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Rosaria Scarpulla con l'avvocato De Pace

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VIBO VALENTIA – «Né questa difesa né la signora Rosaria Scarpulla ha voglia di apparire e calcare le scene ma la cosa si è resa necessaria perché appare evidente che da parte dei soggetti responsabili, sia dal punto di vista istituzionale che politico, non vi è la considerazione, la consapevolezza, della gravità del caso». A sostenerlo è l’avvocato Giuseppe De Pace in conferenza stampa convocata stamani presso la sede di Confcommercio. Al suo fianco la signora Scarpulla, la madre di Matteo Vinci, ucciso da un’autobomba il 9 aprile scorso a Limbadi.

LA REPLICA DELLA PREFETTURA SULLA TUTELA

Il legale della famiglia Vinci si è rivolto al prefetto Guido Longo e al ministro dell’interno Marco Minniti: «Nessuna polemica con il Prefetto, ma col ministro dell’Interno sì. Il primo scrive che nei confronti della Scarpulla sono state disposte delle misure tutorie ritenute congrue dal comitato, ma non penso che ci voglia la deformazione professionale di un matematico relativista per comprendere che queste sono parole prive di significato. Oggi siamo partiti da soli, da Limbadi, e potevamo essere esposti a qualsiasi pericolo. Cosa ci vuole per comprendere che in questo contesto la signora Scarpulla corre un pericolo attuale ed imminente di morte non ci vuole nulla? Non è un ragionamento logico ma fattuale».

De Pace ha poi ricordato le vicende che, dal 2014, hanno visto i Vinci nel mirino del clan Mancuso: «Fatti incontrovertibili culminati con la spedizione punitiva dell’aggressione, comandata da Rosaria Mancuso e dal marito Domenico Di Grillo per pestare a sangue la signora Rosaria Scarpulla e il coniuge Francesco Vinci; poi l’incendio del capannone, la muratura delle finestre dell’abitazione di campagna; il 30 ottobre 2017, il signor vinci subì un’aggressione di puro stampo mafioso da parte di Di Grillo, Rito Barbara (il genero) e Rosaria Mancuso, che portò la vittima in terapia intensiva con lesioni cerebrali, un trauma cranico e la perdita dei denti. Tutto questo non è sufficiente al ministro dell’interno per istituire una scorta adeguata alla Signora Scarpulla?».

De Pace ha quindi esortato il ministro Minniti «nel suo tempo libero, a prendere coscienza del fatto che in questa Calabria dominata dall’omertà, una madre coraggiosa è disposta a qualsiasi evenienza per difendere i suoi diritti e pertanto deve essere messa sotto scorta, in cassaforte, come un gioiello, assolutamente degna al contrario di altri. O la signora Scarpulla, nel mirino del clan, è figlia di un dio minore? Non ci meravigliamo del lassismo dello Stato e della latitanza dei partiti politici in questa vicenda. Si vorrebbe silenziare la morte di Matteo ma il suo sangue griderà vendetta fino a quando la verità non verrà a galla».

Rosaria Scarpulla, da parte sua, ha manifestato tutta la sua sofferenza per la situazione in atto: «Devo comunque andare in campagna, è necessario per la continuità dell’eredità lasciata da Matteo e ho bisogno di qualcuno che venga con me anche se mi duole mettere a repentaglio la vita altrui. Io non combatto contro un cognome (Mancuso, ndr) ma contro delle persone che hanno fatto del male a me, mio marito e mio figlio. E so chi sono, sono persone indegne. Noi stiamo morendo, ci stanno facendo morire».

La Prefettura di Vibo Valentia ha subito replicato alle dichiarazioni rese in conferenza stampa, confermando che sono state, nell’immediatezza dell’evento, “disposte misure tutorie nei confronti della sig.ra Scarpulla, ritenute congrue da parte del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica. Si precisa, inoltre, che la competenza in ordine alla disposizione di misure tutorie – aggiunge la Prefettura – non è rimessa al Ministro dell’Interno, ma spetta al Prefetto e al Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, del quale fanno parte i vertici degli organi di polizia, peraltro impegnati nelle indagini di polizia giudiziaria”.

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