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Intercettazioni della polizia

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SANT’EUFEMIA D’ASPROMONTE (REGGIO CALABRIA) – Le divise delle forze dell’ordine, vivi o morti che fossero ad alcuni indagati e persino alle loro consorti, stavano sullo stomaco e non avevano timore ad esternarlo. Come quando volevano sparare al maresciallo dell’Arma dei Carabinieri Andrea Marino, già comandante della Stazione di Oppido Mamertina e prima ancora di Sinopoli.

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Un giorno, il 9 agosto del 2018, la polizia intercetta Domenico Laurendi e Giuseppe Speranza, due degli arrestati di ieri i quali, vedendo passare proprio il maresciallo Marino, facevano degli sprezzanti commenti su appartenenti alle Forze dell’Ordine e, in un frangente, Grazia Orfeo , coniuge del Laurendi, esprimeva la volontà anche di aprire il fuoco contro il maresciallo Marino, che notava passare dal balcone dell’abitazione in occasione di una festa del paese di Santa Eufemia. Affermava, infatti, di prendere la carabina e consegnarla al marito cosicché sparasse contro il militare. Speranza dava la sua disponibilità a fare del male al carabiniere. Laurendi mostrava il luogo di detenzione della carabina e rivolto a Speranza dava il suo benestare ove avesse voluto farne uso “qua dentro, se vuoi buttargli un paio”.

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Grazia Orfeo mostrava quindi al marito il maresciallo Marino della cui presenza evidentemente l’uomo non si era reso conto «qua sotto è? … come cazzo si chiama, mi sono dimenticato come cazzo si chiama». Speranza asseriva di volere esplodere un colpo ma Orfeo Grazia smorzava i toni «vattene, andatevi a sedere».

L’astio nasceva dal fatto che il maresciallo aveva abbandonato per protesta la processione della Madonna delle Grazie ad Oppido Mamertina (LEGGI) il 2 luglio del 2014, quando la statua della Madonna portata per le vie del paese fu fatta inchinare al transito dall’abitazione di Mazzagatti Giuseppe. Il discorso si spostava poi su altro militare inviso agli ndranghetisti, che, a Santa Eufemia, era stato ucciso durante il servizio, in località Cresta, a colpi d’arma da fuoco, il 17 giugno 1996 ovvero il maresciallo Azzolina Pasquale. Laurendi lo insultava (apostrofandolo con l’espressione “cornuto”) e imprecava contro la cittadinanza che, all’epoca, aveva preso parte massicciamente alle esequie del militare, rammentando il suo comportamento di segno contrario perché, non solo non era andato al funerale, ma in segno di disprezzo aveva tenuto anche l’attività commerciale aperta.

“E non è che sono andato, io me ne fottevo di loro, ma c’era un libro in un posto, non so chi all’epoca me lo aveva mostrato, che hanno scritto le cose”.
Ricordava anche lo sdegno del vecchio ‘ndranghetista Antonio Carbone alias “Nino u pacciu” che, con rammarico, aveva affermato che se fosse morto, in luogo del maresciallo Azzolina, il capo società, non vi sarebbe stata analoga partecipazione.

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