X
<
>

Gli indagati Mario Esposito (con una cartellina) e Antonio Costantino

Condividi:
4 minuti per la lettura

Sei le misure cautelari disposte dal gip di Catanzaro nell’ambito dell’operazioen Krimata. Bufera sul gruppo Marrelli per frodi fiscali

CROTONE – Tutto è partito dalle indagini sui lavori di ristrutturazione dell’ex clinica Villa Giose, l’attuale Marrelli Hospital, e sotto la lente sono finite fatture per operazioni inesistenti per 5 milioni relative, tra l’altro, alla costruzione del nuovo edificio per la radioterapia: alla fine sarebbe stata fatta luce su un articolato sistema di frode fiscale, o presunto tale, che avrebbe il suo perno fondante in Mario Esposito, 69enne di Isola Capo Rizzuto ritenuto imprenditore di riferimento della cosca Arena, e Lorenzo Marrelli, 50enne crotonese, nipote di Massimo, capo dell’omonimo gruppo societario della sanità privata.

Sei le misure cautelari disposte dalla gip distrettuale di Catanzaro Arianna Roccia, che ha applicato la misura in carcere per Esposito, gli arresti domiciliari per Lorenzo Marrelli, oggi amministratore di buona parte delle società del gruppo, l’interdizione dalla professione per i commercialisti crotonesi Francesco Quattromani (52) e Andrea Valenti (40) e l’obbligo di dimora a Isola per i titolari di società cartiere Antonio Franco (47) e Antonio Costantino (41). C’è un indagato per riciclaggio, Gennaro Sciumbata (64), per il quale la gip non ha accolto la richiesta di misura cautelare; ma la gip ha anche escluso l’aggravante mafiosa contestata dalla Dda di Catanzaro, pur riconoscendo la presunta associazione a delinquere. In tutto 56 gli indagati.

L’hanno chiamata operazione “Krimata”, che in greco antico sta per ricchezza. L’inchiesta, condotta dalla Guardia di finanza di Crotone e coordinata dai pm Antimafia Domenico Guarascio, Paolo Sirleo e Pasquale Mandolfino, è scattata nel 2017, quando sarebbe emerso che le società del gruppo Marrelli avrebbero utilizzato la Iuledil per ricevere numerose fatture relative a operazioni inesistenti. Direttamente, nei confronti di società del gruppo, e nei confronti di terze imprese che le hanno rigirate sempre a società del gruppo.

In particolare, la somma delle fatture emesse da Iuledil e Tfc sarebbe di oltre 2,4 milioni. Le fatture si riferiscono alla ristrutturazione del Marrelli Hospital, alla costruzione di radioterapia della Inmar srl, a lavori edili presso le sedi di altre società della famiglia Marrelli. Una parte consistente, oltre 1,1 milioni, sarebbe relativa a operazioni inesistenti. Attraverso questo sistema il gruppo Marrelli avrebbe corrisposto a Iuledil oltre 2,2 milioni, anche mediante pagamenti di più forniture e appalti, così da creare una frammentazione di fatturazione per importi modesti rispetto a un unico rapporto di entità più rilevante.

Ecco perché, secondo la ricostruzione degli inquirenti, Lorenzo Marrelli chiedeva a Esposito di indicargli un’impresa diversa dalla “solita” Iuledil per lavori edili da eseguire presso la Calabrodental. Ecco perché, da un altro brano intercettato, emergerebbe che Antonella Stasi, moglie di Massimo Marrelli ed ex vicepresidente della Regione Calabria, manifestava la necessità di trovare foto per dimostrare i lavori eseguiti. Conversazioni da cui verrebbe fuori la consapevolezza dei problemi legati all’assenza di dipendenti della Tfc, con la quale i rapporti, diceva Lorenzo Marrelli, sono stati curati sempre da “quella persona”, con riferimento, secondo gli inquirenti, a Esposito.

Parte di questo denaro – 217mila euro – sarebbe rientrato nelle casse del gruppo tramite la Ecotec srl per il pagamento di lavori effettivamente realizzati presso il Marrelli Hospital. Il restante importo, circa due milioni, sarebbe stato versato in parte per lavori effettivamente realizzati e in parte trasferito a terzi che si sarebbero occupati di far perdere le tracce. La quasi totalità dell’importo relativo alle Foi sarebbe stato trasferito da Iuledil e Tfc a società cartiere dalle quali venivano prelevati i contanti.

Tutto ciò non sarebbe stato possibile senza l’apporto delle presunte teste di legno Costantino e Franco, sui cui conti, a fronte di oltre 1,8 mln di operazioni in addebito, venivano prelevati o versati oltre 1,1 mln, eppure non si rilevano pagamenti a fornitori per acquisti di materiali, attrezzature o servizi tali da giustificare le vendite fatturate. «Tutto a posto, non c’entro io più qua?», chiedeva Franco. Ma di «particolare rilevanza» risulta, secondo la gip, il contributo dello studio commerciale Quattromani, nel quale lavorava anche Valenti, che curava la contabilità delle società di Esposito secondo le sue direttive. «Evidente», scrive sempre la gip, il coinvolgimento di Marrelli, amministratore di diverse società del gruppo che negli anni hanno fatto transitare il denaro alle «imprese dell’organizzazione». Tanto più che il 90% de denaro accreditato alla società cartiera Iuledil proviene dal gruppo Marrelli.

Ci sono anche accuse di usura e tentata estorsione

«Tu stai lavorando con un portafoglio che non è il tuo… questo portafoglio ha un costo che dei onorare». Ci sono anche accuse di usura e tentata estorsione nell’inchiesta che ha portato all’operazione “Krimata”, in cui la figura chiave è quella dell’imprenditore Mario Esposito, ritenuto contiguo alla cosca Arena di Isola Capo Rizzuto (ma il gip esclude l’aggravante mafiosa). Dall’inchiesta emerge che Giuseppe Cosco, un imprenditore in difficoltà, voleva riappropriarsi di un capannone della sua azienda, messo all’asta dalla curatela fallimentare, per avviare una nuova attività. Esposito avrebbe fornito a Cosco il denaro necessario chiedendo il rientro con tasso usurario anche mediante violenza e minaccia. Parliamo di varie tranche di prestiti  – 5000, 20mila e 65mila euro – con un interesse del 10%. Esposito sarebbe arrivato a schiaffeggiare Cosco impossibilitato a onorare il debito non limitato ai soli capitali.

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE