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Le bare delle vittime allineate a Crotone

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C’è un diritto che ognuno di noi ha e che va oltre le polemiche, il diritto di sapere perché a Cutro una disperata speranza è diventata strage

C’è qualcosa che va chiarito in quello che è accaduto (o, meglio, non è accaduto) tra le ultime ore di sabato scorso e le prime del giorno successivo. Nel lasso di tempo, cioè, tra l’avvistamento in mare (a 40 miglia dalla costa calabrese) del barcone carico di migranti e il momento del naufragio a meno di un centinaio di metri dalla battigia a Steccato di Cutro, con 66 morti accertati e ancora numerosi dispersi.

La piega che ha preso il dibattito nazionale su un episodio devastante in termini di perdite umane presenta aspetti indecorosi. Non solo per le strumentalizzazioni politiche, a destra e a sinistra, per le infelici dichiarazioni da esponenti istituzionali, ma anche per la straordinaria capacità di non voler prendere atto – salvo sparute eccezioni – che di fronte ad una tragedia immane costata la vita a decine di mamme, papà e bambini non c’è spazio per buchi neri nella ricostruzione di quello che è successo, e che, in estrema sintesi, può essere ricordato così: un barcone carico di persone, proveniente dalla Turchia, è arrivato a poche decine di metri dalla spiaggia di Steccato di Cutro, ha urtato su una secca e si è capovolto; molti degli occupanti cadendo in acqua sono morti. Punto.

Scopri tutto ciò che c’è da sapere sul Naufragio di migranti diventato la strage Cutro

Che si trattasse di migranti – se proprio a qualcuno interessi per completezza di informazione – lo si è saputo ufficialmente solo a tragedia consumata. Così come solo all’arrivo della prima pattuglia di carabinieri sulla spiaggia della morte si è avuta la prima percezione dell’entità della tragedia.

STRAGE DI CUTRO, IL DIRITTO DI SAPERE COSA È SUCCESSO

Torniamo invece alla tarda sera di sabato scorso. Intorno alle 22,30 arriva alle autorità italiane la segnalazione, da parte di Frontex (Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera), sulla presenza del barcone al largo della costa calabrese.

“Nelle tarde ore di sabato, un aereo di Frontex che sorvegliava l’area italiana di ricerca e soccorso nell’ambito dell’operazione Themis ha avvistato un’imbarcazione pesantemente sovraffollata che si dirigeva verso le coste italiane: come sempre in questi casi, abbiamo immediatamente informato tutte le autorità italiane dell’avvistamento”, ha riferito all’Ansa un portavoce di Frontex. Aggiungendo: “Il nostro aereo ha continuato a monitorare la zona fino a quando non è dovuto rientrare alla base per mancanza di carburante. L’imbarcazione, che trasportava circa 200 persone, stava navigando da sola e non c’erano segni di pericolo. Le autorità italiane hanno inviato due motovedette per intercettare l’imbarcazione, ma le condizioni meteorologiche avverse le hanno costrette a rientrare in porto…”

Dal canto suo, la Guardia costiera ha precisato che “Nessuna segnalazione telefonica è mai pervenuta ad alcuna articolazione della Guardia costiera dai migranti, presenti a bordo della citata imbarcazione, o da altri soggetti come avviene in simili situazioni”. E poi: “La sera di sabato 25 febbraio un velivolo Frontex avvistava un’unità in navigazione nel Mar Ionio.

L’unità risultava navigare regolarmente, a 6 nodi e in buone condizioni di galleggiabilità, con solo una persona visibile sulla coperta della nave – prosegue la Guardia costiera – Il velivolo Frontex inviava la segnalazione al punto di contatto nazionale preposto per l’attività di law enforcement, informando, tra gli altri, per conoscenza, anche la Centrale operativa della Guardia costiera di Roma.

ALLE 4.30 LE SEGNALAZIONI DA TERRA SULLA IMBARCAZIONE IN PERICOLO

A seguito di tale segnalazione, la Guardia di Finanza comunicava l’avvenuta attivazione del proprio dispositivo, già operante in mare, per intercettare l’imbarcazione – aggiunge – Alle 4.30 circa, giungevano alla Guardia Costiera alcune segnalazioni telefoniche da parte di soggetti presenti a terra relative ad un’imbarcazione in pericolo a pochi metri dalla costa. I carabinieri, precedentemente allertati dalla Guardia di Finanza, giunti in zona, riportavano alla Guardia costiera l’avvenuto naufragio. Questa è la prima informazione di emergenza pervenuta alla Guardia Costiera riguardante l’imbarcazione avvistata dal velivolo Frontex”.

