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Le riprese in una delle aziende

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REGGIO CALABRIA – L’operazione “Petrolmafie Spa” (LEGGI) ha coinvolto anche la provincia di Reggio Calabria, dove l’inchiesta è stata seguita dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Reggio Calabria e dallo Scico di Roma, con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, che hanno riguardato una struttura organizzata, attiva nel commercio di prodotti petroliferi, gravemente indiziata di aver utilizzato sistemi di frode allo scopo principale di evadere le imposte, in modo fraudolento e sistematico, attraverso l’emissione e l’utilizzo (improprio) delle cosiddette “Dichiarazioni di Intento”, sotto la direzione strategica di un commercialista e con la compiacenza di soggetti esercenti depositi fiscali e commerciali, con un controllo capillare dell’organizzazione criminale di tutta la filiera della distribuzione del prodotto petrolifero, dal deposito fiscale ai distributori stradali.

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I vertici dell’organizzazione nel Reggino

Al vertice dell’organizzazione sono stati individuati: Vincenzo Ruggiero, 86 anni, e Gianfranco Ruggiero, 60 anni, espressione imprenditoriale della cosca di ‘ndrangheta Piromalli che opera nel mandamento tirrenico, nel locale di Gioia Tauro. Quindi, Giovanni Camastra, 57 anni, e Domenico Camastra, 50, ritenuti espressione imprenditoriale della cosca di ‘ndrangheta Cataldo che opera nel locale di Locri. I due Camastra sono stati anche al servizio di varie cosche di ‘ndrangheta (Pelle di San Luca, Aquino di Gioiosa Ionica, Cordì di Locri e Ficara-Latella di Reggio Calabria). Infine, per la cosca Labate, il ruolo principale sarebbe stato assunto da Giuseppe De Lorenzo, 46 anni, per la zona Sud di Reggio Calabria.

Le forniture di prodotti petroliferi

Le società investigate (“cartiere”), affermando di possedere tutti i requisiti richiesti al fine di poter beneficiare delle agevolazioni previste dalla normativa di settore, presentavano alla Italpetroli S.p.A. di Locri, volano della frode, la relativa dichiarazione di intento per l’acquisto di prodotto petrolifero senza l’applicazione dell’Iva; il prodotto così acquistato, a seguito di diversi (e cartolari) passaggi societari, veniva poi ceduto, a prezzi concorrenziali, ad individuati clienti.

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La frode si innescava attraverso le forniture di prodotto (in regime di non imponibilità) effettuate dal deposito fiscale (nonché deposito Iva), consapevole e promotore del sistema fraudolento. L’acquisto veniva effettuato, senza applicazione dell’Iva, da imprese cartiere che, prive dei requisiti richiesti dalla normativa di settore per assumere la qualifica di esportatore abituale, presentavano false dichiarazioni d’intento. Gli operatori, formalmente amministrati da prestanome nullatenenti, erano riconducibili e gestiti direttamente dall’organizzazione criminale.

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Le società “cartiere”, attraverso broker che operavano sul territorio calabrese, campano e siciliano, vendevano ai clienti finali a prezzi assolutamente concorrenziali, al di sotto del valore di mercato, sfruttando indebitamente il vantaggio economico dell’Iva non versata.

In merito, l’organizzazione, dopo un controllo fiscale nei confronti dell’Italpetroli S.p.A., ha adottato una serie di accorgimenti che hanno portato ad un mutamento del sistema optando per la drastica soluzione di omettere il versamento dell’imposta sul valore aggiunto e sulle accise e, di conseguenza, mandare il deposito definitivamente in default.

Nel corso delle indagini è stato ricostruito anche un giro di false fatturazioni per un ammontare imponibile complessivo pari ad oltre 600 milioni di euro e IVA dovuta pari ad oltre 130 milioni di euro.

Ricostruito anche l’omesso versamento di accise per circa 31 milioni di euro. Le indagini hanno consentito di accertare che i membri del sodalizio, nella fase di default, formavano e trasmettevano all’Agenzia delle Dogane un fittizio (con attestazione falsa di “pagato”) modello F24 attestante il pagamento delle accise dovute dalla Italpetroli S.p.A. per il mese di marzo 2019, per un importo di circa 11 milioni di euro – col duplice fine di scongiurare eventuali controlli e, di conseguenza, proseguire con il disegno illecito.

Nel mese di maggio del 2019,a riscontro all’attività investigativa, è stata sequestrata la somma contante di 1.086.380,00 di euro, occultata all’interno di un’autovettura appositamente modificata per il trasporto della valuta.

I proventi illeciti, così ripartiti dai membri dell’organizzazione, sarebbero stati in quota parte, reinvestiti nel circuito criminale o impiegati in altre attività finanziarie e imprenditoriali così determinando un giro di riciclaggio e autoriciclaggio, per un importo complessivo pari ad oltre 173 milioni di euro. Quota di questo importo (pari ad oltre 41 milioni di euro) veniva riciclato su conti correnti esteri riconducibili a società di comodo bulgare, rumene, croate e ungheresi, per poi rientrare nella disponibilità dell’organizzazione medesima.

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