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L'ospedale di Crotone

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CROTONE – L’ultima novità è che sei pazienti dializzati positivi al Covid saranno trattati grazie a uno speciale percorso notturno su disposizione di Lucio Cosentino, direttore di presidio dell’ospedale San Giovanni di Dio, dove, nelle ultime settimane, si sono registrati vari focolai. Non entreranno in ospedale ma in un’ala dedicata del pronto soccorso per essere sottoposti al trattamento dialitico e dopo di che torneranno nelle loro abitazioni.

Dopo il picco registratosi alla fine del 2021, che indusse il direttore Cosentino a chiudere ai visitatori istituendo il livello “arancione”, impennate di casi di positività al Coronavirus tra pazienti e dipendenti dell’ospedale hanno continuato a caratterizzare questa fase della pandemia. Attualmente sono circa 25 i positivi, e la metà sono operatori, ma molti casi sono rientrati nei giorni scorsi.

Dialisi, Medicina, Oncologia i reparti in cui si sono vissute le situazioni più critiche. Che sta succedendo? «I focolai ci sono ma la situazione è sotto controllo e i pazienti nefro-onco positivi presto scenderanno nel reparto Covid. I focolai ci sono, certo, ma vengono regolarmente cogestiti da me in quanto responsabile della direzione medica di presidio – spiega il dottore Cosentino – e dai respionsabili delle Uoc. Nella prima fase della pandemia, in pieno lockdown, eravamo blindati, in ospedale non entrava nessuno anche perché ambulatori e specialistiche erano chiusi. Anche le scuole erano chiuse, i bimbi rimanevano quasi indenni. Con la variante Omicron il virus è più facilmente trasmissibile, inoltre, in questa fase, il livello di guardia si è abbassato e l’accesso in ospedale è maggiore. Il potere infettante di questa variante è superiore, come sappiamo tutti, ma i casi in ospedale sono stati circoscritti e governati».

Cosentino fa l’esempio di Medicina d’urgenza dove un positivo infettato dal figlio che era andato a far visita ha poi contagiato il reparto. Nonostante la positività al virus le cure proseguono. «Microcitemici che hanno bisogno di trasfussioni, o dializzati che devono essere sottoposti al consueto trattamento, ricevono le prestazioni e poi vanno a casa e per loro sono previsti speciali percorsi e non accedono in ospedale», spiega.

Dal novembre 2020 vige un regolamento per accessi e ricoveri adottato dall’Asp su sua proposta e articolato in livelli che variano in base al colore, da verde a giallo ad arancione a rosso. Ma l’anello debole sono proprio quei dipendenti dell’Asp che, secondo Cosentino, «si positivizzano a casa e poi trasmettono il virus in ospedale».

Al di là degli screening cui vengono sottoposti con frequenza che varia in base all’andamento della pandemia, con l’allentamento delle misure un dipendente convivente di positivi va comunque a lavorare. Cosentino fa l’esempio di un operatore socio-sanitario che gli ha comunicato che ci sono positivi a casa sua ed essendo negativo accede in ospedale. «Ma in casa è probabile che si positivizzi pure lui prima o poi, e chissà quanti casi ci sono come questo».

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