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L'ospedale San Giovanni di Dio di Crotone

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Corpicino del bimbo estratto morto dopo oltre 41 settimane, scatta la denuncia della famiglia che accusa i medici di Crotone di non aver proceduto al cesareo

CROTONE – Forse la morte di quell’anima innocente si poteva evitare. Ne è certo suo padre, Tiziano Scalise, 34enne di Petilia Policastro, che non ha potuto abbracciare, insieme alla compagna Rosa Milano, 31enne, il loro terzo figlio, nato morto perché, secondo quanto da lui denunciato ai carabinieri, i sanitari dell’ospedale San Giovanni di Dio di Crotone insistevano per un parto indotto, e quindi nell’estrarre “a forza” il corpicino, pur essendo superati i termini di sviluppo del piccolo che doveva nascere un mese prima, anziché optare per un parto cesareo, come aveva chiesto reiteratamente la madre.

Hanno già avuto due figlie, e la gravidanza sembrava procedere senza complicanze. Il giorno del ricovero, registrato alle 8 del 24 luglio scorso, i sanitari hanno tentato, attraverso specifiche terapie, di indurre il parto innescando contrazioni artificiali nella donna, attendendo una dilatazione più ampia. «Non vi era alcun tipo di preoccupazione da parte dei medici, i quali mi dicevano di stare tranquillo e che in breve tempo la mia compagna avrebbe partorito», ha raccontato Scalise ai militari.

BIMBO NATO MORTO A CROTONE, LA DENUNCIA DELLA FAMIGLIA: «NON HANNO VOLUTO FARE IL CESAREO»

Ma i primi sospetti nascono. «Ricordo che mia moglie li supplicava chiedendo di effettuare un parto cesareo in quanto i dolori patiti erano troppo forti e stava troppo male». Tuttavia, i sanitari obiettavano che sarebbe stata soltanto l’ultima cosa da fare nel caso in cui i sistemi adottati avrebbero fallito. Eppure le settimane di gravidanza erano “41+3”, osserva il denunciante. Il 26 luglio, alle 21, finalmente la donna entra in travaglio e viene immediatamente accompagnata in sala parto. Il parto inizia alle 23.

La partoriente, ancora vigile e cosciente, sentiva i medici dire che ancora lei non aveva raggiunto una dilatazione sufficiente per far uscire il bambino. Intanto, mentre la donna continuava a pregare i sanitari di eseguire un cesareo, le ore passavano. I medici tentavano di estrarre il bimbo con manipolazioni e l’utilizzo di strumenti vari. Alle 2.05 del 27 luglio si sente un urlo della partoriente dovuto, secondo quanto denunciato, all’uscita forzata della testa del bambino. L’uomo sente che i medici vanno nel panico.

IL DRAMMA DEGLI ULTIMI MOMENTI E L’AVVIO DELLE INDAGINI

“Chiamate …”. La donna viene trasferita d’urgenza in sala operatoria proprio mentre il marito è nel corridoio di passaggio e nota la sua compagna su una barella e con la testolina del piccolo fra le gambe. Una scena a cui hanno assistito in molti, a quanto pare, in un’area d’attesa. Fino alle 4.45 la donna è in anestesia. L’intervento termina alle 5, quando all’uomo viene comunicato il decesso del piccolo, mentre la moglie riposa in stanza. Nessuna spiegazione da parte dei medici. I genitori, che si sono rivolti agli avvocati Ivan Ierardi e Tiziano Saporito, vogliono vederci chiaro. Scalise nel suo esposto fornisce una chiave di lettura ben precisa. Saranno gli inquirenti a rispondere agli interrogativi tuttora in piedi. Il magistrato di turno, il sostituto procuratore presso il Tribunale di Crotone Pasquale Festa, potrebbe disporre l’autopsia.

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