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Pasquale Motta durante un Whatsapp (sua trasmissione editorialista) su Nicola Gratteri

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“Pasquale vince sicuro” avrebbe detto Carmelo Bagalà, ruolo di boss conclamato, parlando di un’operazione elettorale nel piccolo municipio di Nocera Terinese, borgo che dovrebbe promuoversi come territorio e invece tiene banco per lotta politica con il coltello tra i denti, dissesti finanziari da 23 milioni di euro, e utilizzo di macchine del fango da media amici e compiacenti.

Pasquale è Pasquale Motta, ritenuto dalla prosa giudiziaria “regista occulto” di un’alleanza contaminata cui avrebbe fatto da spin doctor.

Motta è indagato per Concorso esterno in associazione mafiosa. Reato cui diffido molto da anni. Difficile da provare, contestato in punto di Diritto da fior di giuristi, e che spesso non regge ai tre gradi di giudizio.

È un reato che si colloca nell’Italia dell’emergenza utile a setacciare la zona grigia della collusione che produce condannati ma anche assolti.

Che un indagato sia solo un indagato dovrebbe valere a sua garanzia. Ma la norma l’abbiamo trasformata in altro. Una gogna virtuale.

L’ha adoperata anche Motta. Direttore di LaCnews, network con linea muscolare nel sostegno alle inchieste di Gratteri senza se e senza ma.

E qui riscontriamo un dato inoppugnabile. Gratteri non guarda in faccia nessuno. Non fa sconti. A nessuno. Nemmeno al direttore di un gruppo molto benevolo nei suoi confronti.

C’è un dato antropologico e storico dietro questa vicenda. Pasquale Motta si è formato alle Frattocchie, la scuola del vecchio Pci. Avrà manifestato per la morte di Losardo e Valarioti uccisi dalla ndrangheta.

Un tempo sarebbe diventato per gradi dirigente del partito. Ma i partiti sono cambiati. Anche il Pci. Pasquale Motta è diventato uomo di squadra di big come Nicola Adamo e Enza Bruno Bossio. Ne ha appreso metodi, usanze, movenze politiche.

È stato eletto sindaco del suo piccolo comune. Ha unito Max Weber con Primo Greganti. Poi lo hanno abbandonato.

E Pasquale si è messo le bretelle emulando i giornalisti televisivi americani di grande denuncia. Mai un dubbio e indice puntato. Con virulenza retorica ha indicato il male e il bene della Calabria. Forse con una punta di revanche nei confronti dei suoi vecchi leader.

Diceva Pietro Nenni: “A fare a gare con i puri, troverai sempre uno più puro che ti epura”.

Ma Motta non voleva epurare nessuno. È soltanto rimasto imbrigliato in questioni scivolose dove il bianco e il nero si confondono.

Gli auguriamo di chiarire la sua posizione. Non avverrà presto. Nel frattempo potrà riflettere su cosa significa vedere il proprio nome su un sito associato a vicende non molto onorevoli. Non solo da un punto di vista solo penale.

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