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GIOIA TAURO (REGGIO CALABRIA) – Ci sono quattro piccole fette di terreno corrispondenti ad altrettante particelle catastali che risultano ancora di proprietà di privati, nonostante oltre 45 anni fa su quel terreno sia stato realizzato dall’ex Asi di Reggio Calabria il raccordo ferroviario che collega la stazione di Rosarno al porto di Gioia Tauro.

Ora quelle particelle bloccano il passaggio del raccordo a Rfi che dovrebbe ammodernarlo e gestirlo. Una querelle lunga decenni quella del funzionamento del raccordo ferroviario gestito prima dall’Assi e poi dal Corap che ha ereditato tutte le vecchie aree industriali calabresi. Si scrissero fiumi di inchiostro sull’importanza del raccordo ferroviario e della sua strategicità per attivare l’intermodalità dal porto gioiese.

Ne parlarono tutti: politici, sindacalisti, amministratori locali, esperti del settore. Prima l’Aireg e poi il Corap lo hanno lasciato al suo destino fino a quando a giugno di due anni fa l’ex Ministra alle Infrastrutture Paola De Micheli annunciò in una puntata di “Porta a Porta” il passaggio a Rfi. Scelta auspicata da molti.

«Per dei cavilli – disse la ex Ministra – era impossibile formare treni da 750 metri in entrata e in uscita dal porto di Gioia Tauro che accoglie le navi più grandi del mondo ed ora può instradare con più facilità il traffico container anche lungo la linea ferroviaria». Passarono mesi e si arrivò al maggio dell’anno successivo quando la Giunta regionale della Calabria, diede il via libera al trasferimento, dal Corap a Rfi, del collegamento Rosarno-San Ferdinando, in esecuzione al decreto-legge 34/2020 (legge 17 luglio 2020 n.77).

Le cose sembravano procedere speditamente ed a luglio del 2021 anche l’Autorità di Regolazione dei Trasporti approvò il regolamento del comprensorio ferroviario del porto di Gioia Tauro, adottato dall’Autorità di Sistema Portuale dei Mari Tirreno Meridionale e Ionio, autorizzando altresì la gestione unica del raccordo ferroviario ad opera di Rfi che lo aveva inserito nel suo piano di investimenti.

«La stazione di San Ferdinando costituisce un impianto di appoggio per i raccordi terminali a servizio del porto di Gioia Tauro. Essa è collegata, tramite una bretella a singolo binario elettrificata di circa 5 Km, alla stazione di Rosarno che insiste sulla dorsale tirrenica della Calabria. Gli impianti sono parte integrante del corridoio Ten-T Core Scandinavo-Mediterraneo.

L’intervento prevede: il raddoppio della bretella di collegamento fra San Ferdinando e Rosarno; la rivisitazione del Prg di San Ferdinando, con realizzazione di 4 binari aventi capacità di 750 metri, in coerenza con le specifiche del corridoio Ten-T, la rivisitazione e l’ammodernamento tecnologico dell’apparato di stazione di San Ferdinando. L’intervento consentirà – ha scritto Rfi nel suo piano – di efficientare i collegamenti con i raccordi afferenti alla stazione di San Ferdinando. Analogamente, nella stazione di Rosarno è prevista la riconfigurazione del Prg in funzione del raddoppio della suddetta bretella di collegamento con San Ferdinando e per la realizzazione di un binario di capacità 750 metri».

Sono passati mesi ma nulla si è ancora fatto e il famoso passaggio a Rfi è ancora fermo al palo. La causa? Quelle quattro particelle catastali che non risultano di proprietà del Corap e che impediscono a Rfi di prendersi carico della gestione del raccordo. Così vanno le cose in Calabria.

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