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Resta avvolta nel mistero la scomparsa di Lea Garofalo, la collaboratrice di giustizia originaria di Petilia Policastro della quale non si hanno notizie dal novembre scorso. «Noi ci speriamo, ma le possibilità di trovare Lea Garofalo ancora in vita sono ridotte». A parlare così è il procuratore capo dell’Antimafia di Campobasso, Armando D’Alterio, a pochi giorni dall’arresto di Massimo Sabatino, campano, di 37 anni, e Carlo Cosco, 40 anni, di Petilia Policastro (Crotone), ex convivente della donna. I due sono finiti in carcere la scorsa settimana per il tentato rapimento della Garofalo. Il fatto è avvenuto a maggio 2009. Il riparatore di elettrodomestici che si era presentato nella casa della donna sarebbe proprio Sabatino, individuato grazie alle impronte digitali, mentre il sequestro lo avrebbe ordinato Carlo Cosco, allo scopo di bloccare le rivelazioni della donna (collaboratore di giustizia dal 2002) sulle sue presunte attività legate alla ‘ndrangheta calabrese. Lea Garofalo è scomparsa a Milano il 24 novembre dell’anno scorso, dopo aver lasciato la figlia con alcuni parenti. A denunciarne la scomparsa era stato l’ex convivente che doveva accompagnarla alla stazione. Gli inquirenti sono ora a caccia delle prove per accertare se il tentativo di sequestro andato a vuoto a Campobasso sia andato a buon fine a Milano. Di fatto, nei giorni in cui Lea Garofalo e la figlia soggiornavano a Milano, in città si trovavano anche Carlo Cosco e Massimo Sabatino. I due saranno interrogati oggi – ha aggiunto il procuratore della Dda di Campobasso, e restano i principali indiziati.

LA CONFERENZA STAMPA A CAMPOBASSO – L’ultimo a vedere Lea Garofalo, a fine novembre del 2009 a Milano, è stato dunque, Carlo Cosco suo convivente. La donna aveva raggiunto il capoluogo lombardo insieme alla figlia Denise, perchè la ragazza aveva deciso di avvicinarsi al padre. Da quel momento, però, della ex collaboratrice di giustizia si sono perse tutte le tracce. La cercano gli investigatori delle Dda di Campobasso, Milano e Catanzaro, coordinati dalla dottoressa Maria Vittoria De Simone della Direziona nazionale antimafia. La vicenda della donna è stata ricostruita oggi dal procuratore di Campobasso, Armando D’Alterio, nel corso di una conferenza stampa. La sua collaborazione era iniziata nel 2002 e per questo le era stato assegnato un programma provvisorio di protezione su richiesta della procura di Catanzaro. Lei era a conoscenza di fatti e circostanze precise legate a episodi di cronaca che riguardavano le cosche della `ndrangheta di Petilia Policastro (Crotone); per questo il 31 luglio del 2002, dopo il riconoscimento dello status di collaboratore, era stata trasferita a Campobasso. Programma che successivamente le era stato revocato (16 febbraio 2006) per essersi allontanata dalla località protetta. Dopo un suo ricorso al Tar, respinto, il Consiglio di Stato dispone il reintegro nel programma di protezione al quale però rinuncia. Va via da Campobasso e torna a Petilia Policastro dove nella sua abitazione viene attivato un servizio di vigilanza radiocontrollata. Dopo un pò di tempo decide di tornare a Campobasso «perchè città tranquilla» ha detto il procuratore D’Alterio, dove riprende i contatti con il suo convivente. Ma i litigi continuano e lei, in un momento di ira, lo caccia da casa e resta per alcuni giorni da sola. Da qui – dicono gli inquirenti – nasce in Cosco l’idea di vendicarsi. Lui è a conoscenza che un tecnico andrà nell’abitazione di Lea Garofalo per la riparazione e chiede a Massimo Sabatino di sostituirsi all’uomo. Lui entra in casa e tenta di soffocare la donna, ma la sua strenua difesa e l’intervento della figlia Denise mandano all’aria il progetto. Su questo episodio ci sono riscontri oggettivi: le impronte digitali di Sabatino sulla lavatrice e in alcune zone dell’appartamento. Accertati i collegamenti tra i due uomini (Cosco e Sabatino) il gip di Campobasso, Teresina Pepe, emette due ordinanze di custodia cautelare. La prima viene eseguita dai carabinieri del capoluogo molisano a Petilia Policastro dove arrestano Carlo Cosco, la seconda viene notificata a Massimo Sabatino nel carcere di San Vittore a Milano dove è recluso per altro reato.

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