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CROTONE – C’è anche un avvocato del foro di Catanzaro tra le 31 persone arrestate questa mattina dai carabinieri di Crotone, nell’ambito dell’operazione antimafia Ultimo atto della Dda che ha sgominato vecchie e nuove leve della cosca di Cirò.

Si tratta di Gennaro Pierino Mellea, 47 anni, per il quale la gip distrettuale Arianna Roccia ha disposto la misura degli arresti domiciliari, con l’accusa di estorsione nei confronti di un imprenditore agricolo.

La vittima sarebbe stata costretta a cedere un terreno che aveva regolarmente acquistato dall’ente pubblico Ismea; non aveva messo in conto, tuttavia, che quel terreno era stato precedentemente espropriato a una famiglia di Umbriatico, nel Crotonese, ritenuta affiliata proprio alla cosca di Cirò. I sodali si sono attivati per convincere l’imprenditore agricolo a restituire quel terreno.

In questo contesto – annota la gip Roccia – è emerso il coinvolgimento di un avvocato di Catanzaro, Gennaro Mellea, che in nome e per conto della famiglia di Umbriatico, aveva avvicinato l’imprenditore agricolo per “convincerlo” a cedere i terreni acquistati dalla società Ismea agli affiliati della cosca cirotana.

Per il giudice, dunque, si configura il reato di estorsione aggravata dalle modalità mafiose anche nel caso dell’avvocato Mellea.

Il professionista, che ha rivestito la carica di consigliere comunale di Catanzaro nel gruppo misto tra il 2006 e il 2011 e in precedenza ha sfiorato anche l’elezione a consigliere regionale della Calabria, è stato coinvolto in altre inchieste antimafia. Come quella denominata “Kiterion” contro la cosca Grande Aracri di Cutro, per la quale è stato condannato in primo e secondo grado.

Per gli inquirenti, Mellea era il referente degli affari del boss Nicolino Grande Aracri nel Catanzarese. La gip Roccia, ritenendo che Mellea sia accusato di un solo capo di imputazione e sia gravato da un unico precedente penale per falso, risalente al 2013, ha concesso all’avvocato la misura meno grave degli arresti domiciliari.

OPERAZIONE ULTIMO ATTO: CITTADINI DAI BOSS PER OTTENERE GIUSTIZIA

Il controllo del territorio da parte degli affiliati al Locale di Cirò (Kr) si manifestava anche “amministrando” giustizia fra cittadini vittime di atti illeciti che spesso si rivolgevano a loro, invece che alle istituzioni preposte, per ottenerne la riparazione.

Così come all’organizzazione criminale si rivolgevano coloro che intendevano intraprendere un’attività commerciale al fine di ottenere il ‘nulla osta’ da parte della consorteria. È uno degli spaccati che emergono dall’indagine della Dda di Catanzaro che questa mattina ha portato a 31 arresti contro altrettante persone ritenute affiliate alla cosca Farao Marincola. A titolo esemplificativo, gli inquirenti citano i furti di un autocarro e quelli compiuti ai danni di un bar e in un appartamento nel Villaggio Volvito.

E ancora alla richiesta di nulla osta per aprire un negozio di frutta e verdura. «Emblematico, sotto il profilo del controllo del territorio di Cirò da parte della cosca e di come la stessa operi al fine di conseguire il consenso della popolazione, risulta altresì l’episodio relativo all’allontanamento di una prostituta di colore» dal territorio di Cirò: «la nera di là va tolta, la acchiappo a calci nelle gambe» è una delle conversazioni in proposito intercettate agi carabinieri tra affiliati alla cosca.

I quali avevano delle vere e proprie basi operative, nello specifico un bar e un negozio di autoricambi, ove sostavano abitualmente i vertici delle consorterie per poter incontrare in qualsiasi momenti i componenti di altre organizzazioni criminali o i cittadini che avevano bisogno di rivolgersi a loro per dirimere le proprie questioni private.

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