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COSENZA – Con il recovery fund la sanità calabrese si gioca il tutto per tutto. Una «rivoluzione» che potrebbe modificare la prospettiva sul sistema Calabria da qui al 2026. ma i problemi da affrontare sono tanti, a partire da una catena di comando sfaldata nel corso di oltre un decennio e la situazione paradossale relativa all’applicazione dello stesso decreto Calabria. Il caso del commissario dell’Asp di Cosenza decaduto automaticamente per mancata presentazione dei bilanci ma ancora al suo posto senza alcun intervento legislativo in sua difesa è forse uno dei punti più assurdo raggiunti in questi ultimi anni.

Anche perché mentre il Governo bocciava gli emendamenti per prorogare le funzioni del commissario si è proceduto al salvataggio del solo ministro Speranza, che adesso avrà tempo fino ad ottobre per mettere mano ai bilanci mai presentati dell’Asp di Cosenza. Questo mentre ci si sta giocando la partita del recovery fund, ultima grande possibilità secondo il consigliere regionale del Pd Carlo Guccione.

«Siamo in una situazione di sospensione della democrazia – dice – L’applicazione delle leggi si ferma al Pollino. E questa è una cosa grave. Non si può sospendere una legge, lo dico a tutela dei bravi commissari. Al momento tutti gli atti prodotti dopo la decadenza automatica sono nulli e se qualcuno li impugna sarà pesante».

STRALCIO DEL DEBITO

Spirlì recentemente ha rilasciato alcune dichiarazioni relative all’annullamento del debito sanitario calabrese. Un’operazione secondo il presidente facente funzioni possibile anche senza una ricognizione precisa. Per Guccione è tutto l’opposto.

«Per avviare una gestione di saldo e stralcio e mettere in piedi due gestioni separate – dice – bisogna capire qual è il debito. A settembre scorso in commissione Vigilanza chi si occupava dei bilanci dell’Asp di Reggio Calabria ha parlato di un debito di 920 milioni, per Cosenza ci sarebbero 548 milioni e circa 1 miliardo di contenzioso. Poi c’è da vedere cosa c’è nei bilanci non approvati. La cosa assurda è che nessuno si è mai preoccupato di chiederli. Nove commissari e un buco finanziario enorme che nessuno conosce».

IL RUOLO DI LONGO E I DATI SULL’EMIGRAZIONE

Nel frattempo c’è da fare i conti con “l’ordinario”, a partire dai dati mostruosi sull’emigrazione sanitaria (222 milioni di euro spesi nel 2019 per cure fuori regione). «Longo non può più tergiversare. Ha preso un impegno in Consiglio: modificare il Dca 64 del 2016 e la redazione di un nuovo piano operativo. Cose che ancora non abbiamo visto. L’emigrazione è soprattutto legata a fenomeni di confine. Il più grande ospedale della Calabria è fuori dalla regione. Da questi dati Longo dovrebbe partire per una riorganizzazione di quei presidi ai margini. Recuperare Cariati, Mormanno o Lungro. Con gli 86 milioni di euro relativi solo all’emigrazione in provincia di Cosenza si possono aprire parecchi ospedali».

LA PARTITA DEL RECOVERY

La Calabria dunque si gioca tutto con questo piano Marshall tutto europeo. «Il recovery fund è una rivoluzione: mette al centro il territorio e potenzia gli ospedali, ne certifica un ruolo e una funzione. Quella di dare risposte all’emergenza/urgenza e organizzare gli interventi programmati. Il primo punto sono le Case della Comunità: in Calabria ne sono previste 96, una ogni 20 mila abitanti. Poi gli Ospedali di Comunità: 38 in Calabria e utilissimi per ricoveri brevi e per pazienti che necessitano di interventi a media/bassa intensità. E poi le cure domiciliari e la telemedicina: l’obiettivo è curare il 10% della popolazione over 65 e cronica a domicilio. Infine le Cot, le Centrali operative territoriali da mettere in piedi ogni 100mila abitanti. Utilissime perché avranno la funzione di coordinare i servizi domiciliari con 118, numero europeo per cure non urgenti, ospedali di comunità, hospice, Rsa. In caso di inadempienza sulla spesa se ne dovrà occupare un altro commissario ad acta. È una vera rivoluzione e stavolta non si può sbagliare».

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