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Il presunto capo dell’organizzazione imprenditoriale accusata del losco business sui depuratori si sarebbe rivolto alle cosche per far arrivare minacce a un dipendente-sindacalista

CIRÒ MARINA – Tentacoli sulla depurazione? Sembrerebbe proprio di sì. Almeno stando a uno della fitta serie di capi d’imputazione contestati al catanzarese Mario Minieri, ritenuto dalla Dda di Catanzaro a capo del gruppo imprenditoriale che avrebbe ordito un sistema attraverso cui, grazie a ribassi considerevoli, sarebbe riuscito ad aggiudicarsi gli appalti per la gestione degli impianti di mezza Calabria. Minieri, amministratore della Mke srl, è accusato anche di tentata estorsione con l’aggravante mafiosa poiché sarebbe il mandante delle minacce rivolte al dipendente Giulio Trifino affinché desistesse dall’intraprendere iniziative sindacali volte a ottenere le spettanze e ritirasse una denuncia. Due persone non identificate si sarebbero presentate dal dipendente a casa sua, con fare allusivo, mimando il gesto del taglio della gola. Evocando quindi l’appartenenza a consorterie criminali, nel feudo del “locale” di ‘ndrangheta di Cirò. Il mandante di quella spedizione punitiva è considerato appunto l’imprenditore.

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INCHIESTA SUI DEPURATORI, LE MINACCE AL DIPENDENTE TRIFINO

Siamo nel settembre 2021. È in corso un’ispezione dei carabinieri del Noe al depuratore di Cirò Marina. Nel corso del controllo, alcuni dipendenti interloquiscono con i militari lamentando il fatto di non essere pagati regolarmente. Trifino sottolineava di essersi rivolto ai sindacati ma sarebbe stato indotto dal datore di lavoro a ritirare una denuncia. L’uomo non fu in grado di identificare le persone che lo avrebbero minacciato, ma ricordava benissimo che lo invitavano a ritrattare le denunce. «Se si chiudeva il tutto bonariamente sarebbe stato meglio». Il lavoratore non si fece intimidire e denunciò anche le minacce. “Mario Minieri smettila di mandarmi persone a casa a minacciarmi”, scrisse via chat all’indagato senza ottenere risposta.
Stipendi in ritardo e cattiva conduzione dell’impianto, anche a Cirò Marina, andavano di pari passo.

LA MALA GESTIO DELL’IMPIANTO DI CIRÒ MARINA

Il depuratore, che venne peraltro sequestrato, fu affidato dal 2014 per cinque anni più varie proroghe per un importo di quasi tre milioni e mezzo di euro dal Comune che pure lamentava la mala gestio. «Di nuovo è pieno, dimmi ‘sto motivo, non è una fognatura… quella è fognatura puzzolente, c’è il canalone pieno, c’è una puzza, esce acqua nera nera, non lo posso tenere in queste condizioni», affermava l’assessora comunale Vincenza Crogliano in una conversazione intercettata durante la quale si mostrava particolarmente irritata nei confronti della società, lasciando prefigurare denunce in Procura. Mke srl gestiva l’impianto a insieme a Servizi Ambiente srl. Si era fermato il carroponte e il depuratore venne sequestrato.
Per Minieri era una persecuzione da parte della polizia giudiziaria: «che ci posso fare». Un capo operaio escludeva che fossero state fatte le necessarie operazioni di dissabbiatura mentre Mke sosteneva il contrario. L’assessora protestava in maniera vibrata e pretendeva un report fotografico: «Mi sembra di essere presi in giro, io non ci sto».

LA CATTIVA GESTIONE DEI DEPURATORI NEL CROTONESE

Problemi analoghi erano anche in altri depuratori colabrodo del Crotonese. «Abbiamo scaricato per un po’ in un letto, pure per provare, solo che sono tutti uno scolapasta», diceva, a proposito dell’impianto di Savelli, un operaio della Mke a uno dei dirigenti della società finito in carcere, Giuseppe Donatello Valentino, che ipotizzava di tappare i buchi con colate di cemento. Del resto, Donatello aveva contezza dei problemi dell’impianto e forse sapeva di essere finito nel mirino delle Procure. «Ci fanno il c… sicuro… Quando siamo andati a Savelli?». «Ok, ci arrestano», risponde l’interlocutore. A Caccuri, invece, «l’impianto è abbandonato, non c’è cloro, non funziona la pompetta, c’è fango». Altro che persecuzione.

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