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Da sinistra, Agazio Loiero, Wim Wenders e Mimmo Lucano nel marzo del 2010

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Abbiamo un problema in Calabria. Quello della nostra immagine rappresentata come sconnessa e instabile, ultima ruota del carro di una nazione che si sta rimettendo in piedi nel dopo pandemia con Mario Draghi, come ogni giorno raccontano gli articoli del nostro direttore, Roberto Napoletano.

I molti aspiranti governatori calabresi stentano a parlarne nei loro incontri, molte le dirette social, molte anche le contumelie mediatiche.

Un solo politico ha lanciato questo pesante sasso nello stagno. È Agazio Loiero, più volte ministro, governatore della Calabria, poi sconfitto da Giuseppe Scopelliti.

Politico colto e ben attrezzato, Loiero è molto lucido nell’analisi “su una carrellata di problemi vecchi e nuovi di questa regione, ai quali si aggiunge il macigno degli stereotipi, dell’immagine che circola a livello nazionale, spesso distorta, quasi sempre opprimente, del calabrese”, per citare le parole di Rocco Valenti, scritte su questa testata.  

Buona l’analisi di Loiero, che in anni passati con i suoi scritti aveva saputo ben mettere in guardia sui rischi del federalismo fiscale e della devolution costruita con il consenso dei meridionali. Bisogna riconoscere che Loiero è stato la sentinella del centrosinistra contro le ipotesi di separazione nordista. Ma, in questa ultima giusta sortita politica, a Loiero manca l’autocritica, considerato che il bravo analista ha anche governato.

Per stare ai fatti tre questioni.

La prima, apparentemente banale. Loiero rivendica, giustamente, di aver convinto Wim Wenders a recarsi a Riace, per promuovere quel felice luogo di accoglienza che era la patria di Mimmo Lucano ben prima della classifica di “Fortune”. Ma che uso ne è stato fatto di quel cortometraggio d’autore? Quante volte è stato proiettato? Com’è stato fruito? Io stesso non ne sono mai riuscito ad averne una copia dalla Regione Calabria.

La seconda. La venuta di Wenders in Calabria coincide con la terribile stagione del delitto Fortugno, vice presidente del consiglio regionale. E Loiero, bisogna ricordarlo per chiarezza, anche ai magistrati disse che si era battuto insieme a pochi altri contro certe candidature impresentabili di quella triste stagione. Per essere chiari, Loiero disse no alla candidatura di Mimmo Crea, che finì nei guai giudiziari per quelle torbide vicende. Ma pronubi romani di altissimo livello, Marino e D’Antoni, imposero la presenza di Crea. Se Roma ancora comanda sulla Calabria è anche per le debolezze dorotee e correntizie di quel periodo.

La terza. Anche sulla derelitta sanità calabrese Loiero dovrebbe compiere un’operazione verità. Si tentò di redigere un Piano sanitario nel 2006. Se ne assunse la responsabilità politica l’assessore della sua Giunta, Doris Lo Moro. Ma per quel Piano, l’assessore venne defenestrata dalla sua funzione. E Loiero spiegò quell’uscita di scena come un normale rimpasto politico. In molti crediamo che non si trattò di questo. In molti siamo convinti che il progetto riformatore di Doris Lo Moro non piacesse a molti settori del Partito Democratico, probabilmente gli stessi che, in queste ore, Nicola Irto denuncia in combutta con settori del centrodestra.

Solo tre esempi. Non per spirito di polemica. Ma un illuminato come Agazio Loiero comprenderà che capire i gravi errori del passato è utile a tutti noi, per modificare la pessima immagine che abbiamo costruito della Calabria.

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