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Nicolino Grande Aracri

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I nuovi equilibri mafiosi a Cutro e l’emergere di coloro che volevano riorganizzare la cosca sterminata dal boss Grande Aracri


CUTRO – «L’amministratore è cambiato». Nuovi equilibri mafiosi, frutto di accordi e di ricomposizioni, scompaginerebbero la geografia ’ndranghetistica acclarata dalle sentenze. Le richieste di estorsioni da parte di esponenti della famiglia Ciampà, imparentata con i Dragone cosca sterminata nella guerra di mafia vinta dal boss di Cutro Nicolino Grande Aracri, hanno questa chiave di lettura, secondo gli inquirenti. I Ciampà si sarebbero, infatti, avvicinati a Francesco e Salvatore Martino, figli di Vito, storico componente del gruppo di fuoco della cosca Grande Aracri, tradizionalmente avversa ai Dragone.

Dall’indagine che l’altra notte ha portato a cinque arresti contro le nuove leve dei clan è emerso che Giuseppe Ciampà, anche in vista dell’imminente scarcerazione del fratello Antonio, entrambi già condannati per l’omicidio di Salvatore Blasco e nipoti del boss Antonio Dragone, pure lui ammazzato, voleva riorganizzare il clan che ha dovuto soccombere in seguito all’ascesa del boss Grande Aracri. Giuseppe Ciampà si diceva pronto a reclutare nuovi affiliati mostrandosi profondo conoscitore dei rituali di ‘ndrangheta. «Me lo hanno insegnato… all’epoca Dragone me lo ha detto: “Mi presento con favella”». Suo fratello Antonio, per esempio, sarebbe stato uno che “si porta”. Ciò con riferimento al fatto che il suo nome potrebbe figurare nella “copiata”, l’organigramma dei clan su cui si fanno i giuramenti di ‘ndrangheta.

Da qui a dire che la supremazia non sarebbe più del capocrimine ergastolano Grande Aracri e che Giuseppe Ciampà avrebbe assunto una posizione di predominio negli ambienti criminali ce ne corre. Ma di sicuro ci sono segnali di una pax all’insegna degli affari, per spartirsi il territorio. Per spartirsi vittime da spolpare. Ecco perché, di fronte a un simile scenario, l’allarme sociale era altissimo. Al punto che un imprenditore, commentando il fatto che i personaggi scarcerati si stavano rimettendo all’opera vessando le attività economiche, manifesta l’intenzione di andare via da Cutro (LEGGI).

Gli inquirenti sono saltati letteralmente dalla sedia quando hanno ascoltato Giuseppe Ciampà che manifestava l’intenzione di “fare il paese nuovo”. Un chiaro programma di reclutamento di nuovi affiliati. «Per fare il paese giustamente nuovo, ci vogliono delle persone, una per ogni paese, perché io non mi posso alzare domani mattina e dico “devo formare il paese”». Riferendosi a un suo “zio” la cui scarcerazione sarebbe imminente, l’indagato avrebbe affermato: «quando esce può prendere decisioni». C’è anche il vademecum del mafioso provetto. «Dopo tanti anni di galera non è che devi fare il malandrino per dire “sono malandrino, vado in piazza, oggi comando io” … Se metti il massimo riserbo, il massimo rispetto, non è che sei stonato».

Ma c’era anche la necessità di “farsi sentire un pochettino”, una volta usciti dal carcere, in modo tale da mantenere “la linea e la personalità”. Una vera e propria chiamata alle armi: «Vent’anni di carcere e una posizione non la riusciamo a prendere? Automaticamente devi fare un passo avanti». Ecco perché bisognava «mandare a chiamare le persone ed organizzarsi».
Salvatore Martino ascolta la conversazione in silenzio, e alla fine pronuncia una sola ed inequivocabile frase: «L’amministratore è cambiato», riferendosi presumibilmente al fatto che allo stato attuale Giuseppe Ciampà «rivestirebbe una posizione di predominio», osservano i pm Antimafia Domenico Guarascio e paolo Sirleo nella richiesta di misura cautelare.

La riorganizzazione del clan non significava però dichiarare guerra aperta alle famiglie contrapposte. Piuttosto, si assiste al riavvicinamento di opposte fazioni criminali anche in virtù di parentele acquisite. Al cugino Salvatore Martino, durante una conversazione registrata in contrada Scarazze, nei pressi dell’abitazione di Giuseppe Ciampà, questi avrebbe manifestato la preoccupazione per le voci di denunce degli imprenditori estorti. «Non mi piace questa situazione…già li abbiamo addosso addosso…già mi hanno infangato. Nel senso che stanno parlando… che stanno parlando assai… dice che io con un altro sto cercando soldi… ma quali soldi devo cercare io?».

Inequivocabile, sempre secondo gli inquirenti, il senso di un’altra intercettazione. Più che un cambio di comando, una spartizione tra le nuove leve. «Allora è giusto il discorso che gli hanno fatto, ve lo siete diviso il paese…». «Ormai si è diviso».

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