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L'area del porto di Gioia Tauro

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GIOIA TAURO (REGGIO CALABRIA) – Si arricchisce di un nuovo, clamoroso colpo di scena, la ormai ventennale vicenda sulla controversia delle proprietà delle aree industriali nell’immediato retro porto di Gioia Tauro. Uno scontro tutto istituzionale nato nel 2002 ed ancora pendente. Una vicenda che è il paradigma di come vanno le cose in questa regione.

La Corte d’Appello di Reggio Calabria, Sezione Civile, si è pronunciata sull’appello proposto dal Consorzio regionale per lo sviluppo delle attività produttive (Corap) nei confronti dell’Autorità portuale di Gioia Tauro, del Ministero dell’Economia e delle Finanze, della Direzione marittima per la Calabria, della Direzione Marittima di Reggio Calabria, della Capitaneria di Porto comparto marittimo di Gioia Tauro, del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, dell’Agenzia del Demanio–Filiale di Reggio Calabria, accogliendo parzialmente l’appello principale e, ha dichiarato che il Consorzio Regionale per lo sviluppo delle Attività Produttive (Corap) è proprietario del terreno di ben 100 ettari a ridosso del porto ed ha condannato l’Autorità portuale di Gioia Tauro alla restituzione dei predetti beni in favore del Corap.

Ma andiamo con ordine: Con atto di citazione notificato il 19 – 23 aprile 2003, il Consorzio per lo Sviluppo Industriale della Provincia di Reggio Calabria (ex Asireg) aveva citato in giudizio davanti al Tribunale di Reggio Calabria l’Autorità Portuale di Gioia Tauro, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, la Direzione Marittima di Reggio Calabria, la Direzione Marittima per la Calabria, la Capitaneria di Porto del compartimento marittimo di Reggio Calabria e l’Agenzia del Demanio al fine di rivendicare la proprietà di più terreni che era stati trasferiti al demanio marittimo. E tra queste quella dove doveva sorgere la centrale a carbone dell’Enel oggi unica area libera dove programmare il fulcro della Zes. Il Consorzio ex Asi (oggi Corap) lamentò l’illegittimità del provvedimento di delimitazione “per non essere stato invitato alla relativa procedura nonché per incompetenza relativa ed eccesso di potere dell’amministrazione che ha incluso nel demanio marittimo una vasta area in proprietà dell’ex Asireg destinata a fini industriali”.

Un anno dopo e cioè il 16.9.2003 si sono costituiti in giudizio il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, l’Agenzia del Demanio e l’Autorità portuale di Gioia Tauro, in persona dei rispettivi rappresentanti p.t., i quali hanno contestato la fondatezza della richiesta dell’Asireg chiedendone l’inammissibilità e/o il rigetto. In particolare, hanno contestato il diritto di proprietà del Consorzio sui beni rivendicati, deducendo che i progetti finalizzati alla realizzazione del V centro siderurgico e del porto di Gioia Tauro erano stati eseguiti dall’Asi in qualità di concessionario dello Stato.

Nel maggio del 2012 il Tribunale reggino aveva rigettato le domande avanzate dall’Asi reggina che subito dopo proponeva appello. A distanza di oltre 10 anni arriva, la sentenza che ribalta quella di primo grado e restituisce all’ex Asi la proprietà dei terreni di ben 100 ettari. Ma cosa accade nel frattempo? Accade che l’allora Presidente della Regione Mario Oliverio con un decreto cancella le vecchie Asi e istituisce il Consorzio regionale per lo Sviluppo delle Attività Produttive (Corap che accorpa i Consorzi Asi di Catanzaro, Cosenza, Crotone, Vibo e Reggio) che ebbe in eredità tutti i rapporti attivi e passivi dei cinque Consorzi provinciali e che confermò, attraverso i vari commissari che si sono sostituiti nel tempo la vertenza con l’Autorità Portuale.

Insomma, da una parte si avanzavano proposte comuni in nome della crescita e dell’occupazione e dello sviluppo del porto e dall’altra pezzi dello Stato e della Regione continuavano a farsi la guerra a suon di carte bollate. Lo specchio di come vanno le cose in questa strana terra di Calabria. Il paradosso è che il Corap venne concepito, infatti, come un ente soggetto agli indirizzi, al controllo ed alla vigilanza, da parte della Regione, con sede legale presso il Dipartimento regionale “Sviluppo Economico e Lavoro”. Un ente strumentale della Regione, che esegue le funzioni pubbliche di programmazione e pianificazione urbanistica e territoriale negli agglomerati industriali regionali, gestisce ed esegue, nella qualità di organismo di diritto pubblico, l’intero ciclo delle opere e dei lavori pubblici in materia di reti, infrastrutture (primarie e secondarie) e strutture all’interno degli agglomerati, esegue le funzioni di legge relative agli espropri per le assegnazioni dei lotti alle imprese, gestisce i sistemi di depurazione dei reflui industriali, fornisce i servizi reali alle imprese ed è soggetto attuatore, con il coordinamento della Regione, dei programmi di sviluppo economico e territoriale (Piano strategico Zes Calabria, Aree di crisi non complessa, Por Fesr Calabria, ecc.).

Le sorti del Corap sembrano ormai volgere alla fine del suo ruolo perché nell’agosto del 2021 la Giunta Regionale dispone la liquidazione coatta amministrativa del Consorzio regionale per lo sviluppo delle attività produttive nominando anche il nome del Commissario liquidatore. Tutto questo, però, non blocca la lite giudiziaria in corso fino alla sentenza dei giorni scorsi che mette, inevitabilmente, in grande difficoltà tutti a cominciare dalla Regione che dice di voler puntare proprio su quell’area per lanciare un progetto di filiera dell’agroindustria calabrese, mette in difficoltà lo stesso Commissario della Zes Calabria che è bene ricordarlo venne istituita avendo come riferimento il porto di Gioia Tauro, mette in difficoltà la stessa Autorità di Sistema Portuale gioiese che su quei cento ettari contava per attrarre nuovi investimenti legati all’indotto portuale. Molto probabilmente verrà attivato un ricorso in Cassazione e quasi certamente occorrerà aspettare altri mesi se non anni per capire cosa fare in quel fazzoletto di area retro portuale nel quale nel 2003 era stata collocata la zona franca doganale aperta, mai entrata in funzione anche per la controversia giudiziaria. Nel frattempo, si continuerà a parlare di porto, di sviluppo e di nuova occupazione, ma il tutto somiglierà al ragliare dell’asino alla luna.

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