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Il sindacato dei finanzieri chiede misure al Governo dopo il caso Praialonga che ha portato alla condanna per naufragio colposo di due militari della Finanza. La denuncia: «Da eroi a pregiudicati per quel confine sottile tra l’azione e l’omissione»


CROTONE – «Regole d’ingaggio certe e attuabili a tutela degli operatori di polizia che rischiano la propria vita ogni giorno per salvare quella degli altri e garantire la democrazia del Paese». Le chiede il Siaf (Sindacato italiano autonomo finanzieri), in una lettera alla presidente del Consiglio dei ministri Meloni e ai ministri dell’Economia, Giorgetti, della Giustizia, Nordio, della Difesa, Crocetto, e delle Infrastrutture, Salvini.

Una lettera in cui si commenta la sentenza con cui il gup di Crotone, pronunciandosi sulla vicenda della deflagrazione e del conseguente affondamento dell’imbarcazione “Heaven” che determinarono la morte di quattro migranti al largo di Praialonga, nell’agosto 2020, ha ritenuto colpevoli di naufragio colposo e cooperazione in omicidio colposo plurimo, condannandoli a due anni di reclusione ciascuno (pena sospesa), il capitano Vincenzo Barbangelo, in qualità di comandante della Sezione operativa navale della Guardia di finanza di Crotone e coordinatore delle operazioni di polizia giudiziaria, e il maresciallo Andrea Novelli, comandante della motovedetta intervenuta al largo di Simeri Crichi. Il gup, come si ricorderà, ha invece prosciolto l’appuntato scelto Maurizio Giunta, che assunse il comando della “Heaven”, e il finanziere Giovanni Frisella, salito sulla barca con la qualifica di motorista.

DOPO IL CASO PRAIALONGA IL SINDACATO SCRIVONO AL GOVERNO

Torna la parola chiave. Le “regole di ingaggio” che l’ex comandante della Capitaneria di porto di Crotone Vittorio Aloi evocò, uscendo dal Palamilone adibito a camera mortuaria, per spiegare la mancata uscita dei mezzi della guardia costiera in occasione del terribile naufragio di Cutro del febbraio 2023, in cui morirono 100 migranti. Subito dopo si trincerò in un riserbo assoluto (successivamente è divenuto comandante in seconda a Livorno). Se ne parlò molto perché quelle regole erano state modificate con l’intervento della politica e avevano frenato l’intervento della Guardia di Finanza e della Guardia Costiera. Se ne è riparlato di recente quando è spuntata la mail del 27 giugno 2022, col governo Draghi in carica, con cui Gianluca D’Agostino, capocentro dell’Imrcc (centro di ricerca e soccorso della Guardia Costiera), comunica che da lì in avanti gli interventi di soccorso dovranno essere eseguiti solo dopo la dichiarazione di evento Sar.

Il Siaf rispetta la sentenza che comunque «scuote la sensibilità dell’intera comunità di finanzieri e di tutti coloro che indossano un’uniforme, che sono al servizio della collettività, operano con senso di appartenenza, altruismo e sprezzo del pericolo, mettendo a rischio quotidianamente la propria vita». Ecco perché al Governo il Siaf chiede «iniziative legislative» per ripristinare la “certezza” delle regole di ingaggio.

SCENARI COMPLESSI RICHIEDO REGOLE CHIARE E PRECISE

Perché «gli scenari in cui si attiva l’operazione di primo soccorso, sono spesso complessi e talvolta persino disastrosi, con uomini, donne, bambini e anziani difficilmente gestibili, spesso nel panico e non collaborativi, gestiti da poche unità di personale della Guardia di Finanza o della Capitaneria, in condizioni meteo ed ambientali avverse, appare superfluo sottolineare l’impossibilità di operare in sicurezza – osserva il Siaf – In questo caso spesso la fatalità fa il resto; la deflagrazione inaspettata che ha cagionato la morte di quattro migranti, ha provocato anche numerosi feriti tra cui due finanzieri impiegati nelle operazioni di soccorso che non hanno esitato a tuffarsi in mare per salvare vite umane».

Il caso Praialonga è paradossale. Nell’immediatezza del fatto, ricorda il Siaf, «venne riconosciuto ai colleghi il merito del salvataggio del natante ma pochi giorni dopo vennero indiziati di delitto, ed oggi due dei quattro finanzieri sono stati addirittura condannati con accuse pesanti, passando da eroi che mettevano a repentaglio la propria vita a “pregiudicati”, con il peso giuridico e morale di aver contribuito, con le proprie azioni o omissioni alla morte di quattro migranti». Da eroi a pregiudicati, insomma.

L’OBBLIGO DI PRESTARE SOCCORSO

Eppure, in base all’articolo 98 della Convenzione Unclos del 1982, che disciplina l’«Obbligo di prestare soccorso», «ogni Stato deve esigere che il comandante di una nave che batte la sua bandiera, nella misura in cui gli sia possibile adempiere senza mettere a repentaglio la nave, l’equipaggio o i passeggeri prestino soccorso a chiunque sia trovato in mare in condizioni di pericolo». Rimane «intangibile il confine sottile tra l’azione e l’omissione, tra il fare e il non fare o più eloquentemente, attuare il salvataggio indipendentemente dalle valutazioni di sicurezza degli equipaggi operanti per non incorrere poi in delitti, quali omissione di soccorso e naufragio o altro, oppure omettere di agire per salvaguardare l’operatore e rischiare ugualmente un ingiusto processo e forse una condanna», è detto sempre nel documento.
Ecco perché c’è bisogno di regole certe, come chiede il Siaf. Certe e attuabili negli scenari più complessi. Specie se al largo, in balìa delle onde, galleggiano bagnarole stipate fino all’inverosimile di disperati.

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