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Raffaele Vrenna, direttore generale del Crotone

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CROTONE – Il dirigente Raffaele Vrenna jr, direttore generale del Crotone calcio e figlio del presidente Gianni, era talmente adirato nei confronti di un commerciante da ordinare un pestaggio a Cesare Carvelli, uno degli uomini di fiducia del boss Domenico Megna. Il fiduciario del boss dovette addirittura calmare il giovane dirigente rossoblù, almeno secondo quanto emerge dalla ricostruzione agli atti della mega indagine che ha portato all’operazione Glicine Acheronte, condotta dalla Dda di Catanzaro contro la cosca Megna stanziata nel quartiere Papanice (e con proiezioni in Nord Italia e all’estero) e un presunto comitato d’affari.

Ma la voglia di dare una “lezione” a quella persona per il suo comportamento ritenuto irriguardoso era grande. Carvelli, peraltro autista del bus della squadra rossoblù, era uno che riusciva ad avere da Vrenna junior i biglietti delle partite proprio per il rapporto confidenziale che aveva col giovane dirigente sportivo. E quest’ultimo, a quanto pare, a lui si rivolgeva per risolvere controversie di varia natura. In particolare, Vrenna junior era infastidito per la condotta del commerciante che si sarebbe recato nella sede della società rossoblù dando in escandescenze, motivo per il quale il dirigente era determinato a picchiarlo, a quanto pare.

«È andato in sede e si è messo a gridare, ora lo sto andando a prendere a schiaffi da solo» avrebbe detto, nel corso di una conversazione telefonica, Vrenna junior a Carvelli che, udite queste affermazioni, tentava di placare il proprio interlocutore. «Finiscila». Per tutta risposta, Vrenna junior avrebbe chiesto a Carvelli di provvedere lui stesso. «Me lo devi prendere a schiaffi». A quel punto Carvelli si rende conto che è meglio evitare di parlare al telefono di un pestaggio e raggiunge il dirigente Vrenna jr nel centro di Crotone. Non a caso gli inquirenti osservano che da numerosi elementi d’indagine viene fuori la «presenza onnivora» del clan che «comprime e compromette ogni istituzione anche sociale del territorio».

Non c’è solo la richiesta di dare un pestaggio al commerciante per i dissapori col dirigente del Crotone Vrenna ma «l’abitualità di conduzione delle attività di vigilanza e controllo della sicurezza degli eventi anche sportivi da parte della cosca, nel pieno riconoscimento dell’ontologia dell’ente mafioso da parte di chi ci si rapporta». Del resto, allo stadio entravi gratis soltanto se lo decideva il boss di Papanice Domenico “Mico” Megna. La gestione dei servizi del Crotone Calcio sarebbe stata appannaggio esclusivo del clan che aveva acquisito la vigilanza degli ingressi con la società di Sandro Oliverio Megna, sotto il coordinamento di Gaetano Russo e Maurizio Del Poggetto, tutti indagati. In questo contesto si inserisce l’ingresso gratuito allo stadio e la distribuzione dei tagliandi secondo indicazioni che giungevano direttamente dal boss, interessato a favorire i suoi affiliati o esponenti dei clan alleati. Al di là di una decina di biglietti che aveva chiesto per i “cirotani” in occasione del match Crotone-Inter del 2017, l’intervento di Megna emergerebbe in maniera evidente dopo i problemi legati all’eccessivo numero di tagliandi posti in vendita, che erano costati una multa alla società calcistica. Carvelli stesso, nel corso di una conversazione intercettata, aveva avuto un’accesa discussione con Mico Megna che aveva rivendicato la sua posizione di supremazia nella scelta del numero delle persone cui erano destinati i tagliandi.

Nel corso della discussione pare che Megna avesse addirittura impartito precise disposizioni intimando a Carvelli di redarguire i responsabili, eventualmente anche con le maniere forti. «’Ntostaccilla e casomai picchiali». I principali problemi si erano verificati in occasione di una partita di cartello (Crotone-Inter, appunto) nel corso della quale molti erano riusciti ad entrare senza biglietto, provocando la reazione non solo dei vertici della società ma anche del boss, che aveva invitato Carvelli a risolvere la situazione, poi ripianata con la collocazione nei punti strategici di suoi uomini di fiducia, in grado peraltro di garantire l’accesso alle persone facenti parte della cosca. «Illuminante», sempre secondo gli inquirenti, il fatto che Carvelli sottolineasse addirittura come il semplice appartenere alla cosca non fosse requisito sufficiente per avere il biglietto, occorrendo il permesso di Mico Megna: «Ragazzi andatevene a casa… noi dobbiamo entrare…che tu chi cazzo sei che devi entrare, se ti vuoi vedere la partita devi andare a parlare con Mico Megna».

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