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ROCCA DI NETO (KR) – Da Rocca di Neto a Manhattan. I tentacoli della cosca Corigliano-Comito si allungavano fino allo Stato di New York tant’è che sono scattate anche perquisizioni negli Usa in un’inchiesta collegata a quella che ieri ha portato a 18 fermi contro la ‘ndrina (ma sono 32 gli indagati).

Associazione mafiosa, narcotraffico, estorsioni e reati in materia di armi le accuse contestate dal pm Antimafia Domenico Guarascio, che ha coordinato l’indagine condotta dalle Squadre Mobili delle Questure di Crotone e di Catanzaro e dallo Sco della polizia di Stato, ma nel procedimento parallelo c’è lo zampino del Fbi. Episodi estorsivi sarebbero stati compiuti anche nell’area di Manhattan. L’inchiesta, avviata nel marzo 2020, è partita proprio su input di un rapporto informativo del Fbi.

Del resto, uno dei collaboratori di giustizia sentiti nel corso dell’inchiesta, l’ex boss della Valle del Neto Francesco Oliverio, agli inquirenti della Dda di Catanzaro ha riferito di un’attività di riciclaggio in Usa che sarebbe stata compiuta da Antonio Iona e di una “collaborazione” tra esponenti del clan e persone residenti a New York. Lo stesso Iona che, durante una riunione a casa di Pietro Corigliano, considerato il vertice della ‘ndrina, viene indicato come uno che si era trasferito negli Usa per motivi di sicurezza (“sennò se lo pulivano”), mentre il suo interlocutore, Ernesto Toscano, ne esalta le “capacità”.

«È arrivato là ed ha aperto supermercati…dice che quando erano là… i soldi arrivavano nei sacchetti neri dal Paraguay, dall’Uruguay».  La rogatoria chiesta dalla Dda guidata dal procuratore Nicola Gratteri e la comunicazione dell’autorità giudiziaria statunitense di imminenti perquisizioni ha quindi determinato una discovery che ha indotto gli inquirenti ad eseguire il fermo.

L’inchiesta avrebbe accertato l’operatività della cosca nella Valle del Neto. Tra le vittime i titolari della clinica Romolo Hospital che sarebbero stati costretti a versare un pizzo mensile di duemila euro. Le mazzette nelle intercettazioni erano mascherate sotto forma di cornetti da consegnare in quanto un gruppo di dipendenti della clinica avrebbe avvisato gli esattori del clan quando appunto cornetti e  caffè erano “disponibili”.

Per esempio, agli inquirenti non è sfuggita la consegna di 30 cornetti del 4 gennaio 2021, per festeggiare il nuovo anno, così come non sono sfuggite le intercettazioni da cui si desumerebbe una spartizione dei proventi, ma il riscontro l’avrebbe fornito un controllo di un’auto durante il quale gli indagati sono stati trovati in possesso di duemila euro in contanti. Il monitoraggio degli indagati avrebbe consentito di fare luce anche sulla disponibilità di armi da fuoco e di documentare il loro effettivo utilizzo, durante una prova compiuta dagli indagati in una zona isolata del territorio di Rocca di Neto.

Non a caso nel corso di mirati servizi furono sequestrati quattro fucili e una pistola. Per fortificare la loro supremazia gli indagati avrebbero preso di mira anche un distributore automatico di snack e bevande della ditta Saibabar. L’inchiesta ha sgominato anche un traffico di stupefacenti, principalmente di cocaina e marijuana: gli indagati avevano vari fornitori in provincia e poi smerciavano la droga a Rocca di Neto, affare che era appannaggio della famiglia Comito. Le attività di videoripresa hanno permesso di disvelare luoghi, abilmente mimetizzati nell’ambiente locale e identificabili soltanto attraverso la disposizione di specifici segnali disposti nelle immediate vicinanze, presso cui gli indagati occultavano quantitativi di narcotico, anche ingenti, in base alle esigenze quotidiane di rifornimento del mercato locale. Il sequestro più consistente di marijuana nel corso delle indagini è stato di oltre un chilo.

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