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CROTONE – Mentre il ministro Piantedosi relaziona sulla strage di Cutro e si dice fiducioso degli accertamenti giudiziari della Procura di Crotone, al vaglio dei pm finisce un esposto con cui si ipotizzano reati da parte del suo Ministero, quello degli Interni, e di quello delle Infrastrutture guidato dal leader leghista Salvini.

Allo stato non è rubricata alcuna ipotesi di reato. Né quella di omissioni di soccorso né quella di omissioni di atti d’ufficio, come invita a fare in un altro esposto il Codacons Calabria. Né quello di omissioni di norme internazionali pattizie, sovranazionali e nazionali in materia di operazioni di soccorso in mare, come sollecita, invece, con il nuovo esposto, il sindacato forense Mga (Mobilitazione generale avvocati) che, in particolare, individua presunte responsabilità in capo al ministero degli Interni «a cui spetta il controllo delle operazioni Sar»; in capo all’Imrcc (Italian Maritime Rescue Coordination Centre), al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, «funzionalmente competente in considerazione che l’Imrcc è attivato presso il Comando generale delle Capitanerie di porto, ed in capo al medesimo Imrcc che in base alla convenzione Sar di Amburgo aveva assunto il controllo delle operazioni ed avrebbe «materialmente omesso di avviare l’evento Sar».

Ipotesi che saranno valutate dagli inquirenti? L’unica cosa certa, sul fronte investigativo, è che i carabinieri del Reparto operativo di Crotone, delegati dal procuratore Giuseppe Capoccia e dal suo sostituto Pasquale Festa a compiere accertamenti su eventuali omissioni nella macchina dei soccorsi, stanno acquisendo tutta una serie di relazioni di servizio e comunicazioni interforze, in particolare quelle intercorse tra guardia costiera e guardia di finanza, nonché le segnalazioni giunte da Frontex e Imrcc, per fare luce sul tragico naufragio di Steccato di Cutro, dove, all’alba dello scorso 26 febbraio, si è schiantato un caicco contro una secca facendo almeno 72 vittime. Le ultime salme recuperate sono quelle di una bimba di età fra i tre e i cinque anni e di una donna di una trentina d’anni, quest’ultima sospinta dalle correnti fino a Le Castella e riconosciuta da una collana.

Le ricerche condotte da guardia costiera, vigili del fuoco, protezione civile regionale proseguono intensamente e il fatto che la risacca stia continuando a restituire corpi vuol dire che bisogna continuare. La guardia costiera ha messo a disposizione apparecchiature subacquee per rilevare i fondali che il clima perturbato di questi giorni non consente di esplorare, ma con l’impiego dei sommozzatori le ricerche potrebbero essere più proficue. Quel tratto di mare, però, è sempre mosso, dallo scorso 26 febbraio. I dispersi potrebbero essere una trentina. Intanto il quarto scafista, il turco Gun Ufuk che risultava irreperibile, è stato individuato in Austria. Fuggito lanciandosi, non si sa se con un tender, in mare, è stato rintracciato grazie a un lavoro di intelligence avviato dal Viminale e nei prossimi giorni potrebbe essere estradato. Mentre la richiesta di incidente probatorio avanzata dalla Procura non è stata ancora depositata nelle cancellerie del gip Michele Ciociola, anche perché gli atti andranno tradotti nelle lingue afghana, pakistana, siriana e turca.

Ma torniamo al nuovo esposto. Gli avvocati Cosimo Damiano Matteucci, presidente di Mga, e i suoi colleghi Francesca Pesce, Remo Pezzuto e Vincenzo Medici chiedono di indagare su tutto il tragitto compiuto dall’imbarcazione, salpata dalla città costiera di Cesme, in Turchia, il 22 febbraio e spezzatasi in due contro quella maledetta secca all’alba del 26 sebbene, alle 22.30 del 25 febbraio, fosse stata intercettata da un aereo dell’agenzia Frontex. Frontex dichiarava che l’imbarcazione era “pesantemente sovraffollata” anche se non indicava “segni di pericolo”. La Guardia di finanza, nell’ambito dell’operazione “Themis” attiva nel Mediterraneo e finalizzata al controllo delle frontiere italiane, ricevuta la segnalazione informa l’Imrcc presso la centrale operativa del Comando generale delle Capitanerie di porto. La Capitaneria di porto apre l’evento Sar soltanto alle 4,30, ad avvenuto naufragio, dopo l’allarme dei carabinieri. Secondo Mga «le procedure avviate tanto da Frontex quanto dall’Imrcc di Roma si pongono in contrasto con le norme convenzionali di diritto internazionale, con il Piano Sar nazionale 2020 e con gli obiettivi dell’operazione Themis». Perché «l’obbligo di salvare la vita in mare costituisce un preciso obbligo degli Stati e prevale su tutte le norme e gli accordi bilaterali finalizzati al contrasto dell’immigrazione irregolare».

La ricostruzione dei fatti e la qualificazione delle responsabilità dei diversi attori coinvolti nelle attività di ricerca e salvataggio (Sar) nelle acque internazionali del Mediterraneo Centrale, chiama in causa  profili di diritto internazionale e dell’Ue che nella Costituzione assumono rilievo nell’articolo 117.

«Le scelte politiche insite nell’imposizione di Codici di condotta o i mutevoli indirizzi impartiti a livello ministeriale o dalle autorità di coordinamento dei soccorsi non possono ridurre la portata degli obblighi degli Stati che devono garantire nel modo più sollecito il soccorso e lo sbarco in un luogo sicuro». Mga fa riferimento a Convenzioni internazionali che, al pari dei regolamenti europei, e in base agli articoli 10, 11 e 117 della Costituzione, costituiscono un limite alla potestà legislativa dello Stato e non possono essere derogati da «scelte discrezionali dell’autorità politica». Nella corposa documentazione prodotta anche il terzo capitolo del nuovo Piano nazionale Sar 2020 che disciplina le fasi di emergenza r con la medesima classificazione già adottata dal piano del 1996 distinguendo tra una fase di incertezza (INCEMA), una fase di allerta (ALEMA), una fase di pericolo (DETRESFA).

Nessuna fase tipizzata, nella fattispecie, se non l’ultima, ad avvenuto naufragio, «quando ormai risultava tardivo ed inutile qualsivoglia intervento di soccorso».

Secondo Mga, «Risulta di tutta evidenza che né Frontex né I’Imrcc abbiano dato seguito agli obblighi derivanti dal Piano in ossequio ai doveri imposti dall’ordinamento internazionale di prioritaria salvaguardia della vita in mare e soccorso, ma la stessa Capitaneria di porto di Crotone non è stata allertata per come previsto stando alle dichiarazioni del comandante il quale conferma come l’operazione non sia mai stata una comunicazione di evento Sar ma esclusivamente resa nell’ambito delle operazioni di monitoraggio e controllo delle frontiere fino alle ore 4.30 del26 febbraio».

Ma Mga invita la Procura ad indagare anche su Frontex e il ruolo dell’operazione Themis, «parimenti responsabili dell’omesso soccorso».

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