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Le intercettazioni per l'operazione Recherche

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REGGIO CALABRIA – Nuova operazione della Squadra Mobile di Reggio Calabria contro la cosca Pesce di Rosarno. Secondo quanto trapelato i poliziotti hanno eseguito 11 provvedimenti di fermo emessi dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria nei confronti di elementi di vertice, affiliati e prestanome del gruppo criminale di Rosarno. L’operazione condotta dalla Squadra mobile di Reggio Calabria è stata denominata “Recherche”.

IL VIDEO DELL’OPERAZIONE CON LE INTERCETTAZIONI

I fermati sono accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, illecita concorrenza con minaccia o violenza, intestazione fittizia di beni e favoreggiamento personale nei confronti del boss latitante Marcello Pesce, arrestato dalla polizia il primo dicembre del 2016 (LEGGI LA NOTIZIA), nonché di traffico e cessione di sostanze stupefacenti.

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Le indagini oltre che portare nel dicembre scorso alla cattura del latitante Marcello Pesce, hanno consentito di individuare la rete dei soggetti che per anni ha protetto la sua latitanza, permettendogli di svolgere un ruolo molto importante nel panorama ‘ndranghetistico della fascia tirrenica della provincia di Reggio Calabria, ma anche di ricostruire l’operatività di gran parte del gruppo di soggetti a lui facenti capo e le numerose attività economiche riconducibili alla cosca. Il blitz che aveva consentito la cattura del super-latitante Marcello Pesce veniva effettuato dopo mesi di indagini condotte dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria e dal Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, con il coordinamento dei magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria.

LEGGI L’ARTICOLO CON LA SPIEGAZIONE DEI RUOLI
ASSUNTI DAI FERMATI ALL’INTERNO
DEL CLAN DI ‘NDRANGHETA DEI PESCE

I nomi dei fermati

  1. PESCE Rocco, nato a Polistena (RC) il 17 marzo 1988;
  2. PESCE Savino, nato a Cinquefrondi (RC) il 27 luglio 1989;
  3. SCORDINO Filippo, nato a Rosarno (RC) il 23 agosto 1975;
  4. STILO Bruno, nato a Melito di Porto Salvo (RC) il 21 aprile 1966;
  5. GARRUZZO Carmelo, nato a Rosarno (RC) il 1 gennaio 1971;
  6. RASO Michelangelo, nato a Gioia Tauro (RC) il 19 dicembre 1981;
  7. ARMELI Rosario, nato a Cinquefrondi (RC) il 12 maggio 1983;
  8. MANGIARUGA Michelino, nato a Taurianova (RC) il 26 aprile 1979;
  9. ELIA Giosafatte Giuseppe, nato a Rosarno (RC) il 19 maggio 1974;
  10. CIMATO Antonio, nato a Cinquefrondi (RC) il 26 luglio 1984.
  11. COPPOLA Consolato Salvatore, nato a Paternò (CT) il 19 maggio 1968;

L’indagine che ha portato ai fermi

Dal punto di vista temporale, le indagini abbracciano il periodo che va dall’inizio del 2015 al giorno della cattura di Marcello Pesce all’interno di un’abitazione nella disponibilità di Salvatore Figliuzzi classe 1955 e del figlio Pasquale classe 1976, i quali, arrestati in flagranza di reato per favoreggiamento aggravato, hanno subito patteggiato la pena. Fra gli arrestati vi sono diversi fiancheggiatori che «curavano e gestivano la latitanza di Marcello Pesce, fungendo da “vivandieri”, assicurandone i collegamenti con gli altri membri della cosca e, più in generale, con i familiari, procurando loro appuntamenti con soggetti terzi o riportando loro e per loro conto le cosidette “imbasciate”».

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Le condotte di aiuto dei sodali si sono concretizzate «nella messa a disposizione di quanto necessario alla protrazione dello stato di latitanza di Marcello Pesce, alla sua assistenza morale e materiale ed alla creazione, a tal fine, di una rete di supporto e di tutela, così come avvenuto con l’effettuazione delle cosiddetto staffette dirette ad evitare l’intervento delle forze dell’ordine sia all’atto dei vari spostamenti del latitante e sia quando i sodali, i familiari e terzi soggetti si recavano presso i vari covi e nel procurare appuntamenti con soggetti terzi e garantire gli incontri tra il latitante ed i sodali».

La vasta piattaforma tecnica messa in piedi tramite molteplici intercettazioni telefoniche, ambientali, telematiche e di videosorveglianza, assieme a tradizionali attività di riscontro sul territorio, ha consentito «di far luce sulle condotte criminali poste in essere dal gruppo facente capo a Pesce e, più in generale, all’intera cosca omonima, con particolare riferimento al monopolio forzoso del settore del trasporto merci su gomma di prodotti ortofrutticoli per conto terzi, alle intestazioni fittizie di beni (finalizzate ad evitare i provvedimenti ablatori) ed al traffico degli stupefacenti. Per cui, l’attivismo criminale della cosca non si è limitato al settore degli stupefacenti od all’intestazione fittizia in funzione della protezione dei beni della cosca, ma si era allargato soprattutto alle attività di illecita mediazione nel settore dei trasporti merce per conto terzi, storicamente di competenza dell’articolazione della cosca Pesce. Centrale in tutti questi ambiti era anche la figura di Filippo Scordino, considerato luogotenente di Pesce e persona di estrema fiducia del figlio Rocco, che è risultato il principale gestore della cosiddetta “Agenzia di Rosarno”, ovvero l’agenzia di mediazione dei trasporti merci su gomma attraverso la quale il settore è monopolizzato da Pesce».

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