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Gli impianti di depurazione

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Inchiesta depuratori, 18 misure cautelari e 6 aziende sotto sequestro: vincevano con maxi ribassi e poi sversavano i fanghi nei fiumi. Accuse di inquinamento, frode e traffico di rifiuti


UNA serie di reati di carattere ambientale quelli contestati a vario titolo ai 18 indagati coinvolti nell’operazione denominata “Scirocco”. Coordinata dalla Dda della Procura della Repubblica di Catanzaro, ieri mattina ha portato all’arresto di quattro persone, con 13 soggetti ai domiciliari e uno con l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Blitz che ha toccato la provincia del capoluogo di regione oltre a quelle di Cosenza e Vibo Valentia disvelando la gestione illecita dei depuratori comunali.

Nell’ambito dell’inchiesta sui depuratori, le indagini durate due anni, dal 2021 al 2022, hanno portato i carabinieri del Nucleo operativo Centrale e Cooperazione Internazionale del Comando per la Tutela Ambientale e la Sicurezza Energetica, del Nucleo Operativo Ecologico di Catanzaro e del Gruppo Carabinieri Forestali di Catanzaro, supportati in fase esecutiva da militari dei Comandi Provinciali Carabinieri di Catanzaro, Cosenza e Vibo Valentia, nonché dall’8° Nucleo Elicotteri CC di Vibo Valentia ad eseguire un’ordinanza di custodia cautelare personale e reale, emessa dal gip del Tribunale di Catanzaro, Mario Santoemma, nei confronti delle 18 persone iscritte nel registro degli indagati.

Inquinamento ambientale, frode in pubblica fornitura, traffico illecito di rifiuti sono le accuse. Sei sono le società sottoposte a sequestro per un valore di 10 milioni di euro. I dettagli dell’inchiesta sui depuratori sono stati illustrati dal procuratore facente funzione di Catanzaro, Vincenzo Capomolla, assieme al generale Fernando Nazzaro, comandante per le Tutela ambientale e sicurezza energetica, al colonnello Giovanni Misceo, comandante regionale dei carabinieri forestali, al tenente colonnello Giovanni Pellegrino, al comandante reparto operativo di Roma; al comandante Gruppo Tutela Ambiente e Transizione Ecologica Antonio Mancini, al tenente Giuseppe Salvatore Murè del Noe e al comandante gruppo forestale di Catanzaro Donatello Cirillo, nel corso di una conferenza stampa tenutasi in Procura.
«L’indagine ha riguardato una serie di reati sotto il profilo ambientale e della pubblica amministrazione in un contesto di associazione a delinquere. L’importanza e la specificità dell’operazione stanno nei profili tecnici che attengono la gestione dei depuratori. Sia per il trattamento delle acque che dei rifiuti. Difatti sono intervenuti, gruppi specializzati dei carabinieri, perché si è andati oltre il semplice malfunzionamento dei depuratori e degli impianti» ha specificato Capomolla. «La strategia dell’azienda che gestiva ben 34 impianti nelle cinque province era quella di non svolgere tutto ciò che era richiesto dal contratto di appalto. Con risparmi a discapito della tutela dell’ambiente, senza manutenzione. Con sversamenti nel terreno con conseguenti danni per l’ambiente – ha aggiunto – Tutto ciò sarebbe stato svolto in modo organizzato».

Da quanto appurato dagli inquirenti, infatti in diverse occasioni, sarebbe stato accertato che le acque non depurate finivano direttamente nei fiumi. E quindi in mare, o sul terreno circostante, con gravi conseguenze per l’ambiente e le persone. L’inchiesta nasce da una comunicazione di notizia di reato emanata dall’Arpacal di Catanzaro in seguito ad un accertamento effettuato ad agosto del 2020 all’impianto di depurazione di Soverato-Montepaone, avendo notato delle gravi anomalie nella depurazione delle acque. Da qui, la richiesta di intervento e una più approfondita indagine da parte dei carabinieri. Tra gli impianti interessati dalle indagini sotto la lente degli inquirenti, anche quelli di Nocera Terinese, Soveria Mannelli e Caraffa.
Tra le ipotesi di reato contestate ai titolari delle aziende sequestrate. Quella che ottenessero illeciti profitti attraverso l’abbattimento dei costi di gestione degli impianti di depurazione, determinato principalmente dal parziale trattamento dei fanghi prodotti dalla lavorazione delle acque reflue, nonché dalle mancate manutenzioni previste dai capitolati d’appalto.

«Una gestione assolutamente deficitaria, con l’inadempimento dei contratti stipulati e di tutte le prescrizioni previste dai capitolati e con l’illegale sversamento dei rifiuti e dei fanghi. Il tutto avvenuto attraverso anche tutta una serie di attività di falsificazione della documentazione dei formulari identificativi dei rifiuti», ha poi aggiunto Capomolla. Importante la sinergia tra le Forze di polizia a tutela dell’ambiente. Come evidenziato dal generale Nazzaro, che ha parlato di come i titolari delle imprese che si aggiudicavano i bandi per la manutenzione dei depuratori. Lo facevano con ribassi che arrivavano anche al 54%, comportando l’abbattimento dei costi di gestione omettendo interventi di manutenzione e quindi lo sversamento di acque reflue sul suolo e nei corsi idrici ricettivi e sversamenti in mare. Altre volte attraverso i fanghi di depurazione il prodotto finale del processo di lavorazione delle acque reflue che si dovrebbero conferire in impianti ad hoc.
Da qui la rilevazione della falsificazione della documentazione d’accompagnamento dei rifiuti. Mentre il colonnello Misceo, ha posto l’attenzione su come la gestione illecita di rifiuti possa coincidere con l’inquinamento ambientale. Con effetti deleteri e devastanti sull’ambiente oltre che sulla salute e sui cittadini.

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