti rinnovabili rispetto al totale italiano per l’equivalente – secondo i dati Terna a fine 2022 – dell’1,9 rispetto ai consumi nazionali. Attualmente, quindi, rispetto al totale prodotto in Italia tra tutte le fonti – il settantacinque per cento arriva da fossili – eolico e solare restano sotto il venti per cento, 19,2 precisamente, e stiamo parlando solo dell’energia elettrica, a cui dobbiamo sommare il fabbisogno relativo all’energia termica e alla mobilità. I parchi eolici esistenti in questo momento sono 433. Danno un contributo del 14 per cento rispetto al fabbisogno regionale e a questo va aggiunto il 4,5 per cento di solare. Questi dati ci dicono con chiarezza che la percentuale è molto bassa rispetto agli obiettivi prefissati di decarbonizzazione. E stiamo parlando solo della parte elettrica».

Attualmente, però, sono centocinquantasette i progetti, anche offshore, in fase di valutazione sull’eolico in Calabria.

«I centocinquantasette progetti per complessivi 13 gigawatt sono numeri che si riferiscono alle richieste a Terna. Bisogna chiarire che il “Piano aree idonee” assegna alla Calabria 3,1 gigawatt e quindi questi progetti non saranno tutti realizzati entro il 2030. Se guardiamo i dati complessivi del Sud per capire anche cosa sta succedendo nelle altre regioni, la Puglia, per esempio, ha oltre 1200 richieste per 82 gigawatt, la Basilicata ne ha 1900 per 182 gigawatt e la Sicilia ne ha oltre 1000 per oltre 80 gigawatt. Il pacchetto Fit for 55 impone sfide molto più alte: nel settore elettrico entro il 2030 bisognerebbe installare 70 gigawatt di nuove capacità rinnovabili. Alla luce di questi dati, per raggiungere l’obiettivo della decarbonizzazione è evidente che in Calabria servono molti più impianti».

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Una puntualizzazione fatta da chi non vede di buon occhio l’eolico è che i calabresi, finora, per questi impianti non hanno goduto di alcun beneficio.

«Io non so se non hanno goduto di benefici ma per quanto riguarda le possibilità create dagli impianti di energia rinnovabile, bisogna essere chiari. Iniziamo col dire che sicuramente serve un cambio di prospettiva perché alla Calabria serve un Piano energetico regionale proprio per evitare gli errori del passato, serve una cabina di regia attraverso la quale evitare che i progetti si sovrappongano: pensiamo al Golfo di Squillace dove sono previsti diversi impianti offshore, chiaramente non tutti saranno realizzati. Servono delle regole chiare e trasparenti per tutti, sia per i cittadini che per le imprese.
E le amministrazioni locali che finora hanno tratto benefici relativi anche nella realizzazione di impianti che sono stati installati, diciamo, in maniera un po’ disordinata sul territorio. Senza una vera programmazione e una visione complessiva, devono, invece, avere la capacità di immaginare il futuro trasformando quelle che sono le possibilità energetiche della Calabria, che è terra di sole e di vento, in opportunità, attraverso la creazione di posti di lavoro in una regione come la nostra, dove si continua ad emigrare oppure attraverso la riduzione della povertà energetica creando comunità dove il prezzo dell’energia sia minore. Infine, pensiamo anche alla possibilità di fare ricerca sulle energie rinnovabili creando, per esempio, degli appositi centri e questi sono solo alcune delle opportunità che possono essere realizzate sul territorio.
Se parliamo di posti di lavoro, il parco eolico offshore presentato da Medwind in Sicilia, si calcola che porterà almeno 1100 posti di lavoro nel settore, 2,3 posti di lavoro ogni magawatt di progetto. Soffermiamoci anche sullo sviluppo dei porti – se ne è parlato anche per Gioia Tauro – o sulla manutenzione degli impianti. Bisogna avere la capacità di visione e di programmazione accettando questa sfida che può essere un’opportunità di sviluppo ecosostenibile per la Calabria».

Le divisioni nel mondo ambientalista sull’argomento, però, sono tante e profonde in una regione come la nostra a forte vocazione turistica.

«Diciamo subito che la percezione del paesaggio è soggettiva e i problemi del turismo in Calabria, a mio parere, non sono certamente i parchi eolici ma la maladepurazione: abbiamo ancora centocinquanta depuratori in procedura di infrazione comunitaria, abbiamo il quaranta per cento delle abitazioni non collettate alla fognatura, il ciclo di gestione dei rifiuti è quello che è, non riusciamo ad uscire dalla logica delle discariche e assistiamo continuamente alla piaga dell’abbandono dei rifiuti sul territorio che non è certo un bel biglietto da visita per i turisti che vengono nella nostra regione.
Vogliamo poi parlare dell’abusivismo edilizio? E i rigassificatori previsti a Crotone e Gioia Tauro, l’ultimo di quarantasette ettari, che a livello regionale viene considerata una priorità? Queste, insieme ad altre, sono le problematiche che incidono sul turismo e non certo i parchi eolici. La Germania ha duecento parchi eolici sui quali addirittura è stata costruita una guida turistica.
Molte polemiche, ultimamente, sono sorte sull’impatto che avrebbero i parchi eolici offshore. Vorrei ricordare che una pala di un parco eolico offshore a dodici chilometri di distanza si vede grande 1,5 centimetri, una pala a ventotto chilometri si vede alta poco più di mezzo centimetro. I parchi eolici previsti in Calabria hanno una distanza da dodici chilometri ad oltre quaranta come quello previsto al largo di Monasterace. Quindi il disturbo visivo è praticamente nullo».

I pescatori, però, non nascondono una certa preoccupazione per la loro attività.

«In realtà non è vero neanche questo perché al limite qualche impedimento alla pesca potrebbe esserci solo in prossimità delle pale ma sulla questione si sta discutendo proprio per evitare questo tipo di problematiche. Le pale eoliche del Golfo di Squillace, per esempio, dovrebbero avere una tecnologia fluttuante, non essere infisse sul fondo del mare, e porterebbero dei vantaggi sia impedendo la pesca a strascico che consentendo la ripopolazione della fauna marina».

Parliamo ora di infiltrazioni mafiose di cui già in passato si è parlato in relazione al business dell’eolico.

«Nel nostro Paese, purtroppo, in tutti i campi dove ci sono interessi economici possono verificarsi delle illegalità. Noi disegniamo la situazione italiana e, in particolare, quella delle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa tra cui la Calabria nel nostro annuale rapporto ecomafia e quindi anche nel campo delle energie rinnovabili questo è un fenomeno che si può verificare come in tutti gli altri settori. Serve quindi analizzare i problemi, serve il coinvolgimento e la partecipazione dei cittadini, dei territori, serve il controllo. Gli impianti devono essere impianti puliti in tutti i sensi, sia sul piano dell’energia che dal punto di vista della legalità».

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