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Santo Biondo

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Ha le idee chiare il segretario regionale della Uil sul futuro del porto di Gioia Tauro, per Santo Biondo il governo non ci crede»

GIOIA TAURO – Il porto, la Zes, il retro porto abbandonato, i conflitti di interesse, le proprietà delle aree che bloccano i fondi del Pnrr, la mancanza di prospettive, l’assenza di progetti dietro il porto. Di questi temi ne abbiamo parlato con Santo Biondo, segretario regionale della Uil Calabria, iniziando un tour tra i soggetti pubblici e sociali della regione con l’obiettivo di riproporre all’attenzione le possibilità ma anche le responsabilità dello stallo e dei ritardi che si registrano ancora oggi.

Segretario Biondo, il Governo sta lavorando per favorire la crescita del porto di Gioia Tauro?

«Il Governo sta dimostrando di avere uno scarso interesse verso Gioia Tauro. Nonostante tutte le cose che ci siamo detti nel periodo post Covid, dalla la centralità del Mediterraneo nella crescita economica del Sud e del resto del Paese alla necessità di far ripartire il Mezzogiorno per far ripartire l’Italia, ancora oggi non vedo un segnale concreto di attenzione verso Gioia Tauro e la Calabria. Allo stato attuale il porto svolge un ruolo fondamentale nel transhipment, ma ciò è il frutto di una iniziativa di privati che sta reggendo alle sfide del mercato. L’importanza di questo lavoro, però, non viene colto in maniera concreata dalle istituzioni nazionali e locali che, purtroppo, non stanno sostenendo la crescita dell’hub portuale gioiese e si sono dimenticati completamente della necessaria valorizzazione delle aree retroportuali».

Quindi, per lei il Governo non crede seriamente nelle potenzialità dello scalo portuale gioiese?

«Sono fermamente convinto di ciò. Il Governo nazionale attuale, così come quelli che si sono succeduti in questi anni, non crede nel potenziale di Gioia Tauro. In termini di crescita occupazionale non c’è sostegno, viene depotenziato il retroporto e non c’è un progetto concreto che sia in grado di aiutare crescita sociale economica ed occupazionale dell’area».

Si spieghi meglio.

«Faccio un esempio concreto. L’Italia ha un problema di approvvigionamento energetica, si pensa di bypassare questo momento legato agli eventi bellici in Ucraina, con l’avvio dei rigassificatori. Nella nostra Nazione, nella nostra regione, c’è progetto che ha passato tutta la fase delle autorizzazioni e il Governo non sceglie la Calabria, sceglie un altro territorio dove c’è molta conflittualità e si devono avviare tutti i meccanismi burocratici prima di arrivare all’ok definitivo dell’opera. Nonostante questo non si sceglie Gioia Tauro che era pronta ad accogliere l’investimento. Per questo affermo che la politica continua a sottovalutare le potenzialità di Gioia Tauro».

Crede che stia accadendo la stessa cosa sulla Zona economica speciale?

«Ne sono convinto. La Zes continua ad essere sotto utilizzata. Dal 2017 in poi nessun Governo ha agito affinché le Zes potessero rappresentare vera leva su cui costruire una politica industriale capace di dare al Mezzogiorno uno sfogo produttivo e non più assistenziale. Si continuano a sottovalutare le potenzialità di questo strumento. Nessun Governo ha messo risorse importanti sulla Zes, risorse utili a farla diventare attrattiva rispetto rispetto agli investimenti dei player privati. Le misure di agevolazione messe in campo sono temporanee, non rappresentano una garanzia per chi volesse investire a Gioia Tauro e, quindi, non possono offrire serie possibilità di crescita».

Quali sono i rischi che lei intravede?

«Il rischio è che il tempo passi, i flussi del trashipment possano variare e il porto finisca per ricadare nell’isolamento, per essere schiacciato dal suo destino di struttura non completamente sviluppata e, per converso, amplificare le ricadute negative di questa disattenzione sull’occupazione locale e regionale. La Zona economica speciale di Gioia Tauro, invece, deve diventare attrattiva oltre il transhipment, e questo lo si può ottenere solo valorizzando il retroporto dove le merci che arrivano in banchina possono essere lavorate ed immesse sul mercato globale senza soluzione di continuità».

Quale potrebbe essere per lei una soluzione?

