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LA PROBLEMATICA che emerge ampiamente, secondo il professor Alberto Ziparo – docente di Pianificazione urbanistica dell’Università di Firenze – è che molti dei parchi eolici già in essere in Calabria non sono in produzione e solo dopo che questo avverrà si potranno stimare le reali esigenze di ampliamento in tale direzione per la regione.

La questione dell’eolico in Calabria, del resto, continua a generare posizioni differenti che cercano di conciliare le esigenze di aumentare lo sfruttamento delle energie rinnovabili con la tutela di un territorio già occupato da numerose strutture destinate agli obiettivi di decarbonizzazione, da raggiungere entro il 2030. Sono, infatti, circa 440 gli impianti eolici già installati sul territorio regionale e a questi potrebbero andare ad aggiungersi molti dei progetti presentati per realizzare impianti offshore (ossia collocati in mare). In questa intervista il professor Ziparo prova a mettere chiarezza su parchi eolici, paesaggi e fabbisogno energetico della Calabria e non solo.

Professor Ziparo cosa pensa delle affermazioni fatte dalla dottoressa Anna Parretta di Legambiente sulle necessità di realizzare nuovi parchi eolici?

«C’è un problema di metodo che la dottoressa Parretta (presidente di Legambiente Calabria) non segue. Prima di tutto non si può ragionare di energie rinnovabili come si ragionava in termini di grandi impianti di fossile-nucleare, cioè: ottenuto lo sfondamento istituzionale – invocato un tempo per esigenze di fabbisogno elettrico, e oggi per la transizione ecologica – non si può fare l’errore che si è fatto allora di cercare di massimizzare la produzione che è in stallo. In secondo luogo, dobbiamo ricordare che la Calabria ha migliaia di impianti eolici e solari che andranno in produzione solo tra diversi anni, addirittura per alcuni potrebbero essere decenni».

Il professor Alberto Ziparo dell’Università di Firenze

Perché si è creata questa circostanza di costruzione di parchi eolici senza produzione?

«C’è stata una speculazione fondiaria sulla svendita di terreni ex-agricoli che sono diventati occasione di lucro legata all’energetico. Nel frattempo che si attende la messa in funzione si è creata una rendita del terreno monopolizzato dalle energie alternative. E si è creato un circuito di compravendita che ha visto anche l’entrata in campo della criminalità».

Anche lei, professor Ziparo, è concorde sulla necessità di sviluppare un Piano energetico regionale?

«È assolutamente vero che serva un progetto legato alla pianificazione del territorio e del paesaggio, ma prima di tutto dovremmo programmare l’entrata in funzione di impianti eolici e fotovoltaici che sono già presenti. C’è anche la questione della manutenzione che concerne gli attori privati che gestiscono questi impianti e che devono stare attenti che queste strutture non creino addirittura dei danni. I parchi di aerogeneratori così come i fotovoltaici, talvolta frazionati tra gli imprenditori privati, e realizzati solo per capitalizzare le entrate sul terreno, corrono il rischiodi diventare solo manufatti abbandonati a sé stessi, al pari del mezzo milione di case non rivendicate da nessuno e di cui ci accorgiamo solo quando subiscono danni e crolli macroscopici».

Quale potrebbe essere il modo più corretto di procedere sul futuro energetico regionale?

«Bisogna andare il più possibile vicino alla logica delle comunità energetiche. Cioè, semplicemente, legare la produzione alla domanda dei vari territori. Ma è bene sottolineare che basterà quello che è già installato e che quando entrerà in produzione darà una risposta largamente esuberante rispetto a quella della più grossa domanda regionale prossima futura».

Il paesaggio è da considerarsi una questione soggettiva?

«Il patrimonio territoriale e paesaggistico non è soggettivo. Noi dobbiamo trattare il territorio con grande attenzione: da una parte dobbiamo risanarlo, perché ricordo che siamo soggetti a continua segnalazione da parte dell’Unione Europea come una delle regioni più a rischio per le ricadute della crisi da cambiamento climatico; e poi, dobbiamo pensare che se c’è uno scenario futuro di sviluppo sostenibile è legato proprio all’affermazione dei valori patrimoniali paesaggistici e territoriali. Tutto questo è ancora più prezioso di quanto non lo era prima. Solo i vetero industrialisti o i cementieri a tutti costi parlano del paesaggio come una questione soggettiva».

Quindi secondo Ziparo il paesaggio è un fattore da trattare in modo scientifico.

«Non si può continuare a sbagliare nel trattare il paesaggio perché si crea danno ambientale ma anche socio-economico e si genera una preclusione di futuro. Non bisogna andare lontano, perché è vero che abbiamo un Piano territoriale monco, dal momento in cui è stata cancellata la normativa della parte paesaggistica, ma quello che rimane valido nello stesso piano è il quadro conoscitivo. Quest’ultimo, se letto bene, spiega dal punto di vista scientifico l’importanza del risanamento, della tutela, dell’affermazione e della valorizzazione del paesaggio e dell’ambiente. Quando parliamo di nuovi progetti di nuovi parchi eolici, c’è da tenere conto tutto questo, in Calabria e non solo».

Professor Ziparo, i parchi eolici eolici offshore potrebbero rappresentare un’alternativa valida all’ingombro del territorio?

«Tendenzialmente la posizione dovrebbe essere quella di non realizzare nulla di nuovo. Poi, se c’è un parco elolico offshore che è particolarmente vantaggioso e non dà fastidio allora si può procedere. Abbiamo un grande patrimonio, che sono i nostri 750 chilometri di costa – il 10% delle coste nazionali – ma è tutto in erosione. Lottiamo, infatti, con due problemi: uno l’erosione da iperinsediamento costiero che ha coronato tutto il nostro litorale da Praia a Trebisacce; e poi il fatto che il mare si stia sollevando per lo scioglimento dei ghiacciai polari.
Dobbiamo pertanto stare attenti a gestire con strumenti nuovi realtà come il parco a mare di Condofuri – il primo che stiamo realizzando in Calabria – che interviene sul litorale ripristinando l’ecosistema con opere di consolidamento. Quindi, anche quando pensiamo che realizzare impianti offshore sia più semplice, dobbiamo tener conto delle esigenze della pesca e soprattutto dei problemi di erosione della costa e delle sue immediate adiacenze.»

Anche realizzare i parchi offshore a lunga distanza porterebbe potenziali difficoltà?

«I problemi sarebbero sicuramente minori, ma ancora una volta dobbiamo stare attenti principalmente al nostro territorio che ogni giorno ci spiega che se continuiamo a trattarlo male i guai non faranno altro che aumentare, sia a livello individuale che collettivo. Inoltre, aumenteranno le preclusioni di un futuro di possibili azioni di sostenibilità. Pur essendo genericamente favorevole al solare come all’eolico credo che bisogna tenere conto dell’avanzamento scientifico – prodotto anche dalle università calabresi – e di tutto quello che ci dà nel trattare sia ciò che abbiamo già compromesso, sia quello che rischiamo di compromettere».

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