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Giorgio Circosta

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È PARTITO tre giorni fa alla scoperta degli scorci suggestivi della Via degli Dei, l’incantevole percorso che per oltre 120 chilometri, tra le colline dell’appennino tosco-emiliano, collega Firenze a Bologna. Zaino in spalla, un cappello per proteggersi dal sole e la voglia di andare avanti passo dopo passo, di superare fisicamente come nella vita i tanti ostacoli disseminati lungo la strada. Giorgio Circosta, classe 85 di origini calabresi – il padre è nato e cresciuto a Martone, in provincia di Reggio – da anni soffre di spondilite anchilosante, una forma di malattia cronica che infiamma la colonna vertebrale e rende difficoltosi i movimenti.

Ma questo non lo ha fermato. E così ha deciso di intraprendere un cammino di sei tappe, che si concluderà martedì prossimo con il passaggio a Fiesole e l’arrivo a Firenze.

Perché, ci dice al telefono, oggi grazie alle cure e ai progressi della scienza per i pazienti condurre una vita normale, nonostante tutto, è possibile. E allora è essenziale «mandare un messaggio di speranza» a quelli che combattono ogni giorno con mali simili al suo. L’odissea di Giorgio comincia a 18 anni, quando è ancora un ragazzo e si è appena affacciato al mondo del lavoro (nell’industria aeronautica, suo lavoro attuale tuttora).

All’inizio i dolori lombari si fanno sentire a malapena, sono un fastidio remoto che si fa presto ad ignorare. Ma in poco tempo le cose cominciano a peggiorare: il mal di schiena diventa opprimente, al punto che anche i gesti più semplici pesano come macigni. «Ricordo quando anche infilarsi i calzini o alzarsi dal letto era diventato un problema», racconta, ripercorrendo quei momenti difficili. Giorgio si fa forza: al lavoro continua ad andare, la sera esce con gli amici. Sono anni di visite mediche senza sosta, di troppe domande e poche risposte, di soluzioni non trovate, di tentativi che ogni volta si traducono in un buco nell’acqua.

«È stato un periodo davvero complicato per me; dall’esterno non si capisce bene che cosa significhi fare i conti con una situazione del genere, ma ci vuole una grande forza di volontà per non abbattersi. Ci sono stati delle volte in cui avrei voluto gettare la spugna e arrendermi». Le cose cambiano all’improvviso un giorno qualsiasi di sette anni dopo, quando un reumatologo intuisce finalmente la natura della sua malattia.

«Gli è bastato guardarmi mezzo secondo per dirmi: da come cammini, e per quanto sei rigido hai la spondilite anchilosante». È la svolta tanto attesa, il segnale che inverte la rotta. Una serie di accertamenti conferma la diagnosi dello specialista, le cure cominciano a fare effetto, Giorgio riprende in mano la sua vita.

E scopre la passione per lo sport. Trekking e ciclismo perlopiù, circondato dal verde dei dolci declivi della via Francigena e dagli aspri sentieri che congiungono Israele e Palestina. Qualche mese fa, insieme al colosso farmaceutico Novartis e con il supporto di alcune associazioni di pazienti con malattie reumatologiche, ha deciso di lanciare “Passi di Salute”, il progetto che lo impegna in questi giorni sulla Via degli Dei.

E così da giovedì scorso si alza ogni mattina con le prime luci dell’alba, e al ritmo di 20 chilometri al giorno si mette in marcia fino a metà pomeriggio. L’obiettivo dell’iniziativa è quello di sensibilizzare le persone sulle caratteristiche e conseguenze delle spondiloartriti, puntando i riflettori su patologie che spesso non vengono diagnosticate correttamente, perché confuse il più delle volte con un comune mal di schiena. «I tempi per il riconoscimento di queste malattie sono biblici – ci spiega Giorgio – sette/otto anni di media come nel mio caso».

E invece comprendere subito le cause del dolore è la chiave per sapere come affrontare il male. Ottenendo risultati immediati ed evitando che le cose si aggravino al punto da compromettere la vita dei pazienti. Le sei tappe del suo percorso si concluderanno martedì prossimo, poi Giorgio tornerà alla sua routine: al lavoro nell’aeronautica, alla laurea in Scienze politiche che conseguirà a breve. «Sono uno studente senile – scherza al telefono – ma a pochi esami dalla fine sarebbe un peccato mollare». D’altronde, lui non è uno che molla.

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