«Un investimento importante sulle Zes richiede misure di incentivazione – quali credito di imposta, decontribuzione e incentivi sul lavoro – con un arco temporale di almeno dieci anni. Le misure attuali, invece, si rinnovano di anno in anno, con misure straordinarie del Governo a cui, il 12 dicembre da Catanzaro, abbiamo segnalato questo problema chiesto di intervenire invertendo la rotta e dando strutturalità agli interventi. La mancanza di questa strutturalità impedisce alle imprese di investire sulle Zes, che sono misure di compensazione davanti al ritardo che il Sud ha sul piano infrastrutturale, rispetto al resto del Paese, perché manca una proiezione sul futuro. Se gli imprenditori devono pagare le stesse tasse ma avere infrastrutture peggiori non verranno mai ad investire a Gioia Tauro».

Solo questo?

«Assolutamente no. La Regione deve fare la sua parte, deve lavorare per costruire una Zes specialistica, sulla base di quelli che sono i driver produttivi della nostra regione, come possono essere l’agroalimentare e l’artigianato, una Zes che preveda l’allocazione di alcune imprese non di tutte le imprese. In questa direzione la sburocratizzazione e lo sportello unico sono strumenti importanti, che devono essere regolamentati per evitare di aprire varchi all’illegalità e alla criminalità organizzata, ma ciò che conta è la capacità di rendere appetibile l’area dal punto di vista professionale. Per questo come sindacato siamo disponibili a creare un accordo d’area che promuova dei contratti di prossimità, di filiera, di secondo livello. Contatti che siano innovativi ed in grado di promuovere lo sviluppo di Gioia Tauro nel pieno rispetto delle norme, della sicurezza sui luoghi di lavoro e non transigano – per questo siamo convinti che sia necessario coinvolgere le Prefetture e gli uffici di Procura – sul piano etico e della legalità».

Vede qualcos’altro dietro il mancato potenziamento della Zes?

«Sospetto il fatto che sia dell’intenzionalità in queste mancante decisioni. E questa idea si rafforza davanti al fatto che, mentre non si potenzia la Zes a Gioia Tauro, viene dato al centro nord lo strumento delle Zone logistiche speciali, che si pone in chiara competizione rispetto alle Zes del sud, per favorire la crescita di questa parte del Paese piuttosto che aiutare il riallineamento economico e sociale del Mezzogiorno al resto dell’Italia. Il Governo sottovaluta profondamente la questione e si stanno registrando ritardi, come abbiamo segnalato al commissario Romano al quale oggi ricorderemo le nostre obiezioni, non si sta dando attuazione agli investimenti sulle Zes messi in programma dal Pnrr e giudichiamo assai pericoloso questo rallentamento».

Però il Governo, del quale non voglio fare il difensore d’ufficio sia chiaro, sta puntando sulle infrastrutture e vuole potenziare i collegamenti ferroviari verso la Calabria.

«Certo ma le scelte del Governo non ci convincono fino in fondo. Siamo convinti, infatti, che un altro elemento di preoccupazione per lo sviluppo del porto di Gioia Tauro sia il tema legato all’Alta velocità ferroviaria. Da quello che abbiamo capito, intanto, l’opera non soltanto non è finanziata fino a Reggio Calabria, ma i due lotti funzionali che, nelle intenzioni del Governo, dovrebbero partire sono messi in discussione e, in questi, vi è l’ammodernamento della galleria Santo Marco, il cui adeguamento funzionale ai nuovi convogli ferroviari per lo spostamento delle merci sulla dorsale adriatica e sui corridoi europei è fondamentale per lo sviluppo di Gioia Tauro. Sarebbe stato meglio, se davvero si crede nelle potenzialità dello scalo gioiese, scegliere di partire nei lavori di potenziamento dell’Alta velocità da Reggio Calabria verso Cosenza e non viceversa».

Insieme a Cgil e Cisl state sostenendo la necessità di dare concretezza alle richieste della Vertenza Calabria, ci sono novità su questo fronte?

«Vorremmo capire cosa ne pensa il Governo della Vertenza Calabria. Noi siamo convinti che il Governo debba intervenire su quelli che sono i temi importanti della Vertenza Calabria. Una vertenza che non può essere assolutamente abbandonata né dal Governo nazionale né da quello regionale che, da parte sua, deve pretendere molto di più dal Consiglio dei ministri sul tema delle infrastrutture, della Zes, degli investimenti, e della canalizzazione dei fondi Ue».

Quello dei fondi europei e, soprattutto, della loro corretta gestione è uno dei punti qualificanti della vostra azione sindacale.

«Da anni attendiamo che trovino la giusta programmazione, attraverso le politiche di coesione, due questioni importanti per lo sviluppo della Calabria: la creazione di politiche attive in grado di creare figure professionali moderne, in grado di essere attrattive anche per gli investimenti privati su Gioia Tauro e il miglioramento infrastrutturale di un territorio che stenta ad agganciare il treno della ripartenza e che, per converso, vede allargarsi la forbice delle diseguaglianze».

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