Ora, al di là della non secondaria circostanza citata dalla fonte dell’Ansa sull’imbarcazione “pesantemente sovraffollata”, al di là di valutazioni tecniche di compatibilità tra il “pesantemente sovraffollata”, la mancanza di “segni di pericolo” e le “buone condizioni di galleggiabilità” (per le quali non abbiamo alcuna competenza), rimane un primo interrogativo, dal quale ne discendono altri: perché il mezzo aereo di Frontex ha continuato a rimanere in zona prima di fare rientro perché aveva finito il carburante? Frontex ha i suoi protocolli d’intervento, di sicuro, ma è probabile che di fronte ad un’imbarcazione comunque non meglio identificata si cerca di saperne di più, per usare termini spiccioli, tant’è che quell’aereo è rimasto in zona fino a che non ha finito la “benzina”.

NON C’ERANO ALTRI MEZZI DA ATTIVARE?

E poi? Non c’erano altri mezzi aerei da attivare, soprattutto se c’era quella stima di circa duecento persone a bordo di un caicco? È vero, sono state allertate le autorità italiane e due motovedette della Guardia di Finanza hanno dovuto desistere dall’intervenire per le proibitive condizioni del mare. Tutto legittimo, soprattutto per chi conosce direttamente lo spirito e la grande generosità in mare dei militari delle motovedette. Ma il problema è un altro. E’ possibile, allora, che di quel barcone “pesantemente sovraffollato” si sono riallacciati i contatti solo dopo che i cadaveri galleggiavano nelle sfortunate acque di Steccato di Cutro?

È possibile che l’esito drammatico di quel viaggio l’abbiano dovuto scoprire i carabinieri di Crotone della prima pattuglia arrivata là in poco più di dieci minuti dalla telefonata al 112 con la quale era partita la richiesta di aiuto da uno dei migranti (carabinieri che si sono buttati in acqua, nel buio, per cercare di salvare qualcuno, così come gli altri che sono arrivati dopo tra forze di polizia, pescatori del luogo e volontari)? No, non è possibile. Non è concepibile che nell’epoca dell’intelligenza artificiale, in Calabria, terra di sbarchi da decenni, toccata dalla “rotta turca” da decenni, non ci siano mezzi capaci di intervenire con il mare grosso.

STRAGE DI CUTRO, PRIMO AVVISTAMENTO ALLE 22.30

Ha detto bene il governatore della Calabria, Roberto Occhiuto, l’altro giorno in un intervento televisivo: “In Calabria i migranti li vediamo sbarcare quotidianamente, e li soccorriamo, evitando di considerarli un problema. Tante volte si tratta di bambini e di donne che scappano da Paesi in guerra e che cercano una vita migliore. Le vittime di questa sciagura hanno pagato migliaia di euro per inseguire un sogno che, purtroppo, li ha condotti alla morte.

L’imbarcazione, lo ha detto il ministro Piantedosi, che ringrazio per essere subito venuto in Calabria, è stata segnalata da Frontex intorno alle 22.30 di sabato sera. Era partita una motovedetta della Guardia di Finanza, ma è dovuta rientrare in porto a causa del mare forza 7, una condizione di oggettiva difficoltà. Questo però ci dice che vanno rafforzati gli strumenti e le misure per il soccorso dei migranti. Nel 2023 l’Europa e i Paesi coinvolti da questi fenomeni devono essere in grado di effettuare, in ogni condizione, salvataggi in mare”. Parole di buon senso che meritano plauso, così come meritano riconoscenza formale e sostanziale tutti quelli, carabinieri per primi, che si sono gettati in acqua tra i legni che restavano del barcone distrutto.

STRAGE DI CUTRO, I CITTADINI HANNO IL SACROSANTO DIRITTO DI SAPERE

Perché il problema vero non è quello dei soccorsi quando la tragedia era già consumata. Il problema vero è che un mezzo aereo di Frontex ha avvistato quel barcone poco dopo le dieci di sera di sabato e fino alle 4 del mattino di domenica, momento della prima notizia del naufragio avvenuto, non c’erano mezzi idonei che potessero intervenire. In una situazione che certamente lo richiedeva, perché se il barcone era al largo della Calabria, il mare grosso era per tutti, a maggior ragione per quel caicco “pesantemente sovraffollato”.

C’è qualcosa, dunque, che va chiarito. E deve farlo lo Stato, perché i cittadini (anche quelli a cui non interessano chiacchiere e controchiacchiere della politica) hanno il sacrosanto diritto di sapere.

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