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«IL PNRR non colmerà i divari territoriali su asili nido e infrastrutture scolastiche». È la Svimez a lanciare l’allarme in un nuovo report della sua attività di monitoraggio sull’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, dedicata al tema dei servizi per la prima infanzia e dell’istruzione. «Lo studio – spiegano gli analisti di Svimez – fornisce una prima fotografia della capacità del Pnrr di favorire il riequilibrio territoriale con riferimento a cinque linee di investimento: asili nido, mense, palestre, riqualificazione dell’edilizia scolastica e costruzione di nuove scuole. Le analisi si basano su una ricostruzione dei decreti di riparto regionali e delle graduatorie dei progetti dei Comuni ammessi al finanziamento. I progetti finanziati in ciascuna provincia italiana sono stati messi a raffronto con i relativi indicatori di bisogno».

PREVISIONI NON RISPETTATE

Quel che la Svimez rileva, in prima battuta, è una riduzione delle risorse attribuite rispetto alle quote in origine previste. Le “quote Sud” calcolate in origine assegnavano al Mezzogiorno il 55,3% delle risorse per gli asili nido, il 57,9% per le mense e il 54,3% per le palestre; mentre per le altre linee di intervento (scuole dell’infanzia, costruzione di nuove scuole e riqualificazione delle scuole esistenti) la “quota Sud” si è attestata sul 40%. Per quanto riguarda la realizzazione di nuovi spazi e scuole o la messa in sicurezza degli istituti, «la “quota Sud” ha sostanzialmente tenuto».

Rispetto agli asili nido, si è determinata una riduzione di 3 punti (52%). Decisamente più ridimensionate rispetto alle previsioni iniziali le risorse assegnate agli enti delle regioni del Mezzogiorno per le linee di investimento per mense e palestre: 41% contro il 57,9 nel primo caso e 43% contro il 54,3 nel secondo. «Nel caso delle mense, la riduzione della “quota Sud” è riconducibile alla carenza di progetti ammissibili che ha limitato l’assorbimento delle risorse disponibili» segnala Svimez. Nel caso delle palestre non si è tenuto conto della quota Sud, in occasione dello scorrimento della graduatoria.

MEGLIO GLI ASILI NIDO

Ora, per gli asili nido, segnala il report, «le risorse assegnate aumentano con il fabbisogno, in linea con le finalità perequative». La Calabria, che ha ottenuto 4.678 euro pro capite di risorse Pnrr per gli asili nido, è tra le regioni più finanziate (la media nazionale è di 2.138 euro). Questo grazie a due fattori, segnala Svimez, la priorità accordata per i nuovi progetti all’indicatore di gap infrastrutturale e l’utilizzo per i progetti in essere dell’indice di vulnerabilità sociale e materiale. Tuttavia «la mancata mappatura iniziale dei fabbisogni» ha finito per determinare delle sperequazioni a livello locale, «penalizzando località meridionali molto lontane dal conseguimento dall’obiettivo fissato» dai Lep (livelli essenziali delle prestazioni), che prevedono entro il 2027 di garantire 33 posti nei nidi ogni cento bimbi fino a tre anni, e premiando chi invece il tetto lo ha già raggiunto. Terni, Ferrara, Biella, Perugia e Trento hanno ricevuto, in termini pro capite, risorse superiori rispetto a dodici province del Mezzogiorno caratterizzate da indicatori di fabbisogno elevati, tra cui Reggio Calabria.

IL PARADOSSO REGGIO: MENO MENSE HAI, MENO RISORSE RICEVI

E va peggio quando si vanno a considerare le misure destinate a mense e palestre. Qui, come visto, le risorse assegnate al Sud hanno già subito una contrazione rispetto a quelle previste derivante, per le mense, dal limitato numero di progetti presentati in alcune regioni meridionali, e per le palestre, da uno scorrimento delle graduatorie che ha attinto a risorse di altre missioni e non ha considerato il vincolo della quota per il Sud. Il risultato è «una sostanziale assenza di correlazione tra fabbisogni e ammontare di risorse assegnate». Il gap è ancor più evidente se si esaminano i dati provinciali. L’esito è quasi paradossale: «in quasi tutte quelle meridionali – segnala Svimez – la provincia con il maggior fabbisogno di investimenti non coincide con quella che ha ricevuto le maggiori risorse pro capite».

Per la Calabria, è il caso di Reggio con la misura destinata alle mense. Reggio, a fronte di una percentuale di appena il 15,5 per cento di alunni che frequentano scuole provviste di mensa (primo ciclo), ha ricevuto solo 113,3 euro di risorse pro capite. Va decisamente meglio alle altre province calabresi, che pure partono da una situazione di minore svantaggio di Reggio: a Crotone, ad esempio, gli alunni che possono usufruire della mensa sono il 33,5 per cento e le risorse pro capite ottenute sono pari a 420,2 euro. Il punto, però, è che anche province del nord prendono più di Reggio Calabria: è il caso di Bergamo (159,4 euro con una percentuale di alunni raggiunti dal servizio del 45,7 per cento) o Ferrara (184,1 euro e oltre il 60 per cento di alunni che frequentano scuole con la mensa). Ricordiamo che l’assenza di una mensa non consente alle scuole di attivare il tempo pieno, aprirsi di più al territorio e ampliare la propria offerta formativa. La mensa, nell’intento di chi ha scritto il Pnrr, «dovrebbe contribuire a combattere maggiormente l’abbandono scolastico». E dovrebbe farlo soprattutto al Sud, dove le percentuali di dispersione scolastica sono più alte e i territori più vulnerabili da un punto di vista sociale.

Ma non va meglio per le palestre: come potete vedere in una delle tabelle in questa pagina, Catanzaro, sesta per fabbisogno, è solo 41esima tra le province italiane per risorse assegnate, mentre Vibo, dal suo quinto posto per gap infrastrutturale, è solo 59esima per fondi ricevuti.

COSA NON HA FUNZIONATO?

Diversi fattori, secondo Svimez, a partire da criteri di riparto ex ante «solo parzialmente legati ai fabbisogni di investimento» e la scelta del livello regionale «come scala territoriale del riparto stesso», che non ha tenuto conto dei profondi divari tra le stesse province. Un ruolo lo hanno giocato anche gli enti. «Il sistema dei bandi competitivi – scrive Svimez – ha spesso penalizzato i territori con carenza di servizi e strutture, anche a causa della debolezza delle amministrazioni». È successo, come visto, soprattutto con le mense.

POSSIBILI SOLUZIONI

Per rimediare, i ricercatori avanzano due proposte. La prima è quella di «superare l’approccio dell’assegnazione delle risorse mediante bandi competitivi che penalizzano le realtà con minore capacità amministrativa, attraverso una identificazione ex ante degli interventi sulla base dei fabbisogni reali». La seconda è quella di guardare anche oltre il Pnrr, con «un’azione di riprogrammazione delle risorse per la coesione che consenta di completare, dopo il 2026, il percorso di riduzione e superamento dei divari territoriali nelle infrastrutture scolastiche: con le risorse europee del Fesr (regionale e nazionale) e con il Fondo per lo sviluppo e la coesione (Fsc) 2021-2027».

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