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Il tribunale vecchio di Vibo Valentia

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VIBO VALENTIA- La direzione distrettuale antimafia di Catanzaro ha chiesto una condanna e un’assoluzione nei confronti dei due preti vibonesi accusati di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso.

In particolare il magistrato Irene Crea ha invocato, oggi, davanti ai giudici del Tribunale collegiale di Vibo, una pena di 7 anni e sei mesi di reclusione nei confronti di don Graziano Maccarone, 44 anni segretario particolare dell’ex vescovo monsignor Luigi Renzo, e l’assoluzione per don Nicola De Luca, 41 anni, reggente della Chiesa Madonna del Rosario di Tropea.

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Parte civile Roberto Mazzocca, padre della giovane disabile vittima delle presunte condotte illecite, rappresentato dall’avvocato Michele Gigliotti.

Prima della requisitoria, in aula a Vibo è stato ascoltato monsignor Giuseppe Fiorillo, che ha confermato che una somma di 1.500 euro sarebbe stata consegnata direttamente a don Graziano Maccarone.

Le indagini, particolarmente delicate, condotte dalla Squadra Mobile di Vibo in un arco temporale compreso tra  il 2012 e i primi mesi del 2013, avrebbero fatto emergere da parte di Mazzocca l’esigenza di rivolgersi ai due sacerdoti per ottenere aiuto economico finalizzato ad evitare l’espropriazione dei beni pignorati alla figlia a causa di un debito contratto con una terza persona.

I due preti, in concorso tra di loro, secondo la prospettazione accusatoria, e con più condotte reiterate in tempi diversi mediante violenza e minaccia, avrebbero agito con l’intento di recuperare circa 9mila euro per compensare il debito contratto da Mazzocca e dalla figlia.

La vicenda ha fatto emergere anche la presenza di una lunghissima serie di messaggi telefonici a sfondo sessuale che Maccarone avrebbe inviato alla figlia maggiorenne del loro debitore, tra l’altro invalida al 100%.

Gli investigatori avrebbero accertato oltre tremila contatti telefonici tra i due con don Graziano che si sarebbe fatto inviare non solo foto compromettenti ma anche indumenti intimi della ragazza. Inoltre, sempre secondo le indagini, don Maccarone avrebbe evocato anche l’intervento del clan Mancuso di Limbadi in caso di mancata restituzione del denaro.

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